In tema di espropriazione immobiliare, il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di esaminare “ex officio” i titoli di godimento eventualmente opponibili alla procedura, sia nel momento in cui provvede a determinare il prezzo-base dell’immobile o a dare, doverosamente, indicazioni ai potenziali acquirenti sul suo stato di occupazione (circostanza che incide sul valore del cespite), sia, soprattutto, quando è chiamato ad emettere l’ordine di liberazione ex art. 560 c.p.c., provvedimento che, ovviamente, non va emanato in caso di ritenuta opponibilità del titolo vantato dal terzo.
La locazione “a canone vile” stipulata in data anteriore al pignoramento non è opponibile all’aggiudicatario ai sensi dell’art. 2923 c.c., comma 3, ed è inopponibile anche alla procedura o ai creditori che ad essa danno impulso, stante l’interesse pubblicistico al rituale sviluppo del processo esecutivo e, quindi, per un motivo di ordine pubblico processuale, il quale impone l’anticipazione degli effetti favorevoli dell’aggiudicazione e del decreto di trasferimento, col peculiare regime di efficacia “ultra partes” di quest’ultimo.
Ne consegue che è pienamente legittima l’emanazione diretta, da parte del giudice dell’esecuzione, dell’ordine di liberazione – con la successiva attuazione da parte del custode e senza che sia necessario munirsi preventivamente di un titolo giudiziale conseguito in sede cognitiva – avvalendosi delle stesse inopponibilità previste per l’aggiudicatario, potendo i vari soggetti coinvolti o pregiudicati da tale provvedimento trovare tutela delle loro ragioni nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi.
È dunque manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2923, comma 3, c.c. (norma che, rendendo inopponibile all’aggiudicatario, alla procedura e ai creditori la locazione “a canone vile”, consente al giudice dell’esecuzione l’emanazione diretta dell’ordine di liberazione), il quale non impedisce al conduttore l’esercizio del diritto di difesa, né ostacola l’impresa privata, mirando, piuttosto, a salvaguardare il diritto al recupero del credito – che gode di tutela costituzionale e anche sovranazionale – da iniziative economiche fraudolente o, comunque, lesive delle ragioni creditorie.
Questi i principi espressi dalla Suprema Corte di Cassazione, Sez. III, Pres. De Stefano – Rel. Fanticini, con l’ordinanza n. 12473 del 09 maggio 2023, con la quale è stato rigettato il ricorso presentato dalla locatrice in quanto inopponibile alla procedura esecutiva il contratto di locazione “a canone vile” dalla medesima stipulato in data anteriore al pignoramento.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti provvedimenti pubblicati in Rivista:
IMMOBILE PIGNORATO: IL CANONE LOCATIVO È VILE SE INFERIORE DI UN TERZO RISPETTO AL GIUSTO PREZZO
IL GIUDICE PUÒ, IN VIA PRESUNTIVA, RAFFRONTARE CANONE LOCAZIONE CON QUELLO DI UNA SUCCESSIVA SUBLOCAZIONE DEL MEDESIMO IMMOBILE
Sentenza | Corte di Cassazione, Pres. De Stefano – Rel. Saija | 27.07.2022 | n.23508
È UNA PECULIARE POTESTÀ ORDINATORIA, CON EFFICACIA MERAMENTE ENDOPROCESSUALE PER LA MIGLIORE LIQUIDAZIONE
Sentenza | Corte di Cassazione, Pres. Vivaldi – Rel. De Stefano | 28.03.2022 | n.9877
PROCEDURE ESECUTIVE: LA LOCAZIONE CON CANONE “VILE” È INOPPONIBILE ALL’ AGGIUDICATARIO
ALL’ ACQUIRENTE DEVE ESSERE ASSICURATA UNA RENDITA ADEGUATA AL VALORE DEL BENE
Articolo Giuridico | Il Mattino, Legalmente | 19.02.2017 |
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