
Articolo a cura dell’Avv. Pasquale Lamacchia, del foro di Foggia
In materia di procedimento esecutivo, in caso di mancanza o inefficacia, parziale o totale, del titolo (ipotesi che comprende anche quella in cui risulti dagli atti il pagamento integrale o parziale del credito portato dal titolo e dei relativi accessori), il giudice dell’esecuzione ha dunque il potere/dovere di procedere all’assegnazione in favore del creditore solo degli importi effettivamente dovuti e, nel caso in cui risulti che il creditore è già stato integralmente soddisfatto, non deve ovviamente assegnare alcunché, ma dichiarare l’esecuzione non più proseguibile per difetto di valido titolo esecutivo.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Arezzo, Giudice Federico Pani, con l’ordinanza del 3 febbraio 2025.
IL CONTESTO DEL CASO
Il procedimento ha avuto inizio nel 2016, quando un soggetto bancario ha avviato un pignoramento immobiliare. Tuttavia, la parte esecutata ha contestato la legittimità di tale azione, sostenendo che il pignoramento fosse promosso da un soggetto non più titolare del credito, poiché il credito era stato precedentemente ceduto a un’altra entità. Questa contestazione ha portato a una lunga battaglia legale, culminata nell’ordinanza del Tribunale di Arezzo del 3 febbraio 2025.
L’opponente ha presentato due principali argomentazioni:
- Assenza di titolarità del credito: Il credito era stato ceduto prima dell’avvio del pignoramento, rendendo quest’ultimo nullo e invalidando tutti gli atti esecutivi conseguenti.
- Contemplatio domini mancata: L’atto di pignoramento non menzionava il cessionario del
credito, impedendo il riconoscimento dell’azione esecutiva in nome e per conto del cessionario. In particolare nel ricorso ex art. 617 cpc, l’opponente ha eccepito l’inesistenza giuridica della nota di trascrizione del pignoramento poiché il soggetto a favore ivi indicato risultava diverso dall’effettivo titolare del credito per cui era stata incardinata la procedura esecutiva immobiliare.
In sostanza, il pignoramento trascritto a favore della procuratrice della società creditrice, oltre a non rappresentare in maniera inequivocabilmente corretta, agli occhi di terzi, l’effettivo rapporto giuridico sottostante, non risultava idoneo ad espletare l’effetto di garanzia riconosciuto al creditore pignorante dal sistema normativo vigente, e su tale aspetto si fondava l’eccezione di nullità dell’atto di pignoramento sollevata dall’opponente.
I creditori hanno sostenuto la tardività dell’opposizione, affermando che le stesse doglianze erano già state esaminate in precedenza e che il vizio lamentato fosse una mera irregolarità senza reali risvolti. Tuttavia, il giudice ha ritenuto che tali eccezioni non fossero fondate, accogliendo le argomentazioni dell’opponente.
DECISIONE DEL GIUDICE
Il giudice delle esecuzioni immobiliari ha emesso una decisione articolata e approfondita che ha stabilito quanto segue:
– Nullità del pignoramento: Il giudice ha riconosciuto che il soggetto promotore non fosse titolare del credito al momento del pignoramento, rendendo nullo l’atto e tutti gli atti esecutivi successivi.
– Rilevanza del vizio formale: L’omessa menzione del nome del cessionario nell’atto di pignoramento ha reso giuridicamente inesistente l’azione esecutiva.
– Sospensione del processo esecutivo: Il giudice ha disposto la sospensione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 624 c.p.c. sul presupposto che “qualora sia rilevata la carenza di legittimazione attiva, così come quando viene rilevata l’inesistenza o nullità di un titolo esecutivo o del credito sottostante, il giudice deve pronunciare l’improseguibilità o l’improcedibilità o comunque la chiusura anticipata del giudizio esecutivo, ipotesi atipica di estinzione del processo esecutivo (si veda, oltre a Cass. 2043/2017 già citatà, che ha confermato la statuizione di improseguibilità in un caso di carenza di legittimazione passiva, anche Cass. 11241/2022)”.
Il giudice ha sottolineato l’importanza della legittimazione processuale nel contesto delle esecuzioni immobiliari. In particolare, ha evidenziato che il soggetto promotore non avesse la titolarità del credito al momento del pignoramento, poiché il credito era stato ceduto prima. Questa carenza di titolarità ha reso nullo l’atto di pignoramento e tutti gli atti successivi.
Inoltre, il giudice ha rimarcato che l’omessa contemplatio domini nell’atto di pignoramento non costituisce una mera irregolarità formale, bensì un vizio sostanziale che impedisce di riconoscere l’azione esecutiva come promossa in nome e per conto del cessionario del credito. Tale mancanza ha reso giuridicamente inesistente l’azione esecutiva.
La decisione del giudice si allinea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in particolare con la sentenza n. 29902/2024, la quale ha stabilito che la titolarità del credito è una condizione imprescindibile per la validità del processo esecutivo. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di rilevare d’ufficio la legittimazione attiva del procedente e di trarre le conseguenze dalla mancanza di tale condizione. La massima della suddetta sentenza recita: “Nell’intimazione manca del tutto qualunque elemento che possa intendersi come un richiamo ad una siffatta delega ovvero come spendita del nome dell’ente delegante (o rappresentato) …”
Questa ordinanza rappresenta una vittoria significativa e crea un importante precedente giuridico in materia di esecuzioni immobiliari. La sentenza rafforza l’importanza della legittimazione processuale e della titolarità del credito nel contesto delle azioni esecutive, ribadendo che i vizi relativi a tali aspetti possono essere rilevati in qualsiasi momento, indipendentemente dalle decadenze procedurali.
La parte opponente ha dimostrato una solida capacità di difesa, ottenendo un risultato che avrà ripercussioni positive anche per altri soggetti in situazioni analoghe.
L’ordinanza del Tribunale di Arezzo del 3 febbraio 2025 evidenzia come la corretta legittimazione processuale e la titolarità del credito siano aspetti fondamentali per la validità di un’azione esecutiva. Questo caso sottolinea l’importanza della precisione formale e sostanziale negli atti giuridici e rafforza la tutela dei diritti dei debitori, garantendo che solo i creditori legittimati possano promuovere azioni esecutive.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
L’ERRORE DELLA OMESSA INDICAZIONE DELLE QUOTE PUÒ ESSERE SANATO DALLA NOTA DI TRASCRIZIONE
Sentenza | Tribunale di Lecce, Pres. Silvestrini – Rel. Maggiore | 02.11.2020 | n.2432
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