In tema di compensazione fallimentare tra crediti e debiti, ciò che conta, ai fini dell’art. 56 legge fall. è la preesistenza dei crediti da compensare rispetto alla dichiarazione di fallimento, ovvero all’amministrazione straordinaria. Preesistenza che però deve essere valutata in relazione al fatto generatore del credito stesso, e cioè alla sua genesi, mentre i restanti requisiti della compensazione, quali la liquidità e l’esigibilità, ben possono sussistere al momento della pronuncia giudiziale.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Cristiano– Rel. Terrusi, con l’ordinanza n. 31764 del 15 novembre 2023.
Il caso nasceva dal conferimento di incarico di trasporto e di custodia dei valori da parte della banca alla ricorrente, la quale lo affidava, a sua volta, alla società convenuta, successivamente posta in amministrazione straordinaria.
Essendo stata chiamata a rispondere di un danno per sottrazione di valori dal caveau della banca, la ricorrente si insinuava al passivo della procedura per la somma corrispondente.
Il credito veniva ammesso al chirografo, ma la società, dopo aver infruttuosamente presentato osservazioni al progetto di stato passivo, proponeva opposizione, dolendosi della mancata compensazione con un controcredito vantato dalla società convenuta nei suoi confronti a titolo di corrispettivo dei servizi resi.
Il Tribunale di Potenza, con decreto accoglieva parzialmente l’opposizione, motivando che l’azione intrapresa dalla ricorrente costituiva “una azione (non di regresso bensì) di risarcimento del danno per ogni pregiudizio patito rappresentato dagli esborsi economici nella vicenda in esame“; ciò poteva “dar luogo ad un effetto compensativo solo nei limiti in cui, anteriormente all’apertura della procedura concorsuale, detti esborsi (avessero) avuto luogo effettivamente“, cosa che era avvenuta, ma nella sola misura di 42.000,00 Euro; di contro era da escludere l’integrale compensazione della residua parte del credito risarcitorio perchè destinato a essere soddisfatto successivamente, così potendosi configurare “al più come credito futuro ipotetico e/o condizionato“, come tale “non ancora sorto (e men che mai esigibile) alla data di apertura della procedura concorsuale”.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha affermato che “In tema di compensazione fallimentare tra crediti e debiti, ciò che conta, ai fini dell’art. 56 legge fall. è la preesistenza dei crediti da compensare rispetto alla dichiarazione di fallimento, ovvero all’amministrazione straordinaria. Preesistenza che però deve essere valutata in relazione al fatto generatore del credito stesso, e cioè alla sua genesi, mentre i restanti requisiti della compensazione, quali la liquidità e l’esigibilità, ben possono sussistere al momento della pronuncia giudiziale”.
Nella concreta fattispecie, risultava dallo stesso decreto del Tribunale che il fatto generatore del credito opposto in compensazione, e cioè l’inadempimento (o l’illecito) al quale era stata correlata la pretesa risarcitoria, era anteriore alla sottoposizione dell’Istituto di vigilanza alla procedura concorsuale.
Il decreto, dunque, è stato cassato in coerenza con tale accoglimento ed è seguito il rinvio al medesimo tribunale, in diversa composizione, per nuovo esame.
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