Ai fini della liquidazione delle spese nei giudizi di opposizione agli atti esecutivi, il valore della causa va determinato in relazione al “peso” economico delle controversie e dunque: (a) per la fase antecedente all’inizio dell’esecuzione, in base al valore del credito per cui si procede; (b) per la fase successiva, in base agli effetti economici dell’accoglimento o del rigetto dell’opposizione; (c) nel caso di opposizione all’intervento di un creditore, in base al solo credito vantato dall’interveniente; (d) nel caso in cui non sia possibile determinare gli effetti economici dell’accoglimento o del rigetto dell’opposizione, in base al valore del bene esecutato; (e) nel caso, infine, in cui l’opposizione riguardi un atto esecutivo che non riguardi direttamente il bene pignorato, ovvero il valore di quest’ultimo non sia determinabile, la causa va ritenuta di valore indeterminabile.
Questo il principio espresso dalla Cass. civ., Sez. III, Pres. De Stefano – Rel. Fanticini, con la sentenza n. 35878 del 6 dicembre 2022.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva individuato lo scaglione di valore rilevante, ai fini della liquidazione delle spese, in relazione al prezzo di aggiudicazione del bene pignorato.
L’opposizione ex art. 617 c.p.c. promossa dal debitore, infatti, era volta alla caducazione degli atti del processo esecutivo e, in particolare, della vendita.
Perciò, in continuità col citato principio di diritto, la Suprema Corte ha affermato che il valore della controversia non andava determinato con riferimento al credito della società intervenuta, bensì in base agli effetti economici dell’accoglimento o del rigetto dell’opposizione proposta e, dunque, proprio con riguardo al prezzo di aggiudicazione.
Pertanto, gli Ermellini, nel confermare la sentenza di merito, non hanno considerato errato lo scaglione tariffario individuato dal giudice, sul presupposto che l’opposizione ex art. 617 c.p.c. fosse volta proprio alla caducazione della vendita.
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