In tema di procedure di ristrutturazione dei debiti del consumatore, nell’attuale normativa del Codice della Crisi, soltanto apparentemente il Legislatore ha abbandonato il criterio della “meritevolezza” – che costituiva e in sostanza costituisce ancora la contropartita dell’assenza del voto da parte dei creditori – risultando, per contro, predicabile – diversamente da quanto ritenuto in qualche pronunzia di merito – che tale criterio sopravvive interamente da un punto di vista concettuale nell’attuale impianto normativo, sebbene coniugato in termini diversi rispetto nella pregressa disciplina. Ed infatti, non si può ritenere che il requisito in parola sia del tutto dissimile da quello, effettivamente più elastico, della colpa grave del debitore nella determinazione del sovraindebitamento, cui fa riferimento, unitamente alla “malafede o frode”, l’art. 69 comma 1.
L’attuale disciplina non è affatto sganciata dal prerequisito della responsabilità economica e finanziaria che deve animare i soggetti che fanno ricorso alla procedura di sovraindebitamento, istituto che continua a essere considerato in ogni caso come “strumento eccezionale”, alternativo alla liquidazione controllata e riservato a quei soggetti che hanno tenuto condotta non disordinata, caotica e seriale nella formazione del debito, concetto che si avvicina molto alla nozione di meritevolezza di cui alla pregressa normativa.
Così si è pronunciata la Corte d’Appello di Napoli, Pres. Rel. Caterina Molfino, con sentenza del 15 marzo 2024 n. 1167, accogliendo il reclamo formulato da un intermediario finanziario, avverso la sentenza che aveva disposto l’omologa di un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (“nuovo rito” ex CCI).
L’articolata motivazione della sentenza in commento compendia, con ampio excursus, il contesto normativo risultante dalle innovazioni del Codice della Crisi in tema di ristrutturazione dei debiti del consumatore, soprattutto in riferimento ai mutati requisiti soggettivi ed al passaggio dalla nozione di “meritevolezza” a quella di assenza di “colpa grave”, già mutuata dai decreti correttivi alla vecchia Legge sul Sovraindebitamento.
La Corte ridefinisce, altresì, i confini del controllo giurisdizionale, individua la ripartizione degli oneri probatori ed elimina ogni indebita interferenza tra la condotta del consumatore (da valutarsi, “a monte”, per l’ammissibilità del Piano) e quella dei creditori in sede di valutazione del “merito creditizio” (da valutarsi, solo “a valle”, per eventuali sanzioni processuali).
La vicenda processuale trae origine dal reclamo promosso da un Intermediario Finanziario avverso la sentenza di omologazione di un Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore, in cui il Tribunale, aderendo “acriticamente” aulle lacunose valutazioni del Gestore della Crisi (“OCC”), aveva ritenuto la debitrice “diligente”, non prendendo in considerazione tutti gli elementi sintomatici rivelatori della colpa grave della consumatrice ed aveva ritenuto ammissibile il piano di ristrutturazione dei suoi debiti ribaltando la situazione processuale e assegnando valore pregiudiziale, senza adeguata motivazione, alla pretesa violazione del merito creditizio da parte del finanziatore.
Nel valutare positivamente il reclamo, la Corte d’Appello ha esplicitato, con ampia motivazione, le ragioni per le quali il Legislatore non abbia voluto abbandonare il controllo di “meritevolezza”, a dispetto di quanto sostenuto in qualche pronuncia di merito – come quella reclamata – fondata su un’analisi superficiale del mutato contesto normativo, in cui la nozione di consumatore meritevole è stata sostituita – in senso ostativo all’omologazione del Piano – da quella di consumatore che «ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode».
Come anticipato in massima, secondo la Corte partenopea, il concetto di «meritevolezza » sopravvive interamente da un punto di vista concettuale nell’attuale impianto normativo, sebbene coniugato in termini diversi rispetto nella pregressa disciplina, non potendosi ritenere del tutto dissimile da quello, effettivamente più elastico, della colpa grave del debitore nella determinazione del sovraindebitamento, cui fa riferimento, unitamente alla “malafede o frode”, l’art. 69 comma 1.
Ecco gli argomenti che depongono a favore della omogeneità concettuale delle due figure (meritevolezza ed assenza di colpa grave):
- la disciplina codicistica odierna, tesa ad operare un corretto bilanciamento tra i benefici offerti al debitore consumatore ed il sacrificio imposto ai suoi creditori – come la falcidia dei finanziamenti garantiti da 1/5 dello stipendio o pensione, la possibilità di conservare il mutuo dell’abitazione principale e di avviare procedure di sovraindebitamento di origine familiare ( art. 66) – ha recuperato il concetto di “meritevolezza” del debitore non solo attraverso il contenuto del primo comma dell’art. 69 ma attraverso la stessa definizione di “crisi” approntata dall’art. 2 comma 1 lett. a) e lo ha affidato all’indagine del giudice che, tenendo conto della richiamata definizione, deve operare un equilibrato raffronto tra la condotta del debitore ( art. 69 comma 1) e l’accertamento del rispetto del merito creditizio da parte del creditore/finanziatore ( art. 69 comma 2, la cui introduzione si deve al richiamato D.Lgs. n. 147/2020). Si ricorda che la violazione della regola – ricalcata sul richiamo all’art. 124 bis T.U.B. – può penalizzare l’operatore finanziario che abbia concesso credito senza l’opportuna verifica della capacità di restituzione del debito nel rispetto della conservazione di un livello di vita dignitoso del debitore, il cui standard è agganciato al parametro dell’assegno sociale moltiplicato per i coefficienti indicati dalla scala di equivalenza ISEE in rapporto al numero dei componenti della famiglia;
- il CCII, nel disciplinare le soluzioni della crisi da sovraindebitamento, si propone prima di tutto di prevenire la crisi stessa attraverso l’adozione tempestiva di misure per farvi fronte, con ciò facendo intendere la sopravvivenza del criterio della meritevolezza del debitore, pur esplicitata in termini di assenza di “colpa grave”, poiché non può dubitarsi del fatto che la misura della meritevolezza è l’altra faccia della stessa medaglia sulla quale è inciso il concetto di colpa. In altre parole, intanto il soggetto meritevole ha diritto ai benefici riconosciuti dai commi 3-4-5 dell’art. 67 in quanto egli reagisca diligentemente ai primi sintomi di crisi (che anche per il consumatore si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi finanziari a far fronte alle obbligazioni programmate indicata all’articolo 2, comma 1, lett. a) CCII) adottando tutte le misure necessarie a farvi fronte;
- la richiamata definizione di “crisi” fa emergere il fatto che anche la nozione stessa di sovraindebitamento risulta modificata dal CCII in quanto si è allontanata dalla dimensione patrimoniale utilizzata dalla L. 3/2012 per virare verso il concetto dinamico di squilibrio economico, di crisi finanziaria, che si trova descritto nell’articolo 2, comma 1, lettera a) del CCII;
- il gestore della crisi ha ampia facoltà di indagine sulle cause della crisi, sulla diligenza del debitore nell’assumere le obbligazioni e sulle ragioni che hanno impedito al consumatore di farvi fronte, essendo tenuto ad offrire al giudice la relazione “particolareggiata” di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 68, dove l’aggettivazione vale a qualificare la relazione. Non può negarsi che con la relazione de qua, l’OCC dovrà raccogliere proprio quegli elementi che saranno utili al giudice per misurare il livello della colpa nel momento in cui il consumatore ha assunto le obbligazioni;
- tra i documenti che il debitore deve allegare alla domanda non è più presente l’elenco degli atti dispositivi nel quinquennio, previsto dalla disciplina precedente, sostituito dall’elenco degli “atti di straordinaria amministrazione”, espressione cui non può attribuirsi altro significato che quello già presente nella pregressa normativa, che è quello di atti capaci di provocare il rischio di alterazione del patrimonio. Essi devono essere attentamente valutati dal gestore della crisi per comprendere (e illustrare al giudice) se il consumatore quando ha contratto il debito fosse nella condizione di restituirlo, accertamento che attinge ancora all’area della “meritevolezza”;
- se la normativa attuale si propone (all’art. 67) l’obbiettivo ambizioso di rimettere il debitore nella condizione di precrisi – come è evidente dal fatto che il “consumatore può proporre un piano che indichi tempi e modalità per superare la crisi” prevedendo “il soddisfacimento dei crediti in qualsiasi forma” – deve ritenersi che con tale ripristino egli dovrà essere in grado di programmare le proprie obbligazioni finanziarie con un orizzonte temporale di media lunghezza (cd. fresh start, concetto che attinge alla tradizione anglosassone funzionale al ripristino del consumo ); ebbene, questo obbiettivo della legge chiarisce ulteriormente il perimetro della valutazione della colpa del debitore (e richiama in sostanza il principio di meritevolezza) in quanto, sebbene esso sia rivolto al futuro, costituisce un obiettivo che solo il debitore esente da colpa grave, intesa come espressione di totale disordine finanziario, sarà in grado di raggiungere, mentre tale obiettivo non sarà raggiungibile da chi ha fatto ricorso agli strumenti di soluzione della crisi dopo avere ampliato in modo scriteriato e con condotte seriali il proprio debito (spesso di natura anche fiscale), mostrando scarsa sensibilità verso gli obblighi di collaborazione sociale che impongono in primis di non pregiudicare i diritti dei creditori (articolo 4, comma 2, CCII);
- quanto all’obbiettivo del soddisfacimento dei creditori, esso non potrà essere rappresentato da ristori puramente simbolici, come ricordato in proposito in una recente pronuncia della S.C. (Cass. n. 28013/2022) con riferimento a un caso di sovraindebitamento del consumatore.
Sulla base dei suesposti ragionamenti, il Collegio partenopeo giunge ad affermare che:
«non può disconoscersi che anche il consumatore contemplato dal CCII – pur assistito dal favor debitoris che caratterizza la normativa – deve “meritare” l’ammissione al beneficio e, attraverso l’omologa del piano, operare per ritornare in una condizione di precrisi in cui egli possa avere il governo della propria spesa, nei limiti delle proprie attuali e concrete risorse finanziarie».
L’attuale disciplina non è affatto sganciata dal prerequisito della responsabilità economica e finanziaria che deve animare i soggetti che fanno ricorso alla procedura di sovraindebitamento, istituto che continua a essere considerato in ogni caso come “strumento eccezionale”, alternativo alla liquidazione controllata e riservato a quei soggetti che hanno tenuto condotta «non disordinata, caotica e seriale nella formazione del debito, concetto che si avvicina molto alla nozione di meritevolezza di cui alla pregressa normativa»
La Corte d’Appello pone, quindi, il focus sulla necessità, per l’interprete, di far luce sulle condotte che, tenuto conto della loro portata contenutistica, siano annoverabili tra quelle gravemente colpose, negligenti o contrarie a buona fede, idonee a escludere l’accesso del debitore sovraindebitato alla procedura.
Qui entra in gioco l’attività del giudice, «la cui indagine, ancorata ai canoni ermeneutici dettati dall’art. 116 c.p.c., non deve trascurare, alla base, il fatto che il piano del consumatore prescinde del tutto dal consenso dei creditori e può comportare un grosso sacrificio per i chirografari».
Il controllo del Giudice deve orientarsi all’individuazione di quegli «elementi sintomatici quali:
a) l’ipotesi in cui il consumatore si sia privato di risorse patrimoniali gratuitamente o a beneficio di terzi,
b) quella in cui il consumatore abbia assunto nuove obbligazioni senza considerare l’insostenibilità dell’accresciuta esposizione,
c) quella in cui emerga che – con riferimento alle primarie esigenze di vita personale e familiare – egli abbia assunto altre passività per sostenere condizioni di vita sproporzionate al proprio reddito, in tal modo allungando consapevolmente i tempi di soluzione della crisi da sovraindebitamento».
Valutando la condotta della debitrice nel caso di specie, la Corte ha valorizzato – quali indici di colpa grave:
- il ricorso reiterato al credito, senza disporre di un adeguato sistema di protezione reddituale «ignorando tutti i segnali di precrisi e determinando lo stato di crisi economica e finanziaria posto alla base dell’istanza di accesso al beneficio»;
- le abitudini rivelatorie di un tenore di vita non coerente con lo standard reddituale;
- l’assenza di documentazione atta a dimostrare la destinazione del “margine” di liquidità erogato a seguito di nuovi finanziamenti;
A questo punto, il Collegio passa ad individuare con quali strumenti il creditore possa allegare e provare la grave inosservanza dell’obbligo di diligenza da parte del debitore.
In primo luogo, devono essere valorizzati, a fini probatori, i requisiti della completezza e attendibilità del corredo documentale prodotto dal sovraindebitato, il cui controllo è affidato al gestore della crisi non senza coinvolgimento del giudice, la cui indagine è funzionale alla risoluzione di “ogni contestazione” (art. 70 comma 7).
Ed infatti, dinanzi a una documentazione lacunosa circa le cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni ovvero circa le ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte, il giudice sarebbe impossibilitato ad accertare l’esistenza anche della sola colpa lieve, figurarsi di quella grave o addirittura della malafede del sovraindebitato (concetti espressi anche in Cass. n. 13617/2023).
Da ciò deve ricavarsi che anche sul riparto degli oneri probatori la vecchia e la nuova disciplina differiscono solo nella forma, poiché, sia pure sulla base di specifiche eccezioni del creditore, è sempre il debitore a dover adeguatamente provare l’origine del proprio sovraindebitamento, sia pure nei limiti in cui tale indagine appaia necessaria per acquisire da parte del giudice un sereno giudizio sull’ammissibilità della proposta e, quindi, di probabile non colpevolezza grave o di mala fede del debitore, atteso che la presunzione di non colpevolezza concessa attualmente al debitore è sostenibile solo in positivo riscontro di una documentazione chiara, completa e attendibile.
A proposito del rapporto tra valutazione del merito creditizio e “meritevolezza”, poi, la Corte d’Appello valorizza la «condotta di ostinata ed avventata reiterazione del ricorso al credito», evidenziando come tale comportamento «[…] non può essere giustificato con richiamo ad una condizione di “sudditanza” del consumatore non avveduto al cospetto dei cd. “poteri forti” quanto, piuttosto, ad una consapevole strategia esistenziale».
Detto altrimenti: un consumatore che abbia serbato un comportamento gravemente colposo, facendo reiteratamente ricorso al credito senza disporre di un adeguato sistema di protezione reddituale, ignorando tutti i segnali di precrisi e determinando lo stato di crisi economica e finanziaria posto alla base dell’istanza di accesso al beneficio, non può dolersi di aver fatto affidamento sulle (in ipotesi) erronee valutazioni del “merito creditizio” da parte del ceto bancario, né il Giudice può “confondere” i piani di analisi, prescindendo da quel controllo di meritevolezza “a monte”, che non va condotto con canoni troppo lontani da quelli assunti sotto la “vecchia” discisplina sul sovraindebitamento.
Per i motivi spiegati, la Corte, scrutinando l’esistenza della condizione ostativa di cui all’art. 69 comma 1 (colpa grave del consumatore) ha statuito l’inammissibilità “giuridica” del piano ed ha accolto il reclamo promosso dall’Intermediario, revocando la pronuncia di omologa.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi, pubblicati in Rivista:
Decreto | Tribunale di Ascoli Piceno, Giudice dott.ssa Francesca Sirianni | 13.09.2023
LIQUIDAZIONE CONTROLLATA: non “blocca” l’esecuzione individuale del creditore fondiario
Il privilegio processuale ex art. 41 TUB si esercita anche nell’ambito della liquidazione del consumatore
Sentenza | Tribunale di Benevento, Pres. D’Orsi- Rel. Galasso | 24.11.2023 | n.57
Quando tale inadempimento è indirizzato esclusivamente verso un unico creditore
Ordinanza | Tribunale di Ivrea, Giudice Alessandro Petronzi | 01.08.2023 |
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