In tema di ammissione dei crediti al passivo fallimentare, il disposto dell’art. 101, u.c., l. fall., relativo alle domande cd. ultratardive o supertardive, va interpretato nel senso che il creditore è chiamato non solo a dimostrare la causa esterna impeditiva della tempestiva o infrannuale sua attivazione, ma anche la causa esterna, uguale o diversa dalla prima, che abbia cagionato l’inerzia tra il momento della cessazione del fattore impediente e il compimento dell’atto, dovendo escludersi che, venuto meno l’impedimento, la richiesta di ammissione al passivo possa comunque essere presentata entro lo stesso termine (dodici mesi) del quale sia stata allegata l’impossibilità di osservanza, essendo necessaria l’attivazione del creditore in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del procedimento.
In particolare, il creditore ultratardivo è tenuto a depositare la domanda non già entro il termine di un anno dalla scoperta del fallimento del proprio debitore (come sostenuto da Cass. nn. 18544/2019, 28799/2019, 3872/020, 12735/021) ma entro un termine che, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito, appaia, in base a un criterio di ragionevolezza e in rapporto alle peculiarità del caso concreto, giustificato dalla necessità di prendere contezza del fallimento e di redigere la suddetta domanda.
La valutazione della sussistenza di una causa non imputabile, la quale giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito, che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Cristiano – Rel. Crolla, con la sentenza n. 35963 del 27 dicembre 2023.
Il Tribunale di Vicenza, con decreto del 28.2.2018, respingeva l’opposizione proposta dalla ricorrente contro il decreto del giudice delegato al Fallimento, che aveva dichiarato inammissibile, perché proposta oltre il termine di un anno dal decreto di esecutività dello stato passivo, la sua domanda di ammissione del credito ipotecario, vantato in forza di un contratto di mutuo stipulato il 2.9.2005 con l’imprenditore poi fallito.
Il tribunale osservava, in primo luogo, che, benché la ricorrente non fosse stata destinataria della comunicazione ex art. 92 l. fall., il curatore aveva inviato detta comunicazione alla banca originaria titolare del credito, poi ceduto all’opponente, appartenente al suo medesimo gruppo, sicché un più accorto e collaborativo comportamento della cedente sarebbe stato sufficiente a consentire che l’avviso venisse correttamente indirizzato alla cessionaria.
La società ricorrente proponeva dunque ricorso per la cassazione del decreto, assumendo di aver avuto contezza della dichiarazione del fallimento solo il 13/9/2016, data in cui le era stata inviata una bozza del progetto di distribuzione della somma ricavata dalla vendita dell’immobile pignorato, e di essersi attivata immediatamente per insinuarsi allo stato passivo, con domanda depositata il 26/9/2016. Soggiungeva che, anche a voler ritenere corretta l’interpretazione del giudice del merito, secondo cui sarebbe stata informata dell’intervenuto fallimento sin dal 26/4/2016, il lasso temporale di cinque mesi per presentare la domanda di ammissione doveva considerarsi ragionevole.
Secondo la Suprema Corte il motivo era da considerarsi inammissibile, risultando incontroverso che la ricorrente avesse depositato la domanda di ammissione al passivo il 26/9/2016, quando era ormai da tempo scaduto il termine di cui all’art. 101, comma 1, l fall..
Il tribunale aveva ritenuto che il ritardo fosse imputabile alla ricorrente in quanto aveva accertato che il curatore, anch’ egli intervenuto nella procedura sin dal marzo del 2015, il 26/4/2016 aveva effettuato il deposito telematico, di cui era stata perciò data notizia massiva a tutte le altre parti del processo esecutivo a mezzo pec, della propria nota di precisazione del credito.
Questo accertamento era stato sostanzialmente ignorato dalla ricorrente, la quale si era limitata a sostenere di aver saputo per la prima volta del sopravvenuto fallimento del debitore esecutato il 13/9/2016 (quando aveva ricevuto una bozza del progetto di riparto) per il solo fatto di non aver avuto alcuna notizia dell’atto di intervento del curatore nella procedura, depositato in via cartacea, e mai notificatole, nel marzo 2015, quando già si era tenuta la prima ed unica udienza dinanzi al giudice dell’esecuzione, dopo la quale il fascicolo era stato trasmesso al notaio delegato alla vendita.
In particolare, la ricorrente non aveva contestato che la notizia del deposito della nota di precisazione di credito da parte del curatore fosse stata effettuata in via massiva, a mezzo pec, a tutte le parti del processo esecutivo, né aveva censurato, nonostante la sua ambiguità, l’affermazione del giudice del merito secondo cui da quel momento essa “era (stata) messa in condizione di sapere dell’intervenuto fallimento”.
La Corte ha, pertanto, dichiarato inammissibile il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
FALLIMENTO: LA DOMANDA DI INSINUAZIONE TARDIVA DI UN CREDITO ESCLUSO DA STATO PASSIVO GIÀ OPPOSTO È INAMMISSIBILE
IL GIUDICATO SULL’ISTANZA TEMPESTIVA PRECLUDE LA PROPONIBILITÀ PER IL CREDITO ESCLUSO O PER PARTE DI ESSO
Sentenza | Corte di Cassazione, Pres. Cristiano – Rel. Amatore | 05.05.2021 | n.11779
AMMISSIONE AL PASSIVO: ILLEGITTIMO IL RIGETTO DELLA DOMANDA FONDATA SU SENTENZA NON DEFINITIVA
L’APPELLO DEL CURATORE NON GIUSTIFICA L’ESCLUSIONE DEL CREDITO
Decreto | Tribunale di Napoli Nord, Pres. Rabuano – Rel. Di Giorgio | 10.04.2017 | n.1376
INSINUAZIONE PASSIVO: LA DOMANDA, GIÀ AMMESSA AL PASSIVO E RINUNZIATA, PUÒ ESSERE RIPROPOSTA
È POSSIBILE PER IL CESSIONARIO DEL CREDITO FORMULARE NUOVA ISTANZA EX ART. 101 L.F.
Sentenza | Cassazione Civile, Sezione Prima, Pres. Forte Rel. Di Virgilio | 19.01.2016 | n.814
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