L’azione revocatoria intentata dal creditore di uno dei coniugi nei riguardi dell’atto con cui un bene della comunione legale sia stato conferito in un fondo patrimoniale dev’essere rivolta (notificata ed eventualmente trascritta ex art. 2652, comma 1, n. 5 c.c.) nei confronti di entrambi i coniugi, essendo preordinata alla pronuncia d’inefficacia dell’atto nel suo complesso (vale a dire non limitatamente a un’inesistente quota pari alla metà del bene), siccome funzionale ad un’espropriazione forzata da compiersi anch’essa, necessariamente, sull’intero bene.
Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. De Stefano – Rel. Fanticini, con la sentenza n. 9536 del 7 aprile 2023.
Accadeva che i coniugi di un immobile, aggredito esecutivamente da una società creditrice, proponevano ricorso per cassazione deducendo tre motivi di impugnazione.
Più specificamente, parte ricorrente denunziava la violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2910 c.c., per avere il giudice d’appello ritenuto che l’inefficacia del fondo patrimoniale riguardasse esclusivamente la quota di uno dei coniugi, anzichè l’atto dispositivo nel suo complesso; affermava la ricorrente che la revocatoria del fondo patrimoniale doveva necessariamente spiegare i suoi effetti nei confronti di entrambi i coniugi in comunione legale, in considerazione delle finalità dell’azione ex art. 2901 c.c..
La Suprema Corte, pertanto, è stata chiamata ad affrontare la questione degli effetti della revocatoria di un atto dispositivo che sia stata limitata ad una “quota” del bene della comunione legale.
A tal uopo, nella giurisprudenza di legittimità si è costantemente affermato che “la comunione legale tra coniugi è una comunione senza quote” (o “a mani riunite”). Ciò comporta che l’espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà.
In particolare, quanto agli effetti dell’azione ex art. 2901 c.c., è noto che la revocatoria ordinaria mira a rendere inefficace nei confronti del creditore un atto dispositivo che determini un pregiudizio alle ragioni creditorie, ostacolando il diritto di soddisfarsi sul patrimonio del debitore attraverso l’espropriazione forzata.
In altre parole, la domanda revocatoria è inequivocabilmente e univocamente preordinata all’espropriazione forzata.
Proprio la sua strumentalità rispetto all’esercizio dell’azione esecutiva impone di ritenere che – qualora l’atto pregiudizievole abbia riguardato un bene ancora assoggettato alla comunione legale, come nel caso di sua costituzione in fondo patrimoniale – al giudizio di revocatoria debbano necessariamente partecipare, come litisconsorti necessari, entrambi i coniugi e che la domanda di inefficacia dell’atto e la corrispondente pronuncia di accoglimento debbano riguardare l’intero bene e non soltanto una sua (inesistente) quota.
Tuttavia, venendo alla fattispecie in esame, secondo la Suprema Corte, la sentenza che ha accolto la domanda ex art. 2901 c.c. della società creditrice ha inequivocabilmente limitato la propria statuizione alla “quota” del controricorrente e, come rilevato dalla Corte di merito, la decisione, ancorchè errata (per le ragioni anzidette), è passata in giudicato e non è più emendabile.
Pertanto, alla medesima decisione va attribuito soltanto l’effetto di precludere, sotto un profilo esclusivamente soggettivo, al solo coniuge che ha subito la revocatoria la possibilità di esperire l’opposizione volta a far valere la limitazione all’espropriabilità derivante dall’art. 170 c.c..
In altri termini, la sentenza con la quale il Tribunale ha reso inefficace l’atto dispositivo, limitativo dell’esecuzione forzata, opera su un piano meramente soggettivo: essa ha impedito soltanto al coniuge colpito dalla revocatoria, siccome soccombente sul punto all’esito del relativo giudizio, di far constare (con l’opposizione esecutiva) alla società creditrice agente il vincolo del fondo patrimoniale, mentre nessuna preclusione ne deriva per l’altro coniuge, la quale – in quanto esecutata (essendo stato assoggettato ad espropriazione forzata l’intero cespite di cui è comproprietaria solidale), ma non destinataria della statuizione della menzionata sentenza – è, in tesi, legittimata, ricorrendone i presupposti e le condizioni, ad opporre al creditore, col rimedio ex art. 615 c.p.c., la limitazione (ex art. 170 c.c.) derivante dalla costituzione del fondo.
Così corretta e integrata la motivazione (ex art. 384 c.p.c.), le censure della ricorrente sono risultate infondate, posto che la revoca pronunciata dal Tribunale leccese nè spiega automaticamente i suoi effetti nei confronti del coniuge non debitore (non contemplato nel decisum, ormai passato in giudicato), nè consente, contraddicendo le premesse dogmatiche sulla natura della comunione legale, di aggredire il cespite soltanto per la “quota” della metà; ma si limita a rendere in ogni caso inopponibile, dal solo ivi soccombente, al vittorioso attore l’atto di costituzione.
E’ invece errata la sentenza impugnata nella parte in cui, in modo apodittico e coniando una regola che non si rinviene nell’art. 170 c.c., ha statuito l’impignorabilità del cespite nella misura in cui appartiene al coniuge non debitore in base alla constatazione che la porzione costituita in fondo patrimoniale era rimasta indenne all’azione revocatoria, senza nemmeno indicare quali argomenti e quali prove fossero stati eventualmente addotti dall’opponente, sulla quale gravava l’onere di allegare (prima) e provare (poi) gli elementi dell’invocata disposizione codicistica.
L’accoglimento della terza censura ha comportato la cassazione della decisione impugnata, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’appello in diversa composizione, alla quale è stata rimessa pure la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
REVOCATORIA DEL FONDO PATRIMONIALE E LITISCONSORZIO NECESSARIO DEL CONIUGE NON DEBITORE
SUSSISTE NEI CASI DI GIUDIZI PROMOSSI DAL CREDITORE PERSONALE DI UNO DEI CONIUGI PER LA DICHIARAZIONE DI INEFFICACIA DELL’ATTO DI COSTITUZIONE DI UN FONDO
Ordinanza | Corte di Cassazione, sez. VI – 3 civ., Pres. Frasca – Rel. Porreca | 20.01.2020 | n.1141
È CONFIGURABILE UN INTERESSE DEL CONIUGE NON PROPRIETARIO ALLA PARTECIPAZIONE AL GIUDIZIO
Ordinanza | Corte di Cassazione, Sez. I, Pres. Di Virgilio – Rel. Amatore | 29.03.2019 | n.8978
REVOCATORIA FONDO PATRIMONIALE: SUSSISTE IL LITISCONCORZIO NECESSARIO DI ENTRAMBI I CONIUGI
IL VINCOLO DI DESTINAZIONE IMPRESSO DALLA COSTITUZIONE DEL FONDO PATRIMONIALE HA NATURA REALE
Sentenza | Cassazione civile, terza sezione | 18.10.2011 | n.21494
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