In tema di rinnovo di CTU contabile in appello, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza tecnica d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito (cfr. Cass. 24 gennaio 2019, n. 2103; Cass. 22 settembre 2017, n. 22799).
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. I, Pres. Di Marzio – Rel. Catallozzi, con l’ordinanza n. 13609 del 16 maggio 2024.
Con primo motivo di ricorso parte ricorrente deduceva la “”violazione o falsa applicazione dell’art. 281 c.p.c., in relazione all’art. 360 – primo comma – n. 5 c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio” che era stato oggetto di discussione tra le parti.
Secondo la tesi dei ricorrenti, la Corte di Appello di Ancona nella sentenza impugnata- di rigetto dell’appello alla sentenza del locale Tribunale che aveva revocato il decreto ingiuntivo con condanna degli opponenti al pagamento della minor somma- avrebbe erroneamente ritenuto di non disporre una nuova consulenza tecnica d’ufficio, sottolineando che, diversamente da quanto rilevato nella sentenza, avevano provveduto, mediante consulenza tecnica di parte, all’indicazione puntuale dei trimestri in relazione ai quali non era stata condotta correttamente la verifica del rispetto del tasso soglia rilevante ai fini dell’usura.
La Banca opposta eccepiva la inammissibilità di tale motivo erroneamente qualificato come vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo”, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ma riferendosi tale norma all’omesso esame ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico già preso in considerazione dal Giudice di merito e, rilevando che, essendo in presenza di una c.d. “doppia conforme”, i ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare “che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni di merito erano state diverse” (Cass. Civ., Sez. III, n. 26851 in data 19 settembre 2023; conformi Cass. Civ., Sez. III, n. 5947 in data 28.2.2023; Cass. Civ., Sez. I, n. 26774 in data 22.12.2016), onere non assolto.
La Corte di Cassazione, investita della vicenda, ha ritenuto il primo motivo inammissibile, in quanto non era dato comprendere se i ricorrenti avessero inteso far valere il vizio di violazione o falsa applicazione di legge o quello di omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, osservando in ogni caso che laddove la doglianza avesse avuto ad oggetto la violazione o falsa applicazione dell’art. 281 cod. proc. civ. la stessa era da considerarsi comunque inammissibile in quanto il giudice di merito non era tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza tecnica d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientrava tra i poteri discrezionali del giudice di merito (cfr. Cass. 24 gennaio 2019, n. 2103; Cass. 22 settembre 2017, n. 22799).
Analogamente inammissibile sarebbe stata la doglianza anche laddove intesa nel senso di veicolare un vizio motivazionale, stante la preclusione derivante dalla regola della cd. «doppia conforme» di cui all’art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ. e, comunque, la mancata individuazione di un fatto storico asseritamente non esaminato.
Per tali motivi, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannata la società debitrice principale e i garanti alle spese di lite in favore della Banca controricorrente.
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