In tema di fido cd di fatto, la nullità dell’apertura di credito che discenderebbe dal difetto di forma scritta richiesta ad substantiam, come in generale le nullità previste dal T.U.B. (art. 127, comma 2, T.U.B.) è una nullità di protezione, che può essere fatta valere soltanto dal cliente (o dal giudice, se vantaggiosa per il cliente); ragion per cui è facoltà di quest’ultimo rinunciare a far valere la predetta nullità e chiedere l’esecuzione del contratto bancario privo della forma scritta.
Se così è, se cioè al cliente è accordata la possibilità di chiedere l’esecuzione del contratto privo della forma scritta ad substantiam, conseguentemente non può essergli preclusa ex art. 2725 c.c. la possibilità di provare l’esistenza del contratto; prova che può essere fornita anche presuntivamente, evidenziando indici sintomatici gravi, precisi e concordanti idonei a dimostrare in modo univoco l’esistenza dell’affidamento allorquando il rapporto non sia consacrato in un documento scritto.
Quanto alla prova dell’esistenza del fido la giurisprudenza di merito ha indicato una serie di indici sintomatici della concessione di fatto dell’affidamento, rimessi al prudente apprezzamento del giudice; a titolo esemplificativo:
– la stabilità e non occasionalità dell’esposizione a debito (pluriennale) correlata;
– la mancata richiesta di rientro del cliente dallo scoperto di conto corrente;
– l’entità del saldo debitore;
– la previsione di una commissione di massimo scoperto;
– l’indicazione della Banca nella centrale rischi della soglia di affidamento;
– la mancata segnalazione negli anni in centrale rischi per sconfino o sofferenza;
– la previsione e l’applicazione di distinti tassi debitori.
Occorre tuttavia evidenziare che la presenza di tali indici non consente sempre di identificare la misura dell’affidamento, che è un elemento essenziale del contratto, non potendo diversamente determinarsi i limiti dell’obbligazione in capo alla Banca, e la prova del predetto limite è inoltre necessaria per trarre il discrimine tra rimesse intra ed extra fido, né tale entità può essere identificata con la più elevata esposizione debitoria raggiunta, poiché ciò determinerebbe un’indebita inversione dell’onere della prova, la quale peraltro incombe nell’azione di ripetizione dell’indebito sul correntista che intenda paralizzare l’eccezione di prescrizione sollevata dall’istituto di credito dimostrando la natura ripristinatoria delle rimesse.
Anche la più recente giurisprudenza di legittimità sembra comunque richiedere che il correntista provi la misura dell’affidamento.
Qualora ciò non risulti possibile, l’incompletezza della prova, va a svantaggio del soggetto gravato dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., ovvero il correntista.
E’ invece ammissibile la prova indiretta dell’affidamento purché idonea a dimostrare gli elementi essenziali del fido, ivi inclusa la misura dell’affidamento.
In tal caso, risulta fuorviante l’espressione “fido di fatto”, in relazione alla quale parte della giurisprudenza anche di legittimità ha mostrato qualche perplessità, ma si può parlare di “fido diversamente provato” o “fido da estratto conto”.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Firenze, Giudice Umberto Castagnini, con la sentenza n. 2185 del 17 luglio 2023.
Con atto di citazione una società correntista agiva in giudizio nei confronti della Banca al fine di rideterminare il saldo del rapporto di conto corrente bancario ed ottenere la ripetizione delle somme indebitamente decurtate, la nullità delle clausole applicative degli interessi, delle spese e degli altri oneri e, in particolare, l’illegittimità del richiamo agli “usi piazza”.
La Banca convenuta, tempestivamente costituitasi in giudizio, deduceva il difetto di prova del credito a causa della produzione incompleta degli estratti conto e, in particolare, la prescrizione del diritto per le rimesse effettuate nel periodo antecedente al decennio decorrente dal 17.1.2019 (quale primo atto interruttivo della prescrizione), mancando la prova di aperture di credito diverse da quella concessa precedentemente e debitamente provata.
Nell’analizzare l’eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta, l’attenzione del Tribunale fiorentino si è spostata sull’ammissibilità del cosiddetto fido di fatto, ossia di quelle forme di finanziamento bancarie stipulate senza un contratto scritto nonché la conseguente prova di tal tipo di fido all’interno delle mura processuali.
Preso atto infatti che “in presenza di eccezione di prescrizione della banca, è onere del correntista, attore in ripetizione dell’indebito, allegare e provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito in conto corrente, che consenta di qualificare come non già solutorie, bensì meramente ripristinatorie della provvista, le rimesse effettuate entro i limiti dell’affidamento”, l’esistenza di un’apertura di credito costituisce un fatto modificativo che consente di qualificare i versamenti come mero ripristino della disponibilità accordata consentendo così di spostare l’inizio del decorso della prescrizione alla chiusura del conto; questione poi controversa è se sia necessaria la produzione in giudizio di tale contratto di apertura di credito oppure se il correntista possa eccepire l’esistenza di un fido di fatto.
Nel caso di specie, il CTU ha osservato che “ai fini della verifica della prescrizione in oggetto non sono state riscontrate pattuizioni in relazione alla concessione di aperture di credito (nel suo ammontare) sul conto corrente oggetto di verifica” e che nemmeno “si riscontrano elementi che possano individuare un’apertura di credito di fatto”.
Pertanto le rimesse effettuate devono ritenersi di natura solutoria e come tali prescrivibili.
La domanda di ripetizione, dunque, non è stata accolta, perché presupponeva la prova della chiusura del conto corrente postulando l’esistenza di un pagamento ripetibile da parte del correntista.
Il tribunale fiorentino, accertate le nullità di cui in motivazione in relazione al rapporto di conto corrente e le somme indebitamente decurtate nel corso del rapporto, ha dichiarato integralmente compensate le spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
INDEBITO: IRRILEVANTE IL FIDO DI FATTO, OCCORRE IL CONTRATTO DI APERTURA DI CREDITO
E’ ONERE DEL CORRENTISTA DIMOSTRARE L’ESISTENZA DELL’AFFIDAMENTO
Sentenza | Corte d’Appello di Torino, Pres. Silva – Rel. Coccetti | 15.02.2021 | n.184
L’ART. 117 TUB NON HA EFFICACIA RETROATTIVA
Sentenza | Corte d’Appello di Bari, Rel. Colella | 03.08.2020 | n.1462
INDEBITO/PRESCRIZIONE: IRRILEVANTE IL FIDO DI FATTO, OCCORRE IL CONTRATTO DI APERTURA DI CREDITO
LA FORMA SCRITTA È RICHIESTA AD SUBSTANTIAM PER CUI È IMPOSSIBILE FONDARE L’ACCERTAMENTO DELL’AFFIDAMENTO SU PROVE INDIRETTE
Sentenza | Corte di Cassazione, Pres. De Chiara, Cons.- Rel. Nazzicone | 30.10.2018 | n.27705
NON È NECESSARIA L’INDICAZIONE DI SPECIFICHE RIMESSE SOLUTORIE
Sentenza | Tribunale di Torino, Giudice Enrico Astuni | 31.12.2020
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