In tema di usura, la pattuizione di un tasso di interesse moratorio usurario non comporta la gratuità del contratto, poiché la sanzione della non debenza di alcun interesse prevista dall’art. 1815, comma 2, c.c. attiene ai soli interessi moratori, e non coinvolge anche gli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti, che continuano ad essere applicati ai sensi dell’art. 1224, comma 1, c.c..
Pertanto, ove l’interesse corrispettivo sia lecito, e il calcolo degli interessi moratori applicati comporti il superamento della soglia usuraria, solo questi ultimi sono da considerarsi illeciti, e preclusi, restando comunque l’applicazione dell’art. 1224, comma 1, c.c., con la conseguente applicazione degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente pattuiti.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. De Chiara – Rel. Reggiani, con l’ordinanza n. 27010 del 21 settembre 2023.
Il Tribunale di Asti respingeva la domanda formulata dalla società ricorrente volta all’accertamento della nullità parziale del contratto di mutuo fondiario, fondata – per quanto di spettanza in sede di legittimità– sulla dedotta usurarietà degli interessi corrispettivi e moratori pattuiti (con conseguente gratuità del mutuo e diritto alla restituzione di quanto pagato in eccedenza) ed anche sulla violazione del divieto di anatocismo mediante l’applicazione di un tasso superiore a quello indicato in contratto, per effetto della scelta del piano di ammortamento alla francese ai fini della restituzione dell’importo mutuato.
La società proponeva appello avverso la decisione di primo grado, ritenendo, con il primo motivo, la necessità di valutare l’usurarietà degli interessi moratori e, con il secondo motivo, l’applicazione di un tasso per gli interessi corrispettivi superiore a quello pattuito.
L’appello veniva respinto.
Avverso tale pronuncia, la società proponeva ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo di impugnazione, con il quale si deduceva, in particolare, il vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, c.p.c., perché la Corte territoriale, dopo avere accertato che il tasso d’interesse pattuito per gli interessi moratori era superiore al tasso soglia, non aveva applicato la sanzione prevista dall’art. 1815, comma 2, c.c., ritenuta operante solo per gli interessi corrispettivi, compiendo una distinzione tra tipologie di interessi non prevista dalla legge e rendendo vano il meccanismo sanzionatorio voluto dal legislatore . Secondo la ricorrente, la previsione nel contratto di mutuo di interessi moratori superiori al tasso soglia temporalmente vigente al momento della stipula comportava la nullità prevista dall’art. 1815, comma 2, c.c. con la conseguente non debenza di tutti gli interessi pattuiti, siano essi corrispettivi che moratori.
La Suprema Corte ha specificato che, una volta che il giudice abbia riscontrato positivamente l’usurarietà degli interessi moratori, il relativo patto non può operare, con applicazione della regola generale prevista dalla legge per il risarcimento dovuto al creditore, contenuta nell’art. 1224 c.c., commisurato (non più alla misura concordata ed usuraria, ma) alla misura pattuita per gli interessi corrispettivi, come prevede la disposizione menzionata.
Per tali motivi, la Corte ha rigettato il ricorso con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rimanda al seguente contenuto pubblicato in Rivista:
L’USURARIETÀ DEGLI INTERESSI DI MORA NON COINVOLGE GLI INTERESSI CORRISPETTIVI LEGITTIMI
IL MUTUO USURARIO NON DIVIENE NECESSARIAMENTE A TITOLO GRATUITO, ESSENDO COMUNQUE DOVUTI GLI INTERESSI NON INCLUSI NELLA CLAUSOLA NULLA
Ordinanza | Corte di Cassazione, III sez. civ., Pres. Travaglino – Rel. Graziosi | 09.11.2020 | n.24992
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