Il mutuo va annoverato tra i contratti reali, il cui perfezionamento avviene, cioè, con la consegna del denaro o delle altre cose fungibili che ne sono oggetto; ne consegue che la prova della materiale messa a disposizione dell’uno o delle altre in favore del mutuatario e del titolo giuridico da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione costituisce condizione dell’azione, la cui dimostrazione ricade necessariamente sulla parte che la res oggetto del contratto di mutuo chiede in restituzione (Cass., Sez. II, 22 novembre 2021, n. 35959).
L’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto a provare, ai sensi del primo comma dell’art. 2697 cod. civ., gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna, ma anche il titolo della stessa, dal quale derivi l’obbligo della reclamata restituzione, senza che la contestazione del convenuto – il quale, riconoscendo di aver ricevuto la somma, deduca una diversa ragione della dazione di essa – si tramuti in eccezione in senso sostanziale, sì da invertire l’onere della prova (Cass., Sez. II, 29 novembre 2018, n. 30944; Cass., Sez. III, 13 marzo 2013, n. 6295; Cass., Sez. III, 19 agosto 2003, n. 12119).
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Di Virgilio – Rel. Grasso, con l’ordinanza n. 16332 del 12 giugno 2024.
Il caso prendeva origine dalla citazione proposta dal ricorrente avanti al Tribunale di Trieste, con la quale evidenziava che negli anni intercorrenti tra il 2006 e il 2009 aveva effettuato dei versamenti nei confronti delle parti convenute, parte a mezzo di assegni bancari e parte in denaro contante, per consentire loro di fare fronte alle rate di un asserito mutuo ipotecario contratto con un istituto di credito.
L’importo totale ammontava ad euro 38.600,00 che i convenuti si erano impegnati a restituire non appena il figlio, grazie al quale avevano fatto la conoscenza, avrebbe concluso un progetto economico che stava creando in Messico e a cui partecipavano i genitori. Non avendo ottenuto la restituzione delle somme, il ricorrente li conveniva in giudizio.
I convenuti si costituivano esponendo che le dazioni di denaro da loro ricevute avrebbero in realtà integrato l’adempimento dell’obbligo di restituzione della quota di spettanza del capitale di credito erogato alla società costituitasi tra il loro figlio e lo stesso ricorrente. In particolare, i convenuti affermavano che il loro figlio avrebbe richiesto agli stessi di stipulare, in sua vece, un contratto di mutuo ipotecario per poter finanziare la costituenda società e che il ricorrente, dichiaratosi ai convenuti socio del figlio, si sarebbe impegnato a rimborsare, nei limiti della quota di partecipazione sociale, quanto essi avrebbero dovuto restituire alla banca mutuante. I convenuti concludevano chiedendo di respingere la domanda attorea in quanto infondata.
All’esito dell’istruttoria, assunte le prove testimoniali, con sentenza, il Tribunale di Trieste condannava i convenuti, in solido tra loro, a pagare al ricorrente l’importo di 38.600,00 Euro a titolo di restituzione del denaro ricevuto in prestito, oltre gli interessi legali dalla domanda al saldo e alla rifusione delle spese del giudizio.
Avverso detta sentenza, i convenuti soccombenti proponevano appello chiedendo la riforma della pronuncia di prime cure; tale appello veniva accolto con riforma integrale della sentenza di primo grado.
Il nuovo soccombente, originario attore in primo grado, proponeva ricorso per cassazione.
La Suprema Corte, investita della vicenda, ha rigettato il ricorso affermando che “Il mutuo va annoverato tra i contratti reali, il cui perfezionamento avviene, cioè, con la consegna del denaro o delle altre cose fungibili che ne sono oggetto; ne consegue che la prova della materiale messa a disposizione dell’uno o delle altre in favore del mutuatario e del titolo giuridico da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione costituisce condizione dell’azione, la cui dimostrazione ricade necessariamente sulla parte che la res oggetto del contratto di mutuo chiede in restituzione (Cass., Sez. II, 22 novembre 2021, n. 35959). L’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto a provare, ai sensi del primo comma dell’art. 2697 cod. civ., gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna, ma anche il titolo della stessa, dal quale derivi l’obbligo della reclamata restituzione, senza che la contestazione del convenuto – il quale, riconoscendo di aver ricevuto la somma, deduca una diversa ragione della dazione di essa – si tramuti in eccezione in senso sostanziale, sì da invertire l’onere della prova (Cass., Sez. II, 29 novembre 2018, n. 30944; Cass., Sez. III, 13 marzo 2013, n. 6295; Cass., Sez. III, 19 agosto 2003, n. 12119).”.
Nella specie, gli Ermellini hanno osservato che la Corte aveva fornito una puntuale motivazione delle ragioni che l’avevano indotta a negare l’esistenza di un contratto di mutuo (scarsa attendibilità delle dichiarazioni a fronte delle risultanze documentali, assenza di prova dell’entità della somma ritenuta oggetto del mutuo; assenza di ragioni idonee a spiegare la mancanza della prova documentale), per cui la doglianza mirava a una inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità.
In tema di ricorso per cassazione, infatti, “deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme.”.
Secondo la Suprema Corte, inoltre, non sussisteva “alcun vizio della motivazione sotto il profilo del contrasto dedotto nel secondo motivo, avendo la Corte di appello escluso nella sua motivazione – a fronte della giurisprudenza di questa Corte che ha definito i criteri in base ai quali è possibile, ai sensi dell’art. 2721 cod. civ., dar prova anche attraverso testimoni di un mutuo stipulato in forma orale – che nella fattispecie sussistesse un rapporto particolare tra le parti tale da giustificare la conclusione di un contratto di mutuo.”.
Il ricorso dunque è stato rigettato, con condanna del ricorrente al rimborso delle spese di giudizio.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
MUTUO: L’ATTORE DEVE PROVARE ANCHE IL TITOLO DA CUI DERIVA L’OBBLIGO DELLA VANTATA RESTITUZIONE
NON È NECESSARIO DIMOSTRARE SOLO L’AVVENUTA CONSEGNA DEL DENARO
Sentenza | Tribunale di Reggio Emilia, Giudice Gianluigi Morlini | 06.11.2019 | n.1468
MUTUO: LA MERA DAZIONE DELLA SOMMA NON È SUFFICIENTE PER OTTENERE LA RESTITUZIONE
IN CASO DI CONTESTAZIONE DEL CONTRATTO, IL MUTUATARIO DOVRÀ PROVARE ANCHE IL TITOLO DA CUI DERIVI L’OBBLIGO DELLA VANTATA RESTITUZIONE
Sentenza | Cassazione Civile, Sezione terza | 13.03.2013 | n.6295
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