In caso di deposito tardivo della documentazione catastale richiesta dall’art. 567 c.p.c., se il Giudice dell’Esecuzione emette ugualmente (erroneamente) l’ordinanza di vendita e la stessa non viene tempestivamente impugnata dal debitore, il vizio resta sanato e si potrà procedere regolarmente alla vendita, in presenza della necessaria base documentale. La documentazione deve essere, però, completa: se il G.E. dovesse rilevarne l’incompletezza, dovrà concedere un termine perentorio per la sua integrazione.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Rubino – Rel. Tatangelo, con la sentenza n. 28846 del 17 ottobre 2023.
I ricorrenti, creditori procedenti in un processo di espropriazione immobiliare promosso contro la debitrice, depositavano la documentazione ipotecaria e catastale di cui all’art. 567 c.p.c. con un ritardo di cinque giorni rispetto al termine previsto dalla suddetta disposizione.
Né la debitrice né il giudice dell’esecuzione rilevavano la tardività del deposito, nel corso dell’udienza di cui all’art. 569 c.p.c.; veniva, quindi, emessa l’ordinanza di vendita dell’immobile pignorato, in mancanza di contestazioni.
A distanza di circa nove mesi dall’emissione dell’ordinanza di vendita (non impugnata), la debitrice chiedeva al giudice dell’esecuzione la dichiarazione di estinzione del processo esecutivo, assumendo che il ritardo nel deposito della documentazione di cui all’art 567 c.p.c. aveva determinato una fattispecie estintiva rilevabile in ogni momento.
Sia il giudice dell’esecuzione, nel rigettare l’istanza di estinzione della debitrice, sia il tribunale, giudicando in primo grado sul reclamo di quest’ultima ai sensi dell’art. 630 c.p.c., ritenevano che l’avvenuta pronuncia dell’ordinanza di vendita, peraltro non impugnata nei termini, avesse determinato la sanatoria di ogni precedente vizio e che, quindi, l’estinzione non potesse essere più dichiarata.
La corte d’appello, invece, richiamando alcuni precedenti di legittimità in cui si escludeva che il rilievo della speciale fattispecie estintiva di cui all’art. 567 c.p.c. fosse direttamente soggetto alle previsioni ed ai termini di cui all’art. 630 c.p.c., affermava che esso poteva in ogni caso avvenire fino all’aggiudicazione, nonostante l’avvenuta emissione dell’ordinanza di vendita e la mancata impugnazione della stessa; accoglieva quindi il reclamo e dichiarava estinta la procedura esecutiva, che frattanto aveva dato luogo all’aggiudicazione dell’immobile pignorato.
I ricorrenti contestavano le conclusioni della corte d’appello, sostenendo che i precedenti di legittimità, da questa richiamati, sull’esclusione della diretta operatività dell’art. 630, comma 2, c.p.c., con riguardo alla speciale fattispecie estintiva di cui all’art. 567 c.p.c., non sarebbero stati correttamente intesi (facendo essi in realtà riferimento all’ipotesi di incompletezza della documentazione ipotecaria e catastale e non a quella del suo deposito tardivo) e, comunque, non sarebbero stati neanche correttamente applicati, dovendo in ogni caso escludersi il possibile rilievo dell’estinzione del processo dopo lo svolgimento dell’udienza di cui all’art. 569 c.p.c. e la conseguente emissione dell’ordinanza di vendita, oltretutto non impugnata nei termini.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati gli assunti dei ricorrenti, affermando che “in caso di deposito tardivo della documentazione completa, se il giudice dell’esecuzione emetta ugualmente (erroneamente) l’ordinanza di vendita e la stessa non venga tempestivamente impugnata dal debitore, il vizio resta sanato (non essendo tale da impedire al processo esecutivo di raggiungere il suo esito) e si potrà procedere regolarmente alla vendita, in presenza della necessaria base documentale; d) naturalmente, in caso di deposito tardivo di documentazione incompleta, coordinando i principi sub b) e sub c), se il giudice dell’esecuzione emetta ugualmente (erroneamente) l’ordinanza di vendita e la stessa non venga tempestivamente impugnata dal debitore, potrà successivamente essere rilevata, anche di ufficio, solo l’incompletezza della documentazione, ma non il suo deposito tardivo e, di conseguenza, il giudice dell’esecuzione potrà solo assegnare un termine perentorio per l’integrazione, ai sensi dell’art. 567,comma 3, c.p.c.”.
Come già chiarito, nella specie si era verificata proprio tale ultima ipotesi ed il giudice dell’esecuzione aveva proceduto, quindi, correttamente nell’assegnare un termine per l’integrazione della documentazione incompleta e nel negare, una volta avvenuta tale integrazione, la dichiarazione di estinzione del processo esecutivo.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, alla cassazione della decisione impugnata, che aveva erroneamente, invece, dichiarato tale estinzione, la Suprema Corte ha preso la decisione nel merito del ricorso, con il rigetto del reclamo della debitrice.
Pertanto, il ricorso è stato accolto, cassata per l’effetto la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigettato il reclamo proposto dalla debitrice con spese compensate.
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