In applicazione di quanto pattiziamente stabilito dalle parti, il Cliente non sopporta alcuna perdita:
-se la Banca per la disposizione di un ordine di pagamento non esige un’Autenticazione forte del Cliente, del Superutente o di un Titolare;
-se lo smarrimento, la sottrazione o l’appropriazione indebita dei Codici o del Dispositivo non potevano essere notati dal Cliente, dal Superutente o di un Titolare prima di un ordine di pagamento;
-se la stessa perdita è stata causata da atti o omissioni di soggetti di cui la Banca si avvale per l’esecuzione delle attività previste a suo carico nel contratto.
A partire dal momento in cui la segnalazione è opponibile alla Banca, il Cliente non è responsabile delle conseguenze dannose derivanti dall’utilizzo dei Codici, salvo il caso in cui il Cliente o il Superutente o il Titolare abbia agito con dolo.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Vicenza, Giudice Eloisa Pesenti, con la sentenza n. 1303 del 6 luglio 2023.
Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che non vi fosse alcuna prova che l’appropriazione dei dati del cliente da parte dei truffatori fosse avvenuta a seguito di comportamenti incauti dello stesso, e tantomeno che egli avesse agito con colpa grave o dolo, essendo notorio che i metodi dei truffatori erano giunti a grande raffinatezza, riuscendo ad esempio a “clonare” perfettamente siti e comunicazioni delle banche, ad insinuarsi nella corrispondenza vera tra queste ultime e i clienti, a clonare le schede SIM dei telefoni dei clienti, a “deviare” i messaggi SMS verso gli apparecchi dei truffatori.
Secondo la ricostruzione del Tribunale, inoltre, dal conto corrente non risultava “alcun precedente movimento dispositivo effettuato via home banking, il che doveva rendere ancora più sospette le tre disposizioni di “bonifico europeo”, di ingente importo e a distanza ravvicinata (tra le 17.45 e le 17.54 del 25.5.2020), che avevano grandemente ridotto la provvista esistente sul conto (da circa 25.000,00 a 429,00 euro)”.
La duplice anomalia, rappresentata dalla provenienza da una connessione nuova e diversa dall’abituale e dalla imponenza degli esborsi apparentemente disposti, per la prima volta e in favore di conti esteri, avrebbe dovuto imporre la richiesta dell’ulteriore codice di sicurezza di cui la convenuta parla a pagina 3 della comparsa di costituzione (OTS).
Pertanto, il Tribunale ha ritenuto applicabile la previsione contrattuale di cui all’ art. 5 del contratto intercorso tra le parti, e quindi la convenuta è stata chiamata a restituire alla parte attrice le somme uscite dal conto dello stesso senza sua autorizzazione, mentre parte attrice, della quale non è stato possibile affermare colpa grave o dolo, ma nemmeno escludere qualche colpa lieve, è stata condannata alla perdita in misura non superiore ad Euro 50,00.
Parte convenuta è stata quindi condannata a pagare alla parte attrice Euro 26.150,00 oltre agli interessi di legge dalla domanda al saldo nonché le spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
L’ONERE DELLA PROVA CONTRARIA RICADE SUL CORRENTISTA
Sentenza | Tribunale di Reggio Emilia, Giudice Francesca Malgoni | 05.07.2023 | n.821
SUSSISTE COLPA GRAVE DELLA CORRENTISTA CHE IGNORI GLI ELEMENTI DI ALLERTA POSTI IN ESSERE DALL’ISTITUTO DI CREDITO
Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Giuseppe Di Salvo | 11.09.2023 | n.12832
A SEGUITO DELL’ENTRATA IN VIGORE DEL D. LGS. 11/2010 NON BASTA DIMOSTRARE DI AVERE ADOTTATO TUTTI I SISTEMI DI SICUREZZA RAGIONEVOLMENTE ESIGIBILI
Sentenza | Tribunale di Napoli, Giudice Paolo Andrea Vassallo | 30.11.2022 | n.10743
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