La responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 legge assegni (r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno – natura contrattuale al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Nocera Inferiore, Giudice Aurelia Cuomo con la sentenza n. 2787 del 27 novembre 2024.
Nel caso di specie, due clienti di un Banca hanno citato in giudizio l’istituto di credito al fine di sentir dichiarare la responsabilità di quest’ultimo per aver agito in violazione degli specifici doveri di cui all’art.43 del RD 1736/1933, pagando ad un soggetto diverso dagli effettivi beneficiari due assegni dotati di clausola di non trasferibilità e per l’effetto la condanna al pagamento dell’importo di € 77.469,00, oltre interessi e rivalutazione, in loro favore, con vittoria di spese.
Il Giudice ha ritenuto infondata la doglianza, affermando che in caso di incasso di assegno non trasferibile da parte di chi non ne sia il beneficiario, sorge una responsabilità contrattuale della Banca, la quale è portatrice di un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso.
Nel caso di specie, risultava pacifica ed incontestata l’emissione degli assegni e che le copie delle distinte di cambio dei predetti recavano in calce la sottoscrizione da parte degli attori.
In ordine all’autenticità delle firme apposte, il Tribunale ha affermato che al caso di specie trova applicazione l’ordinario principio di riparto dell’onere della prova, gravando sugli attori l’onere di dimostrare i fatti costitutivi della pretesa, ovvero, innanzitutto, che la documentazione contestata rechi effettivamente firma apocrifa, e l’onere di dimostrare la falsità della firma di traenza (qualora tale falsità sia contestata), e sulla banca, per converso, quello di provare l’efficacia liberatoria del pagamento per non essere la falsità rilevabile con l’ordinaria diligenza richiesta nell’esercizio dell’attività bancaria.
Non essendo stata raggiunta nemmeno tale prova, il Giudice ha rigettato la domanda, con condanna degli attori, in solido, al pagamento delle spese di lite in favore della Banca.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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Ordinanza | Cass. civ., Sez. I, Pres. Di Marzio – Rel. Terrusi | 16.01.2024 | n.1642
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