In caso di estinzione anticipata del finanziamento, sono riducibili tutti i costi del credito, correlati o non alla durata residua del contratto, compresi quelli di intermediazione e ad eccezione delle sole spese del notaio, la cui scelta compete al consumatore.
Tali costi vengono specificati dallo stesso art. 121 del TUB che, al comma 1 lett. e), definisce quale “costo totale del credito”: “gli interessi e tutti gli altri costi, incluse le commissioni, le imposte e le altre spese, a eccezione di quelle notarili, che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il finanziatore è a conoscenza”.
E, sulla nozione di “costo totale del credito”, esso include “tutti i costi che il consumatore deve pagare a titolo del contratto di credito, di cui è a conoscenza il creditore. Tale disposizione esclude espressamente – come confermato dal considerando 50 della direttiva 2014/14 – soltanto le spese notarili, i costi di registrazione fondiaria per il trasferimento della proprietà del bene immobile, come i costi di registrazione catastale e le tasse associate, nonché le eventuali penali pagabili dal consumatore per l’inosservanza degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”.
Questo è il principio espresso dall’Ufficio del Giudice di Pace di Altamura, Giudice Raffaele Minoia, con la sentenza n. 201 del 26 settembre 2023, con la quale è stata condannata alla restituzione la banca convenuta.
Quest’ultima sosteneva che soltanto i costi recurring, in quanto strettamente inerenti l’esecuzione nel tempo del contratto, potevano essere restituiti per la quota parte corrispondente al periodo di tempo intercorrente tra l’estinzione anticipata e la data di estinzione naturale dei contratti prevista al momento della loro stipula.
Secondo il Giudice, invece, la normativa europea (Direttiva n. 2008/48), per come modificatasi nel tempo, doveva essere interpretata considerando lo scopo perseguito dalla medesima ossia quello di garantire un’elevata protezione al consumatore, che si trova in una posizione di inferiorità rispetto all’istituto di credito (cfr. Corte Giustizia C-58/18).
Secondo il Giudice: “Considerato, infatti, che la qualificazione di costi up front piuttosto che recurring è operata unilateralmente dagli operatori finanziari, è evidente che l’interpretazione restrittiva invocata dalla convenuta indurrebbe facilmente questi ultimi ad imputare al consumatore costi up front più elevati a fronte di una riduzione al minimo dei costi recurring, finendo con ciò per fornirgli una tutela solamente apparente e non effettiva”.
Seguendo uno dei passaggi motivazionali più salienti, il Giudice afferma che “ Nel contesto della direttiva 2008/48, la Corte ha dichiarato che l’effettiva portata del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita, qualora tale riduzione potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi qualificati dal creditore come dipendenti dalla durata del contratto, dato che i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca e che la fatturazione dei medesimi può includere un certo margine di profitto. Inoltre, limitare la riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che al consumatore vengano imposti pagamenti una tantum più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il creditore potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2019, Lexitor, C¬383/18, EU:C:2019:702, punti 31 e 32)”.
Ed è proprio valorizzando le suddette specificità che, secondo il ragionamento della Corte, è possibile acconsentire ad una legge nazionale che, con riguardo alle ipotesi di estinzione anticipata dei mutui ipotecari, includesse solamente gli interessi ed i costi recurring poiché giustificata, altresì, come già dedotto, dall’esclusione del rischio di comportamento abusivo del creditore, che invece è molto elevato nel caso del credito personale ai consumatori”.
Pertanto, accertato il diritto dell’attrice al rimborso di quota parte dei costi connessi ai contratti di finanziamento anticipatamente estinti dedotti in giudizio, la banca convenuta è stata condannata a corrispondere in favore dell’attrice, nella dedotta qualità, la somma di € 1.009,45 oltre interessi legali dalla domanda ex art. 1284 c. 4 c.c., nonché le spese di causa.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
COSTI FINANZIAMENTO: IN CASO DI ESTINZIONE ANTICIPATA SONO RIMBORSABILI SOLO I COSTI RECURRING
QUELLI UP FRONTE NON SONO RIPETIBILI PERCHÉ ESAURISCONO LA LORO FUNZIONE CON LA STIPULA DEL CONTRATTO
Sentenza | Giudice di Pace di Agrigento, dott. Josefina Maria Borgia | 29.06.2023 | n.755
ESTINZIONE ANTICIPATA FINANZIAMENTO: RIMBORSABILI I SOLI COSTI C.D. RECURRING
LA SENTENZA LEXITOR NON PREVALE SUL DIRITTO INTERNO
Sentenza | Giudice di Pace di Dolo, Giudice Maria Ignazia Masala | 06.04.2022 | n.33
LA SCELTA DEL LEGISLATORE DI LASCIARE IN PIEDI LA DISTINZIONE TRA COSTI “UP-FRONT” E “RECURRING” NON AMMETTE DIVERSE INTERPRETAZIONI “ADEGUATRICI”
Sentenza | Tribunale di Cremona, Giudice Luigi Enrico Calabrò | 28.04.2022 | n.228
“LEXITOR”: IL LEGISLATORE CHIUDE IL “CASO”
LA LEGGE DI CONVERSIONE DEL “DECRETO SOSTEGNI – BIS” RECEPISCE L’ORIENTAMENTO DEI GIUDICI DI LUSSEMBURGO SENZA EFFETTI RETROATTIVI
Decreto Legge | 22.07.2021 |
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