Ai fini dell’emissione di misure cautelari e protettive ex art. 54 CCII, la competenza funzionale a pronunciarsi sull’istanza cautelare è attribuita dalla normativa vigente al tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice relatore cui è assegnato il procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale e/o il procedimento relativo allo strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza: “Nei casi previsti dall’articolo 54, il presidente del tribunale o della sezione cui è assegnata la trattazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza o della procedura di liquidazione giudiziale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento. Alla trattazione provvede direttamente il giudice relatore, se già delegato dal tribunale per l’audizione delle parti” (art. 55.1, ccii).
La conservazione e l’amministrazione dei beni pignorati o sequestrati sono affidati a un custode, quando la legge non dispone altrimenti”. L’art. 65 c.p.c., adoperando non solo il termine “conservazione” ma anche la parola “amministrazione” attribuisce alla custodia una funzione non solo statica (conservativa) ma anche dinamica (ossia di gestione di quanto custodito) e, non introducendo distinzioni sulla tipologia di “amministrazione”, non pone limiti al conferimento di tutti i poteri di amministrazione sia ordinaria sia straordinaria alla figura generale di ausiliario del giudice denominata “custode” alla quale dunque possono essere conferiti anche poteri gestori. Limiti che non si rinvengono neppure nell’art. 54 CCII, disposizione che contempla una misura cautelare che può avere contenuto sia tipico sia atipico, da concretizzare e precisare ad opera dell’autorità giudiziaria in relazione alle circostanze e alle necessità del singolo caso concreto.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Bologna, Giudice Maurizio Atzori, con l’ordinanza del 19 dicembre 2023.
Nella specie, il Giudice designato, delegato dal tribunale per l’audizione delle parti nel procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale, si è ritenuto altresì delegato, alla trattazione e alla definizione, in forma monocratica, del sub-procedimento cautelare.
Valutata la sussistenza del fumus boni iuris, versando la società in una situazione di crisi gestionale e finanziaria che rendeva manifesto lo stato di insolvenza della medesima, nonché il periculum, data la carenza di una guida effettiva dell’impresa e l’inerzia dei vertici aziendali in relazione agli obblighi loro imposti dall’art. 2086 c.c., il Giudice ha ordinato il sequestro di tutto il patrimonio della società, ivi compresa l’azienda.
Inoltre, secondo il Tribunale, il provvedimento cautelare richiesto (nomina di un custode giudiziario dell’azienda e del patrimonio dell’imprenditore), pur qualificabile in termini di provvedimento “nominato” (poiché ora espressamente previsto nell’art. 54 ccii), rivelava natura di “atipicità” con riferimento al ventaglio dei possibili contenuti dei quali la misura cautelare potesse essere “riempita” dal giudice chiamato a dare una risposta alla legittima esigenza di precisare quali siano, nel caso concreto, i poteri-doveri del custode.
Dunque, ricorrendo nella fattispecie in esame tutti i presupposti per nominare un organo custodiale dell’azienda e del patrimonio tutto della società resistente, è stato ordinato il sequestro di tutto il patrimonio della società, ivi compresa l’azienda, con la nomina di due distinti custodi.
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