“In tema di ricorso per cassazione, il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali che, fissato dall’art. 3, comma 2, del c.p.a., esprime tuttavia un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, non già per l’irragionevole estensione del ricorso (la quale non è normativamente sanzionata), ma in quanto pregiudica l’intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. […] l’inosservanza del requisito di sinteticità e chiarezza pregiudica l’intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e, pertanto, comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ponendosi in contrasto con l’obiettivo del processo, volto ad assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa (Cost., art. 24), nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (Cost., artt. 111, comma 2, e 6 CEDU), senza gravare lo Stato e le parti di oneri processuali superflui”.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. Lombardo – Rel. Varrone, con l’ordinanza n. 7600 del 16 marzo 2023.
Nel caso di specie accadeva che veniva presentato ricorso per Cassazione formato da ben 65 pagine redatte in modo poco chiaro, lacunoso ed oscuro, pur vertendo su questioni di semplice risoluzione.
I motivi del ricorso erano stati formulati in maniera confusa e disordinata, con una modalità espositiva di difficile comprensione con frequenti ripetizioni e sovrapposizioni di elementi di fatto e di diritto.
Tale tecnica redazionale rendeva impossibile per il Collegio discernere le critiche rivolte alla sentenza impugnata in vista del controllo di legittimità.
Pertanto, la Corte, nel proprio provvedimento, ha ribadito che il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte.
Gli Ermellini hanno ricordato che il disposto dell’art. 366 del Codice di Procedura Civile stabilisce le condizioni formali del ricorso per cassazione e configura un vero e proprio “modello legale” per l’atto introduttivo del giudizio di legittimità; la mancata osservanza di tali requisiti di “forma-contenuto” comporta l’inammissibilità del ricorso stesso.
Inoltre, i Giudici di legittimità hanno evidenziato come tale metodo espositivo-redazionale sia in contrasto con l’obiettivo di attribuire maggiore rilevanza allo scopo del processo, in conformità con l’articolo 24 e l’articolo 111, comma 2, della Costituzione, e con l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
L’obiettivo è quello di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa e di evitare di gravare sia lo Stato che le parti di oneri processuali superflui.
Per queste ragioni, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di ben 65 pagine.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
RICORSO PER CASSAZIONE: INAMMISSIBILE SE SI PROPONE UN “NON MOTIVO”
IL RICORSO È IDONEO SOLO SE CONTIENE LE RAGIONI PER LE QUALI SI IMPUGNA LA DECISIONE DI MERITO
Ordinanza | Corte di Cassazione, I sez. civ., Pres. Cristiano – Rel. Di Marzio | 24.02.2020 | n.4787
Ordinanza | Corte di Cassazione, VI sez. civ., Pres. Frasca – Rel. Rossetti | 28.05.2020 | n.9996
RICORSO PER CASSAZIONE: SE LUNGO 100 PAGINE È INAMMISSIBILE
SPETTA AI GIUDICI DI MERITO VALUTARE PEDISSEQUAMENTE TUTTI I DOCUMENTI DIFENSIVI
Sentenza | Cassazione civile Sezione lavoro | 30.09.2014 | n.20589
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