L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti, secondo la previsione di cui all’art. 1283 c.c., postula una specifica domanda del creditore, autonoma e distinta rispetto a quella volta al riconoscimento degli interessi principali, la cui proposizione non può desumersi dal generico contesto dell’attività processuale delle parti.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. De Stefano – Est. Ambrosi, con l’ordinanza n. 21935 del 21 luglio 2023, con la quale è stato rigettato il settimo motivo di gravame che invocava la invalidità della sentenza nella parte in cui il giudice del merito, dopo aver determinato il residuo credito vantato dalla ricorrente per sorte, aveva negato che su tale importo potessero essere riconosciuti ulteriori interessi per difetto di espressa domanda in tal senso.
La Suprema Corte, pur accogliendo in parte il ricorso presentato dalla parte creditrice, ha tuttavia ritenuto infondato il predetto motivo di doglianza evidenziato che “ non può ritenersi proposta una domanda implicita sugli interessi anatocistici, perchè insita nel fatto che il secondo giudizio era intentato, appunto, solo per gli interessi e desunta a contrasto dalla doglianza avversaria contro quelli anatocistici”, in quanto “la domanda deve essere chiara e specifica, non può sostenersi che essa sia desumibile da un complesso generico di attività processuali”.
Infatti, “l’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti, secondo la previsione di cui all’art. 1283 c.c., postula una specifica domanda del creditore, autonoma e distinta rispetto a quella volta al riconoscimento degli interessi principali, la cui proposizione non può desumersi dal generico contesto dell’attività processuale delle parti”.
Il ricorso è stato accolto per altri motivi e la sentenza cassata con rinvio.
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