Provvedimento segnalato dall’Avv. Nicola Balistreri del foro di Caltanisetta
In tema di mutuo di scopo, lo scopo introdotto in via convenzionale ha rilievo sotto il profilo funzionale della esecuzione del rapporto, giustificando la sua risoluzione, ma non sotto il profilo della validità dell’atto negoziale, per cui la qualificazione del negozio come mutuo di scopo non potrebbe comunque condurre alla sua invalidità (cfr. Tribunale di Napoli Nord, 11/3/2022). E infatti il mancato perseguimento dello scopo può essere rimproverato alle parti contraenti come un inadempimento contrattuale, che legittima l’interesse ad ottenere la risoluzione del contratto per vizi del sinallagma funzionale, ma in nessun caso può determinare la radicale nullità del contratto, salvo il caso eccezionale in cui lo scopo fosse illecito o impossibile ab initio (Cass. n. 1517/2021).
Questa interpretazione è stata condivisa anche dalla giurisprudenza di legittimità, ad avviso della quale “nell’ambito della figura del mutuo di scopo convenzionale il mancato perseguimento dello scopo da parte del mutuatario non è destinato a incidere sulla validità della fattispecie negoziale, ma sull’esplicazione del sinallagma funzionale” (Cass. 1517/2021 cit.).
Dunque, anche qualora il contratto in oggetto fosse riqualificato come mutuo di scopo, non potrebbe esserne comunque dichiarata la nullità per difetto di causa.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Napoli Nord, Giudice Benedetta Magliulo, con la sentenza n. 3491 del 28 luglio 2023.
Nell’illustrazione dei fatti di causa, gli opponenti al decreto ingiuntivo, loro notificato in qualità di fideiussori, precisavano che il finanziamento erogato alla società da parte della banca e da loro garantito era stato in realtà concesso al solo scopo di estinguere presunte passività registrate sul conto corrente intestato alla società.
Quindi, sul piano giuridico, lamentavano l’illegittimità del saldo passivo di conto corrente, per l’inesistenza di validi contratti in forma scritta e per l’addebito di interessi, spese e commissioni non dovuti, tale da riverberarsi sulla validità dello stesso contratto di mutuo, che era stato stipulato al solo scopo di ripianare quelle passività.
Chiedevano quindi, in primo luogo, di dichiarare la nullità del mutuo di scopo, previo accertamento della inesistenza del debito originario registrato sul c/c e, in via riconvenzionale, la condanna di controparte alla ripetizione dell’indebito oggettivo, generato dagli addebiti non dovuti sul conto corrente.
Il Tribunale campano ha precisato che “la clausola di destinazione delle somme mutuate costituisce una pattuizione lecita, che le parti sono libere di stabilire nell’esercizio dell’autonomia negoziale e che non è, di per sé, rimproverata dall’ordinamento. Naturalmente, per assumere rilievo giuridico, la destinazione deve superare il rango di mero motivo interiore alla parte e deve giustificare l’intera operazione economica a livello causale” (…) “occorre che il testo contrattuale contenga un patto o clausola (c.d. di destinazione) da cui si desuma in modo chiaro (seppur certo non per il necessario tramite di enunciazioni di tratto formale o comunque condotte con codici semantici qualificati) che l’erogazione è vincolata a una data, specificazione utilizzazione (come appunto rispondente allo scopo in concreto rilevante)” (Cassazione civile, 25/01/2021, n. 1517, richiamando Cass. n. 24699/2017) ( …) “la mera enunciazione, nel testo contrattuale, che il mutuatario utilizzerà la somma erogatagli per lo svolgimento di una data attività o per il perseguimento di un dato risultato non è per sé idonea a integrare gli estremi del mutuo di scopo convenzionale, per il cui inveramento occorre, di contro, che lo svolgimento dell’attività dedotta o il risultato perseguito siano nel concreto rispondenti a uno specifico e diretto interesse anche proprio della persona del mutuante, che vincoli l’utilizzo delle somme erogate alla relativa destinazione”.
In applicazione di queste premesse di metodo, il Tribunale ha affermato che il contratto in esame non presentava gli estremi del mutuo di scopo.
Dal tenore letterale delle clausole, infatti, non emergeva la volontà dei contraenti di vincolare il risultato dell’operazione al perseguimento di uno scopo specifico. Nel testo negoziale era assente una specifica pattuizione che condizionasse l’adempimento delle obbligazioni al raggiungimento dello scopo, necessario per soddisfare l’interesse di entrambe le parti: tale pattuizione non poteva essere individuata nella premessa, evidenziata dalla parte opponente, che rivelava l’esistenza di precedenti passività della mutuataria. Questa premessa poteva illustrare tutt’al più il motivo che aveva spinto la mutuataria ad avanzare la richiesta di finanziamento, ma nessuna previsione contrattuale lasciava presagire il pari interesse della mutuante a condizionare l’adempimento del contratto al raggiungimento di questo scopo.
La effettiva deviazione delle somme al ripianamento delle passività presenti sul conto corrente non era stata ritenuta sufficiente a qualificare il contratto voluto dai contraenti come mutuo di scopo. La dichiarazione del mutuatario, infatti, rilevava come mero motivo, ma non era idonea a plasmare la causa del contratto.
Il Tribunale ha inoltre osservato che la deviazione dallo scopo del mutuo non poteva comunque generare nullità alla luce del principio di diritto già menzionato.
Dunque, anche qualora il contratto in oggetto fosse stato riqualificato come mutuo di scopo, non sarebbe stato comunque possibile dichiararne la nullità per difetto di causa.
Pertanto, è stata ritenuta non condivisibile la prospettazione degli opponenti, secondo cui il debito da ripianare sarebbe stato radicalmente inesistente. L’inesistenza del debito pregresso è stata smentita dagli atti di causa e in particolare dagli estratti del conto corrente dove veniva erogato il finanziamento, che fino a pochi giorni prima contava un saldo passivo di € 587.400,23.
Piuttosto, gli opponenti miravano a dimostrare l’insussistenza del debito pregresso muovendo una serie di eccezioni sulla validità degli addebiti applicati nel corso del rapporto, auspicandone l’epurazione dal saldo.
Rigettate le domande di parte attrice, la medesima è stata condannata alle spese di lite in favore della banca opposta e il decreto ingiuntivo confermato.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
MUTUO FONDIARIO: NON È UN FINANZIAMENTO DI SCOPO
È ESCLUSO IL COLLEGAMENTO FUNZIONALE CON LA CONTESTUALE COMPRAVENDITA DELL’IMMOBILE IPOTECATO
Sentenza | Corte di Appello di Napoli, Pres. Fusillo – Rel. Elefante | 30.12.2022 | n.5579
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/mutuo-fondiario-non-e-un-finanziamento-di-scopo
MUTUO FONDIARIO: NON È QUALIFICABILE COME “MUTUO DI SCOPO”
IRRILEVANTE LA DESTINAZIONE DELLE SOMME IN MANCANZA DI UN PROGRAMMA CONTRATTUALE PER LA REALIZZAZIONE
Sentenza | Corte di Cassazione, sez. III civile, Pres. Vivaldi – Rel. Fiecconi | 14.04.2021 | n.9838
È IRRILEVANTE CHE SIA ATTUATA PRIMA O DOPO L’EROGAZIONE DEL FINANZIAMENTO
Sentenza | Corte di Cassazione, II sez. civ., Pres. Di Virgilio – Rel. De Marzo | 29.09.2020 | n.20552
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