In tema di illegittimità della CMS, solo in presenza di specifica domanda di accertamento, il giudice – innanzi al quale sia stata proposta domanda di accertamento della nullità di un contratto o di una singola clausola contrattuale- ha il potere-dovere di rilevare d’ufficio- previa instaurazione del contraddittorio sul punto- l’esistenza di una causa di nullità diversa da quella prospettata, che abbia carattere portante ed assorbente e che emerga dai fatti allegati e provati o comunque dagli atti di causa, salvo che non si tratti di nullità a regime speciale. Sez. L, Sentenza n. 20388 del 01/08/2018).
Per rilevare d’ufficio la nullità è pur sempre necessaria una domanda (di accertamento) tesa ad ottenere la invalidità del contratto stesso. Il Giudice quindi, di fronte a una nullità di protezione, non può rilevarla ex officio qualora il soggetto legittimato non abbia contestato la validità del contratto o della clausola. affetta da nullità e tutto questo risulti dagli atti del giudizio.
Questo è il principio espresso dalla Corte d’Appello di Messina, Pres. Rel. Lazzara, con la sentenza n. 67 del 22 gennaio 2024.
Con l’atto di appello, la banca appellante deduceva l’erroneità della sentenza di I grado in quanto in palese violazione degli artt. 1421 cod. civ., aveva riconosciuto e dichiarato, con riguardo ai rapporti di c/c, la mancata contrattualizzazione delle valute e delle spese periodicamente addebitate sul conto.
Deduceva, in particolare, di avere tempestivamente contestato le modalità di ricalcolo operato in relazione alle spese e alle valute non pattuite, evidenziando che l’asserita mancata contrattualizzazione di spese e oneri, non poteva comportare e giustificare la riconosciuta nullità, in totale assenza di specifica domanda da parte dei correntisti e d’inesistenza di un potere del Giudice di dichiararla d’ufficio, potendosi al più procedere alla eliminazione solamente dell’importo della CMS per i trimestri in cui era avvenuto il superamento della soglia.
La Corte di Appello, investita della vicenda, ha ritenuto fondate le doglianze, deducendo che, con l’atto introduttivo del giudizio, le società attrici avevano posto a base della proposta azione d’indebito la asserita applicazione da parte della banca, di interessi usurari, omettendo di formulare domanda e/o eccezione in ordine alla validità del contratto e/o delle clausole in esso contenute e limitandosi a contestare l’applicazione nel corso del rapporto di interessi usurari, anche per effetto della contabilizzazione della CMS.
Tali domande non avevano costituito oggetto di “precisazione” o “modificazione” in sede di prima memoria ex 183, comma 6, c.p.c., con la conseguenza che, formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale, a preclusione processuale maturata, dovevano ritenersi inammissibili.
Trattavasi di domande introdotte dalle società appellate nel giudizio di primo grado solo in sede di comparsa conclusionale, atto con il quale, secondo i giudici d’Appello, non potevano certamente essere introdotti nuovi temi d’indagine o argomentazioni difensive che non poggiassero su fatti in precedenza accertati o su acquisizioni documentali sui quali si fosse svolto il doveroso dibattito e contraddittorio processuale, avendo tale atto difensivo “la sola funzione di esporre ed illustrare le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le conclusioni già precisate davanti al giudice istruttore; e pertanto se ivi contenute non possono essere esaminate dal giudice perché in tal modo esse rimarrebbero sottratte al contraddittorio e al dibattito processuale”.
Nel caso in esame, l’accertamento sulla fondatezza o meno dell’eccezione di nullità si fondava su circostanze di fatto (“l’indeterminatezza” della clausola contrattuale) che le parti avrebbero dovuto introdurre tempestivamente già nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, mentre esse non risultavano essere mai state dedotte e allegate prima della comparsa conclusionale.
Pertanto, la Corte ha considerato errato che il CTU prima, ed il Giudice poi, avessero operato la espunzione della commissione di massimo scoperto e delle altre voci, nel presupposto della loro riconosciuta nullità, dal momento che non sussisteva nemmeno un potere d’ufficio del giudice, in mancanza della suddetta domanda di accertamento della nullità.
Accolto l’appello e, per l’effetto, rigettata la domanda di ripetizione proposta in primo grado, gli appellati soccombenti sono stati condannati al pagamento in favore della controparte appellante delle spese processuali.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
USURA: NEI RAPPORTI ANTE 2010, LA COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO RILEVA AI FINI DEL SUPERAMENTO DEL TASSO SOGLIA
DEVE ESSERE OGGETTO DI CALCOLO SEPARATO
Sentenza | Tribunale di Chieti, Giudice Francesco Grassi | 28.06.2021 | n.90
COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO: LEGITTIMA SE SUFFICIENTEMENTE DETERMINATA
LA CLAUSOLA DEVE INDICARE: PERCENTUALE DEL PRELIEVO, CONDIZIONI, PERIODICITÀ ADDEBITO E BASE DI CALCOLO
Sentenza | Tribunale di Modena, Giudice Martina Grandi | 27.02.2018 | n.361
CMS: VALIDA SE PATTUITI TUTTI GLI ELEMENTI GLI ELEMENTI CHE CONCORRONO A DETERMINARLA
LA CLAUSOLA DEVE PRECISARE PERCENTUALE, BASE DI CALCOLO, CRITERI E PERIODICITÀ DI ADDEBITO
Sentenza | Tribunale di Agrigento, dott. Andrea Illuminati | 24.02.2016 | n.264
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