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La consegna dell’atto da notificare a una “persona di famiglia” ai sensi dell’art. 139, comma 2, c.p.c., non richiede necessariamente la convivenza, risultando sufficiente l’esistenza del vincolo parentale o di affinità, che giustifica una presunzione “iuris tantum” di consegna al destinatario.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. De Stefano – Rel. Valle con l’ordinanza n. 2154 del 30 gennaio 2025.
A seguito delle ferite riportate per lo scoppio di una miccia di fuochi di artificio nel corso di una festa religiosa, la danneggiata citava in giudizio il Comune, il quale, previa autorizzazione del Giudice, chiamava in causa la ditta di fuochi pirotecnici, che rimaneva contumace.
Il Tribunale condannava il Comune e la Ditta, in solido tra loro, al pagamento di oltre 7.000,00 euro in favore dell’attrice a titolo di risarcimento danni.
Il Comune proponeva appello, mentre la Ditta proponeva appello incidentale nel quale deduceva di essere stata contumace involontaria nel primo grado di giudizio, a causa della invalidità della notificazione dell’atto di chiamata in causa da parte del Comune, che era stato consegnato alla sorella della titolare della Ditta, non rientrante nel nucleo familiare, come risultava dalla documentazione depositata nel grado d’impugnazione;
A seguito dell’accoglimento dell’appello incidentale, con rimessione della causa al Tribunale, la danneggiata proponeva ricorso in Cassazione, al quale sia il Comune che la Ditta rispondevano con controricorso.
Con il primo motivo, parte ricorrente lamentava che la sentenza della Corte territoriale fosse erronea per avere ritenuto sufficiente, al fine di escludere che la notifica fosse stata ritualmente effettuata a mani della. sorella della titolare della Ditta, la documentazione, consistente nello stato di famiglia del titolare e nel registro dipendenti della Ditta.
La Suprema Corte ha ritenuto il motivo fondato, per l’inidoneità delle sole risultanze anagrafiche a vincere la presunzione di convivenza (della sorella della destinataria) risultante dalla relata di notifica dell’ufficiale giudiziario.
Gli Ermellini, in particolare, hanno affermato che “la consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia”, secondo il disposto dell’art. 139, secondo comma, c.p.c., non postula necessariamente né il solo rapporto di parentela – cui è da ritenersi equiparato quello di affinità, nè l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, a tal fine, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità il quale giustifichi la presunzione, “iuris tantum”, che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso e che resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare”.
Inoltre, ha aggiunto la Corte, incombe sul destinatario dell’atto l’onere di provare l’occasionalità della presenza della persona di famiglia che lo ha ricevuto materialmente nella casa di abitazione, non essendo invece sufficiente ad inficiare la validità della notificazione dell’atto da lui ricevuto la prova di una diversa residenza anagrafica.
La Corte ha, pertanto, accolto il primo motivo di ricorso, cassando la sentenza in relazione al motivo accolto, rinviando alla Corte di appello Napoli, in diversa composizione, al fine di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
NOTIFICA: NULLA QUANDO EFFETTUATA IN LUOGO DIVERSO DA QUELLO IN CUI RISIEDE IL DESTINATARIO
NON VI È CERTEZZA CHE LA PERSONA LEGATA DA RAPPORTI DI FAMIGLIA CON IL DESTINATARIO PROVVEDA A TRASMETTERE L’ATTO RICEVUTO
Ordinanza | Tribunale di Napoli, Giudice Maria Tuccillo | 01.04.2020 |
LA QUALITÀ DI “PERSONA DI FAMIGLIA” O DI ADDETTA ALLA CASA, ALL’UFFICIO O ALL’AZIENDA DI CHI HA RICEVUTO L’ATTO SI PRESUME “IURIS TANTUM” E RICADE SUL DESTINATARIO L’ONERE DELLA PROVA CONTRARIA
Sentenza | Cassazione civile, Sezione Tributaria | 17.12.2014 | n.26501
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