In caso di cointestazione del deposito bancario di titoli (nella specie, appartenenti a coniugi), ove non vi sia, o non sia provata, una clausola contrattuale che dia facoltà al singolo di operare separatamente sul conto, è chi invoca gli effetti dell’atto individuale di disposizione ad avere l’onere di dimostrare che esso è riferibile anche agli altri intestatari o che, comunque, costoro lo hanno approvato, trattandosi altrimenti di un atto di per sé privo della possibilità di produrre effetti.
Infatti, il disposto dell’art. 1854 c.c., riguardante il conto corrente, ma analogicamente applicabile anche ai conti di deposito titoli, considera i relativi contitolari creditori o debitori solidali dei saldi, se è prevista la facoltà per i medesimi di compiere operazioni anche separatamente, facoltà che non può essere però presunta per il sol fatto che il conto risulti intestato a più persone, anche perché il titolo per fondare una solidarietà attiva deve essere inequivocamente convenzionale e, quindi in mancanza, le singole operazioni individuali non risultano efficaci se non attuate con il consenso, che non può essere presunto, di tutti i cointestatari.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Palermo, Giudice Claudia Spig, con l’ordinanza del 20 febbraio 2024.
Il caso riguardava il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. presentato da un correntista nei confronti della banca, con il quale il medesimo esponeva di aver intrattenuto con detto istituto bancario un rapporto di conto corrente nonché un libretto di deposito a risparmio entrambi cointestati con l’allora coniuge, il primo a firma disgiunta dei titolari, il secondo, invece, a firma congiunta.
Allegava quindi come, in relazione a tale ultimo rapporto, la banca avesse consentito l’illegittimo prelievo dell’11.9.2017 dell’importo di euro 10.000,00, così come la chiusura del rapporto con contestuale prelievo dell’importo residuo di euro 92.762,36, da parte della cointestataria.
L’istituto bancario non aveva peraltro ottemperato alle diverse richieste di consegna ex art. 119 TUB della documentazione contrattuale, rendendo necessario il deposito del ricorso per decreto ingiuntivo al fine di poter verificare le pattuizioni negoziali in ordine al potere di firma sul rapporto indicato.
Domandava quindi la condanna della banca convenuta al risarcimento del danno causato dalla condotta inadempiente rispetto alle previsioni contrattuali, da determinarsi nella misura di euro 51.381,18, pari alla metà delle somme illegittimamente prelevate dalla cointestataria del rapporto, oltre interessi legali e rivalutazione sino al soddisfo.
Si costituiva la banca allegando, nel merito, che la previsione contrattuale dovesse essere intesa nel senso del conferimento della facoltà di firma disgiunta e che, pertanto, non vi era stato alcun inadempimento contrattuale, non avendo peraltro la banca alcun potere di verificare sugli atti dispositivi compiuti dai titolari del conto, rilevando tali vicende solo nei rapporti interni tra gli stessi.
Domandava poi la chiamata in giudizio della cointestataria del conto, ex coniuge del ricorrente, al fine di essere tenuta indenne in ipotesi di pronuncia di condanna, la quale si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea.
Il Tribunale siciliano, chiamato a pronunciarsi sulla vicenda, ha rilevato come “In caso di cointestazione del deposito bancario di titoli (nella specie, appartenenti a coniugi), ove non vi sia, o non sia provata, una clausola contrattuale che dia facoltà al singolo di operare separatamente sul conto, è chi invoca gli effetti dell’atto individuale di disposizione ad avere l’onere di dimostrare che esso è riferibile anche agli altri intestatari o che, comunque, costoro lo hanno approvato, trattandosi altrimenti di un atto di per sé privo della possibilità di produrre effetti; infatti, il disposto dell’art. 1854 c.c., riguardante il conto corrente, ma analogicamente applicabile anche ai conti di deposito titoli, considera i relativi contitolari creditori o debitori solidali dei saldi, se è prevista la facoltà per i medesimi di compiere operazioni anche separatamente, facoltà che non può essere però presunta per il sol fatto che il conto risulti intestato a più persone, anche perché il titolo per fondare una solidarietà attiva deve essere inequivocamente convenzionale e quindi, in mancanza, le singole operazioni individuali non risultano efficaci se non attuate con il consenso, che non può essere presunto, di tutti i cointestatari (cfr. Cass. 16671/2012)”.
Ciò posto nel caso di specie la clausola contenuta nel contratto di deposito oggetto di lite non risultava prevedere la facoltà di firma disgiunta.
L’art. 5 delle condizioni generali del contratto stabiliva infatti che era ammessa “l’intestazione del libretto nominativo a più persone, anche con facoltà per ciascuna di compiere operazioni separatamente”.
La disposizione, interpretata secondo i canoni di cui agli art. 1362 c.c. e ss., doveva intendersi nel senso che era possibile la cointestazione del libretto e “anche” la facoltà di prevedere il potere di compiere operazioni separatamente.
Lo specifico inserimento della congiunzione “anche” aveva infatti la finalità di consentire alle parti qualcosa di ulteriore rispetto alla sola possibilità di cointestazione prevista dalla proposizione principale, che è appunto quella di attribuire l’ulteriore facoltà della firma disgiunta.
Doveva quindi ritenersi che le condizioni generali di contratto non avessero previsto un disgiunto potere di firma da parte dei contitolari del rapporto.
La circostanza che nei fatti le parti avessero disgiuntamente operato sul libretto non valeva poi a far assurgere tale evento a pattuizione negoziale, in mancanza di una specifica previsione contrattuale.
Non risultava invece fondata la tesi secondo la quale il ricorrente avrebbe comunque assentito gli atti di prelievo posti in essere dalla terza chiamata.
Ed invero la circostanza che le somme oggetto del prelievo del gennaio 2018 fossero state versate sul conto intestato alla ex coniuge, e sul quale il ricorrente avrebbe avuto la delega ad operare sino al luglio 2019, non valeva infatti a dimostrare che egli avesse prestato il consenso al prelievo.
Non vi era infatti prova che egli avesse appreso del prelievo e del successivo versamento sul conto indicato (o che avesse esercitato il potere dispositivo conferitogli nel breve lasso temporale nel quale era destinatario della delega a disporre), per poter ricondurre qualche effetto negoziale alla mancata attivazione per contestare l’operazione in precedenza compiuta.
Doveva quindi ritenersi che l’istituto bancario, consentendo il prelievo e poi la chiusura del rapporto da parte di una sola cointestataria, aveva violato le regole contrattuali rendendosi inadempiente nei confronti dell’altro cointestatario che tali atti dispositivi non aveva compiuto.
La banca è stata condannata quindi al pagamento della somma di 35.717,85 euro, oltre interessi legali dalla presente sentenza sino al soddisfo, ma è stata poi tenuta indenne dalla terza chiamata per la medesima somma.
E’ stata accolta infatti la domanda spiegata ex art. 2043 c.c. dalla banca convenuta nei confronti della terza chiamata, -da qualificarsi come chiamata in garanzia impropria perché fondata su titolo diverso da quello dedotto dall’attore-, essendosi la stessa appropriata di somme -anche- di titolarità del cointestatario del conto.
Pertanto, la cointestataria è stata condannata a tenere indenne la banca di quanto quest’ultima era tenuta a versare in favore del ricorrete in esecuzione della sentenza in commento, con compensazione delle spese di lite a causa della formulazione della clausola contenuta nel contratto di deposito, che si prestava alle due diverse interpretazioni offerte dalle parti.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CONTO-CORRENTE: IN CASO DI CONTITOLARITÀ VIGE UNA PRESUNZIONE DI UGUAGLIANZA DELLE QUOTE
L’ONERE DELLA PROVA È A CARICO DI CHI VOGLIA CONTESTARLA
Sentenza | Tribunale di Roma, Sez VIII civ., Giudice Maria Lucarelli | 28.05.2021 | n.9420
CONTO CORRENTE: LA COINTESTAZIONE NON COMPORTA LA CESSIONE DEL CREDITO
PER DIVENTARE CONTITOLARE SOSTANZIALE OCCORRE UNA CESSIONE O UNA DONAZIONE
Ordinanza | Corte di Cassazione, Sez. Terza, Pres. Armano –Rel. Gianniti | 03.09.2019 | n.21963
CONTO COINTESTATO A FIRMA DISGIUNTA: OGNI CONTITOLARE È SOLIDALMENTE RESPONSABILE NEI CONFRONTI DELLA BANCA
NON RILEVA CHE L’ESPOSIZIONE DEBITORIA DISCENDA DAL FINANZIAMENTO ACCORDATO IN FAVORE DI UNO SOLO DI ESSI
Sentenza | Cassazione civile, sez. prima, Pres. Ambrosio – Rel. Falabella | 07.04.2017 | n.9063
LA COINTESTAZIONE DI UN CONTO CORRENTE NON CONFIGURA UNA DONAZIONE INDIRETTA
LA DOPPIA FIRMA ALL’APERTURA DI UN CONTO CORRENTE NON È SUFFICIENTE AL PERFEZIONAMENTO DI UNA DONAZIONE INDIRETTA
Sentenza | Cassazione civile, sezione seconda | 16.01.2014 | n.809
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