L’art. 334 c.p.c., che consente alla parte, contro cui è stata proposta impugnazione, di esperire impugnazione incidentale tardiva, senza subire gli effetti dello spirare del termine ordinario o della propria acquiescenza, è rivolto a rendere possibile l’accettazione della sentenza, in situazione di reciproca soccombenza, solo quando anche l’avversario tenga analogo comportamento, e, pertanto, in difetto di limitazioni oggettive, trova applicazione con riguardo a qualsiasi capo della sentenza medesima, ancorché autonomo rispetto a quello investito dall’impugnazione principale.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Di Virgilio- Rel. Besso Marcheis, con l’ordinanza n. 33015 del 28 novembre 2023.
La Suprema Corte ha esaminato in primo luogo il ricorso incidentale, con il quale il controricorrente contestava alla sentenza impugnata di non avere anzitutto dichiarato inammissibile l’appello incidentale delle ricorrenti avverso la sentenza di primo grado: il gravame investiva il capo autonomo della pronuncia relativo alle spese che avrebbe dovuto essere autonomamente impugnato.
Tanto deduceva il controricorrente richiamando precedenti di legittimità nei quali si affermava che “la statuizione della sentenza che provvede sulle spese di giudizio costituisce un capo autonomo della decisione; ne consegue che l’impugnazione avverso di essa deve essere proposta in via autonoma e non per mezzo di impugnazione incidentale tardiva”.
La Suprema Corte ha ritenuto di non allinearsi ai suddetti precedenti in quanto l’autonomia del capo della sentenza impugnata non comportava l’inammissibilità dell’appello incidentale tardivo.
Sulla base del principio di diritto già menzionato, quindi, la Corte ha rigettato il ricorso incidentale, accogliendo poi il primo motivo del ricorso principale e dichiarando assorbito il secondo. La causa è stata rinviata, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello, in diversa composizione.
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