Circa il potere del giudice dell’impugnazione di rilevare d’ufficio la questione pregiudiziale di rito non rilevata nel precedente grado, nel quale la domanda è stata rigettata nel merito, ed in mancanza di impugnazione incidentale della parte vittoriosa, vi sono contrasti giurisprudenziali. Al problema della portata invalidante o non della violazione dell’ordine delle questioni si collega, poi, quello del se il principio della ragione più liquida coinvolga non solo le questioni di merito, ma anche quelle di rito. Per la risoluzione della questione di diritto il ricorso va rimesso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Travaglino- Rel. Scoditti, con l’ordinanza n. 17925 del 28 giugno 2024.
Il caso originava dalla richiesta di risarcimento danni formulata dalla ricorrente verso la società convenuta innanzi al Tribunale di Venezia.
L’attrice esponeva che la convenuta aveva chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, nei suoi confronti per l’importo di Euro 350.000,00, omettendo di menzionare la pendenza del giudizio di cognizione ordinaria per il medesimo credito (corrispondente alla restituzione dell’acconto versato in relazione al preliminare di compravendita stipulato fra le parti), ed aveva quindi trascritto il pignoramento, senza prestare il consenso alla cancellazione nonostante la previa sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo.
Il processo esecutivo era stato dichiarato estinto con ordinanza del 24 luglio 2012 a seguito dell’opposizione proposta dall’attrice. La convenuta aveva altresì chiesto ed ottenuto in data 12 ottobre 2012 il sequestro conservativo di un terreno edificabile, promesso in vendita ad altra società con collegato appalto per l’importo di Euro 2.214.000,00, omettendo di comunicare al Tribunale che l’asserito credito di Euro 350.000,00 era già garantito dal pignoramento immobiliare eseguito nei confronti del fideiussore. Era stato inoltre risolto il preliminare di vendita, per il prezzo di Euro 396.374,10, a causa dell’esecuzione del pignoramento sugli immobili che ne erano oggetto ed inoltre la società promissaria acquirente, in data 20 febbraio 2013, si era avvalsa della clausola risolutiva espressa ai fini della risoluzione del contratto per la presenza della trascrizione pregiudizievole.
Il Tribunale adito rigettava la domanda, sulla base di due rationes decidendi: le azioni intraprese non erano abusive, avendo il creditore la facoltà di avvalersi anche congiuntamente di tutti i mezzi ordinari, sommari e cautelari previsti dall’ordinamento; i danni erano causalmente riconducibili al comportamento dell’attrice, che aveva stipulato “in maniera frettolosa ed incauta” il preliminare di vendita ed il contratto di appalto.
Avverso detta sentenza proponeva appello principale l’attrice ed appello incidentale, avente ad oggetto la nullità della notificazione della citazione, la convenuta.
Con sentenza, datata 19 novembre 2019, la Corte d’appello di Roma rigettava entrambi gli appelli.
L’attrice proponeva ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi e la parte intimata resisteva con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria veniva disposto il rinvio a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite, a seguito della quale veniva nuovamente fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
Con il primo motivo il ricorrente denunciava violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 324 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., osservando che, essendo stata implicitamente rigettata l’eccezione di inammissibilità della domanda risarcitoria, di cui le parti avevano dibattuto in sede di comparsa conclusionale e di memoria di replica, si era formato il giudicato interno sull’ammissibilità della domanda per la mancata proposizione di appello incidentale.
Per la questione di diritto posta da tale motivo di ricorso- ossia il potere del giudice dell’impugnazione di rilevare d’ufficio la questione pregiudiziale di rito non rilevata nel precedente grado, nel quale la domanda era stata rigettata nel merito, ed in mancanza di impugnazione incidentale della parte vittoriosa- veniva disposta l’assegnazione alle Sezioni Unite essendo la medesima già stata decisa in senso difforme dalle sezioni semplici.
In particolare, la Suprema Corte nella sentenza in commento ha evidenziato la sussistenza di due diversi indirizzi interpretativi.
Secondo un primo indirizzo, una pronuncia di primo grado che, senza affermare espressamente l’ammissibilità di una domanda riconvenzionale, rigetti la stessa per ragioni di merito, non implica alcuna statuizione implicita sull’ammissibilità di tale domanda, destinata a passare in giudicato se non specificamente impugnata. Ne consegue che, in tale ipotesi, il giudice di secondo grado, investito dell’appello principale della parte rimasta soccombente sul merito, conserva – pur in assenza di appello incidentale, sul punto, della parte rimasta vittoriosa sul merito – il potere, e quindi il dovere, di rilevare d’ufficio l’inammissibilità di detta domanda e l’omissione di tale rilievo è censurabile in cassazione come “error in procedendo” (Cass. n. 7941 del 2020 cui è conforme Cass. n. 25934 del 2022; si vedano anche Cass. n. 10641 del 2023 e n. 10361del 2022).
Secondo un altro indirizzo, invece, la pronuncia d’ufficio del giudice di primo grado su una questione processuale per la quale è prescritto un termine di decadenza o il compimento di una determinata attività – in difetto di espressa previsione normativa della rilevabilità “in ogni stato e grado” ed escluse le ipotesi di vizi talmente gravi da pregiudicare interessi di rilievo costituzionale – deve avvenire entro il grado di giudizio nel quale essa si è manifestata; qualora il giudice di primo grado abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di pronunciare d’ufficio sulla questione, resta precluso l’esercizio del potere di rilievo d’ufficio sulla stessa, per la prima volta, tanto al giudice di appello quanto a quello di cassazione, ove non sia stata oggetto di impugnazione o non sia stata ritualmente riproposta, essendosi formato un giudicato implicito interno in applicazione del principio di conversione delle ragioni di nullità della sentenza in motivi di gravame previsto dall’art. 161 c.p.c. (Cass. n. 6762 del 2021, relativa al rilievo del carattere tardivo ex art. 167 c.p.c. dell’eccezione di inadempimento sollevata in primo grado dal convenuto; conformi Cass. n. 20315 del 2021, n. 26850 del 2022 e n. 3352 del 2024).
Questa difformità netta di orientamenti, ha precisato la Suprema Corte, ha lasciato le sue tracce anche a livello delle motivazioni dei provvedimenti delle Sezioni Unite, dove si sono riscontrate talune discordanze sul piano degli obiter dicta in relazione alla collegata questione della rilevanza dell’ordine delle questioni (di rito e di merito). Da una parte Cass. sez. U. n. 11799 del 2017, secondo cui la violazione di tale ordine impone la reazione della parte con l’impugnazione, dall’altra Cass. Sez. U. n. 7940 del 2019, secondo cui la questione pregiudiziale di rito, non oggetto di decisione, resta rilevabile nel grado successivo pur in mancanza di gravame (e già Cass. Sez. U. n. 25906 del 2017 aveva escluso la formazione di un giudicato interno sulla questione, tale da precludere la rilevabilità d’ufficio).
Gli Ermellini hanno osservato poi che al problema della portata invalidante o non della violazione dell’ordine delle questioni si collegava quello del se il principio della ragione più liquida coinvolgesse non solo le questioni di merito, ma anche quelle di rito (su cui, peraltro, va tenuto presente l’arresto di Cass. Sez. U. n. 26242 del 2014 in materia di nullità negoziali).
Per le ragioni supra esposte, per la risoluzione della questione di diritto alla base del primo motivo, è stato rimesso il ricorso alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
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