In tema di accredito dei ratei mensili di trattamento pensionistico di reversibilità, il rapporto nascente dall’ accreditamento è duale: coinvolge, da un lato il beneficiario del trattamento pensionistico–intestatario del conto corrente bancario e dall’altro l’ente erogatore dei trattamenti pensionistici, mentre l’istituto di credito presso cui indicare l’accreditamento, resta sullo sfondo, riemergendo solo in un secondo momento e nell’eventualità che si verifichi la condizione per la quale maturi l’obbligo di restituzione del rateo pensionistico non dovuto, come accade in caso di decesso del pensionato.
Non sussiste, pertanto, alcuna responsabilità della banca, neppure per “presunta” mala gestio, nell’ipotesi in cui vi sia stato un accreditamento delle predette somme su un Iban errato, intestato cioè a persona diversa dalla beneficiaria, dal momento che la banca è da ritenersi carente di legittimazione passiva rispetto all’azione, potendo l’appellante agire esclusivamente nei confronti degli effettivi percettori delle somme e/o dell’ente erogatore della pensione non, invece, dell’istituto di credito appellato, che, nella specie, in forza del rapporto contrattuale esistente tra la pensionata e la banca, rivestiva semplicemente il ruolo di incaricato a ricevere il pagamento per conto del creditore, ai sensi dell’art. 1188 c.c..
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Roma, Giudice Cristina Pigozzo, con la sentenza n. 17589 del 27 novembre 2023.
Nel caso di specie, l’attrice instaurava il giudizio proponendo una domanda volta a far accertare e dichiarare l’esclusiva responsabilità della banca per il mancato accredito dei ratei mensili di trattamento pensionistico di reversibilità in favore della stessa, riguardanti il periodo ricompreso tra il mese di marzo 2010 ed il mese di settembre 2013, ossia per n. 43 ratei mensili in ragione di € 106,26 cadauno e per l’effetto condannarla alla refusione di € 4.569,18, affermando che la banca, non avendo ricevuto alcuna comunicazione di variazione dell’IBAN né dal MEF né dalla beneficiaria, avrebbe dovuto effettuare una verifica tra l’intestatario della provvidenza e l’intestazione del conto corrente.
Con un motivo di appello sostanzialmente unico, in particolare, parte attrice censurava la sentenza di primo grado, nella parte in cui la stessa affermava l’insussistenza della responsabilità dell’istituto bancario sul presupposto che il medesimo avesse errato nell’accreditare la pensione erogata dal MEF su coordinate bancarie di altro soggetto, peraltro deceduto.
Per contro, la Banca convenuta deduceva la mancanza di responsabilità dell’istituto bancario, comunque carente in punto di legittimazione passiva, sul quale non pendeva l’onere di verificare l’esattezza delle operazioni eseguite dall’ordinante ossia, nel caso di specie, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Secondo il Tribunale di Roma, investito della causa, l’assunto difensivo dell’appellante non poteva essere condiviso perché, come eccepito dalla difesa dall’istituto bancario, la banca era da ritenersi carente di legittimazione passiva rispetto all’azione in esame.
Nella specie, l’istituto di credito non poteva esser chiamato a pagare i ratei di pensione, in quanto non era il soggetto destinatario del pagamento erogato dal MEF, né tantomeno era l’ente erogatore.
In altri termini, l’appellante poteva agire esclusivamente nei confronti degli effettivi percettori delle somme e/o dell’ente erogatore della pensione non, invece, dell’istituto di credito appellato, che, nella specie, in forza del rapporto contrattuale esistente tra la pensionata e la banca, rivestiva semplicemente il ruolo di incaricato a ricevere il pagamento per conto del creditore, ai sensi dell’art. 1188 c.c.
Pertanto, l’errore nell’indicazione del codice identificativo era stato commesso dal soggetto ordinante (MEF), mentre nessuna responsabilità poteva essere ascritta alla banca, semplice intermediario tra soggetto percipiente la pensione e l’ente erogatore, senza che fosse previsto in capo all’istituto bancario l’onere di ulteriori verifiche e controlli sull’esattezza dell’IBAN utilizzato dall’ente erogatore.
Peraltro, dalle risultanze probatorie in atti, si evinceva che l’istituto bancario avesse diligentemente comunicato alla correntista l’anomalia nell’accreditamento della pensione da parte del MEF e che l’erogazione della pensione fosse stata effettuata sin dalla rata 7/2005 su un conto corrente intestato in realtà ad altro soggetto.
A ben vedere, sempre dall’esame degli estratti conto del Ministero, il Tribunale ha evidenziato che, solo a seguito della comunicazione della banca e della successiva raccomandata dell’attrice datata 19.11.2015, l’ente erogatore, a partire dal dicembre 2015, aveva correttamente accreditato le somme dovute a parte attrice sul proprio conto corrente.
Dunque, in presenza di dette modalità, per le quali la banca non poteva effettuare alcun tipo di controllo simultaneo, nessuna colpa poteva imputarsi alla medesima, la quale, al contrario, si era diligentemente attivata per consentire alla correntista di attivare tutte le procedure di verifica con l’ente erogatore e finalizzare il corretto accreditamento pensionistico.
Pertanto, la domanda di parte attrice è stata integralmente rigettata con conferma della sentenza impugnata e condanna alle spese di lite in favore della banca convenuta.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
ERRATA INDICAZIONE CODICE IBAN: LA BANCA È ESENTE DA RESPONSABILITÀ
NON DOVUTE ULTERIORI VERIFICHE DA PARTE DELL’INTERMEDIARIO AL MOMENTO DELL’ESECUZIONE DEL BONIFICO
Sentenza | Tribunale di Milano, Giudice Francesco Ferrari | 21.12.2018 | n.12952
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/39048
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