Nell’adempimento dell’incarico professionale, l’obbligo di diligenza ex artt. 1176, co. 2, e 2236 c.c. dell’avvocato si estrinseca in doveri di informazione, sollecitazione e dissuasione verso il cliente. In particolare, l’avvocato è tenuto a richiedere al cliente che egli gli fornisca tutti gli elementi necessari o utili in suo possesso al fine del corretto svolgimento dell’incarico, ad indicargli tutte le questioni che si frappongono al conseguimento del risultato o che comunque sono fattori di rischio di effetti dannosi, a sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dal probabile esito sfavorevole.
Incombe sull’avvocato l’onere di fornire la prova della condotta mantenuta, mentre è insufficiente che il cliente gli abbia rilasciato la procura alle liti, poiché il conferimento di tale potere non è indice univoco che il cliente sia stato compiutamente informato di tutte le circostanze indispensabili per una decisione pienamente consapevole sull’opportunità o meno d’iniziare un processo o intervenire in giudizio.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Carrato – Rel. Caponi, con l’ordinanza n. 29182 del 20 ottobre 2023.
Un avvocato conveniva dinanzi al Tribunale di Bologna un altro avvocato, in qualità di amministratrice di sostegno, per l’ottenimento del compenso di attività professionale svolta in tre procedimenti dinanzi allo stesso ufficio giudiziario. All’esito, con ordinanza, il difensore convenuto, nella predetta qualità, veniva condannata al pagamento della somma di euro 3.161,00, oltre alla rifusione delle spese processuali per Euro 2.575,00.
Successivamente l’attore accettava, dalla citata convenuta, un assegno di circa Euro 4.660,00, con riserva espressa di ricorso per cassazione, poi effettivamente proposto sulla base di sette motivi, articolati al loro interno in più censure.
Con tale ricorso, il ricorrente ha denunciato che il compenso dell’attività resa nel reclamo cautelare fosse stato disconosciuto, perché l’avvocato non aveva informato il cliente sull’opportunità di promuovere il reclamo, per aver il Tribunale posto a fondamento della sua decisione la negligenza professionale senza che essa fosse stata tempestivamente allegata dalla convenuta.
Denunciava, altresì, la mancata liquidazione del compenso per il reclamo sotto il profilo dell’omesso esame circa fatti decisivi.
La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità dei motivi di ricorso poiché accomunati dall’idea che: “(a) si possa ottenere un accoglimento del ricorso se si prospettano come errori di diritto quelli che in realtà sono (pretesi) errori commessi nella ricostruzione e apprezzamento della situazione di fatto rilevante in causa; (b) si possa aprire la prospettiva di un ulteriore accertamento in fatto relativo alla stessa controversia dinanzi al giudice di rinvio, nonostante che l’apprezzamento dei fatti rilevanti compiuto nel giudizio di merito abbia trovato la propria espressione in una motivazione effettiva ed adeguata, o comunque riducibile a coerenza attraverso la valutazione e l’interpretazione delle risultanze di causa”.
Enunciato il principio di diritto esposto, la Corte ha ribadito che il giudice di legittimità non è tenuto a fare proprio l’apprezzamento dei fatti compiuto dal giudice di merito. “Tale apprezzamento rimane proprio di quest’ultimo anche dopo aver superato il vaglio del giudizio di legittimità (cfr. l’aggettivo possessivo “suo”, impiegato in modo pregnante dall’art. 116 c.p.c., comma 1, con riferimento al prudente apprezzamento del giudice di merito)”.
Il ricorso è stato rigettato con condanna al versamento, a carico della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE AVVOCATO: PER ACCERTARE IL NESSO FRA OMISSIONE E EVENTO SI APPLICA IL CRITERIO DEL “PIÙ PROBABILE CHE NON”
IL CASO DELL’APPELLO PROPOSTO TARDIVAMENTE
Sentenza | Tribunale di Ferrara, Giudice Mauro Martinelli | 21.04.2020 |
RESPONSABILITA’ AVVOCATO: IL PROFESSIONISTA DEVE PROVARE LA DILIGENZA O LE PARTICOLARI DIFFICOLTÀ TECNICHE
SUL CLIENTE L’ONERE DELLA PROVA DEL NESSO EZIOLOGICO TRA LA CONDOTTA COMMISSIVA OD OMISSIVA DEL LEGALE E IL DANNO DERIVATONE
Sentenza | Tribunale di Novara, Giudice Lorena Casiraghi | 16.11.2023 | n.742
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