Provvedimento segnalato dall’Avv. Pietro Troianiello del foro di Santa Maria Capua Vetere
In tema di fideiussione, è vessatoria, ai sensi dell’art. 1469-bis c.c., la clausola del contratto di fideiussione che deroghi all’art. 1957, comma 1, c.c., in senso favorevole al creditore, dispensandolo dal rispetto del termine di sei mesi ivi previsto per far valere le proprie ragioni contro il debitore principale inadempiente (Cass. Civ. n. 27558/2023).
Pertanto, la fideiussione è inefficace, non avendo la banca convenuta promosso le sue istanze contro il debitore, nel termine di cui all’art. 1957 c.c., ove per “istanze” debbano intendersi “atti di natura giudiziale” (cfr. Cass. Civ. n. 25197/2023).
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Giudice Elisabetta Bernardel, con la sentenza n. 2453 del 14 giugno 2024.
Con atto di citazione, regolarmente notificato, il fideiussore di una società mutuataria conveniva in giudizio la banca per far accertare e dichiarare la nullità della garanzia fideiussoria dal medesimo sottoscritta, con conseguente azzeramento degli importi dovuti alla convenuta quale ipotetico fideiussore.
Il Tribunale campano, investito della vicenda, ha ritenuto la domanda attorea parzialmente fondata, qualificando il negozio di garanzia come contratto di fideiussione, non già come contratto autonomo di garanzia.
Nello schema contrattuale sottoscritto dalle parti, infatti, non veniva prevista la clausola di pagamento “senza eccezioni” salvo per quanto atteneva al momento della richiesta da parte della banca, sicché non poteva operare il principio giurisprudenziale secondo il quale “l‘inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale”.
Nello specifico, il negozio de quo è stato qualificato dal Tribunale fideiussione specifica e non omnibus, in quanto riferita al solo contratto di mutuo e non già a tutte le obbligazioni intercorrenti tra la società e la banca.
Pertanto, è stata rigettata la domanda principale volta alla declaratoria di nullità del contratto di fideiussione per riproduzione delle clausole abusive dello schema ABI, non potendo esso qualificarsi come fideiussione omnibus.
È stata invece accolta la domanda subordinata proposta dalla parte attrice, con conseguente nullità parziale del contratto di fideiussione in oggetto, ex art. 1419 c.c., in ragione della nullità della clausola derogatoria alla disciplina di cui all’art. 1957 c.c., in quanto vessatoria ai sensi dell’art. 33 Cod..
Secondo il principio di diritto già richiamato, infatti, è da considerarsi “vessatoria, ai sensi dell’art. 1469-bis c.c. (applicabile ratione temporis), la clausola del contratto di fideiussione che deroghi all’art. 1957, comma 1, c.c., in senso favorevole al creditore, dispensandolo dal rispetto del termine di sei mesi ivi previsto per far valere le proprie ragioni contro il debitore principale inadempiente (Cass. Civ. n. 27558/2023)”.
Qualificata dunque la garanzia come fideiussoria e ritenuta applicabile la disciplina del consumatore, avendo a tal fine parte attrice depositato la visura storica della società garantita, il Tribunale ha ritenuto che la clausola di cui all’art. 3 bis delle condizioni generali di fideiussione, concernente la deroga all’art. 1957 c.c., fosse nulla.
Considerato che l’atto di citazione contenente la domanda di accertamento dell’intervenuta decadenza era stato notificato il 17.10.2019, e che dalla documentazione prodotta dall’attore poteva affermarsi che l’obbligazione principale fosse scaduta in data 16.3.2019, coincidente con la dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine e richiesta di restituzione dell’intero ammontare erogato a titolo di mutuo ed interessi dalla banca, in applicazione dell’alt. 1957 c.c., la fideiussione è stata dichiarata inefficace, non avendo la banca convenuta promosso le sue istanze contro il debitore, ove per “istanze” debbano intendersi “atti di natura giudiziale” (cfr. Cass. Civ. n. 25197/2023).
In conclusione, in parziale accoglimento della domanda di parte attrice, la banca è stata dichiarata decaduta dalla possibilità di escutere la garanzia prestata, con conseguente condanna di quest’ultima al rimborso delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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