
In tema di indebito bancario, non può avere valenza interruttiva della prescrizione dell’azione di ripetizione la missiva di richiesta documentale ex art. 119 TUB ove non contenga espressamente una richiesta di pagamento.
Infatti, perché un atto abbia efficacia interruttiva della prescrizione, ai sensi dell’art. 2943, quarto comma, c.c., deve presentare un elemento soggettivo, costituito dalla chiara indicazione del soggetto obbligato, ed un elemento oggettivo, consistente nell’esplicitazione di una pretesa e nella intimazione o richiesta scritta di adempimento idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora; la richiesta di pagamento produce l’interruzione della prescrizione ad effetto istantaneo, pertanto non è ammissibile che l’effetto interruttivo sia riconducibile ad una pluralità di atti, succedutisi nel tempo, dal complesso dei quali possa ricavarsi la volontà dell’interessato di far valere il proprio diritto, in quanto, se la singola intimazione non è idonea a costituire in mora l’obbligato, l’effetto interruttivo non si verifica affatto; ne consegue che non produce alcun effetto interruttivo un atto, astrattamente valido ai fini della interruzione della prescrizione, ove lo stesso intervenga quando si è già verificata l’estinzione del diritto per mancato esercizio dello stesso nel tempo indicato dalla legge.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Napoli, Giudice Maria Carolina De Falco, con la sentenza n. 4147 del 28.04.2025.
Il provvedimento è stato emesso a definizione del giudizio promosso da una correntista nei confronti della Banca, con il quale dopo aver dedotto di essere intestataria sin dal 1997 di un conto corrente presso l’istituto convenuto, lamentava l’indebita applicazione, da parte della Banca, di interessi ultralegali non concordati, usurari, anatocistici, CMS, e variati senza il proprio consenso per tutto il corso del rapporto, e che erano stati applicati costi non concordati previamente, chiedendo, pertanto, che il Tribunale condannasse la Banca alla restituzione delle somme indebitamente trattenute.
Il giudice ha ritenuto che non può avere valenza interruttiva della prescrizione la missiva di richiesta documentale ex art. 119 TUB di cui all’allegato n. 1 di parte attrice (che non reca per vero prova dell’invio e della ricezione della banca) ricevuta per ammissione della banca ( missiva di riscontro del 03.09.19: cfr. pag. 3 allegato n.1 alla citazione) in data 01.08.19 in considerazione del fatto che essa non contiene espressamente una richiesta di pagamento ( “…le Vostre scritture contabili andranno corrette con esclusione di ogni addebito illegittimo e con la restituzione in favore della mia assistita di tutte le somme che risulteranno a suo credito che ad oggi non ci è possibile quantificare…ci riserviamo una quantificazione più precisa degli addebiti suddetti..” ), nonostante la formula di stile “.. per i quali in ogni caso, la presente vale a metterVi formalmente in mora”.
Per tale ragione il diritto del cliente è stato ritenuto prescritto.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
È SUFFICIENTE LA MERA DICHIARAZIONE DI VOLER PROFITTARE DELL’INERZIA DEL TITOLARE DEL DIRITTO
Sentenza | Corte di Appello di Reggio Calabria, Pres-Rel. Crucitti | 05.07.2024 | n.487
L’ONERE DI ALLEGAZIONE IN CAPO ALLA BANCA È SODDISFATTO CON L’AFFERMAZIONE DELL’INERZIA DEL TITOLARE DEL DIRITTO
Sentenza | Cassazione civile, Sez. Unite, Pres. Tirelli – Rel. Sambito | 13.06.2019 | n.15895
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