La progressione dell’ammortamento cd. “alla francese”, discendente dalla rata costante indicata nel contratto, non provoca alcun fenomeno anatocistico nel conteggio degli interessi contenuti in ogni singola rata e il mutuatario non è più esposto ad alcuna variazione del tasso d’interesse.
Difatti, una volta che le parti hanno raggiunto l’accordo sulla somma mutuata, sui tassi degli interessi corrispettivi e moratori, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali: il rimborso di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo tasso e con un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo.
La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Dott. Fausto Basile, con la sentenza del’11.01.2016.
Nel caso in oggetto, una società correntista conveniva in giudizio la Banca per sentirla condannare alla restituzione delle somme indebitamente riscosse in ragione dell’applicazione di interessi anatocistici, della commissione di massimo scoperto e della capitalizzazione trimestrale fino al superamento del tasso soglia antiusura, nell’ambito di alcuni rapporti bancari di conto corrente e due contratti di finanziamento, per i quali era stato previsto un meccanismo di rimborso secondo il metodo “alla francese”.
La Banca si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto di tutte le domande in quanto infondate in fatto ed in diritto e comunque asseritamente inammissibili, improcedibili ed infondate.
Il Tribunale di Roma rilevava che parte attrice non aveva fornito la prova dei fatti costitutivi delle proprie pretese, come stabilito dall’art. 2697, comma 1, c.c., omettendo di produrre in giudizio i contratti di apertura dei conti correnti e delle aperture di credito contestati.
Il Giudice laziale osservava che in difetto della predetta produzione documentale, non era possibile verificare l’usurarietà, o meno, degli interessi applicati, l’illegittimità dell’applicazione della cms e la violazione del divieto di anatocismo.
In particolare, in punto di anatocismo, osservava che gli estratti conto prodotti in giudizio erano successivi alla delibera CICR del 2000 che consente l’applicazione di interessi passivi purché a condizione di pariteticità e con pari periodicità, sia per gli interessi attivi, che passivi.
Invero, il Tribunale, a fronte delle lacune probatorie della parte istante, dichiarava inammissibile la domanda formulata di CTU contabile, in considerazione della finalità meramente esplorativa di quest’ultima e richiamava in proposito il principio ormai consolidato nella giurisprudenza maggioritaria, secondo cui la consulenza tecnica d’ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze.
Infine, dichiarava l’infondatezza dell’eccezione secondo cui il rimborso dei finanziamenti chirografari, essendo stati calcolati gli interessi con il metodo alla francese, sarebbe stato in contrasto con il divieto di anatocismo.
Il Giudice di prime cure chiariva che nel piano di ammortamento alla francese, il mutuatario provvede a versare periodicamente, all’istituto mutuante, delle rate costanti nel loro importo, ma non nella loro composizione: ad essere uguale non è la quota capitale, ma la rata, atteso che con le prime rate si versa una maggiore quota di interessi ed una minore quota di capitale e con il tempo la quota di interessi decresce e si incrementa quella di capitale.
In altri termini, la progressione dell’ammortamento cd. “alla francese”, discendente dalla rata costante indicata nel contratto, non provoca alcun fenomeno anatocistico nel conteggio degli interessi contenuti in ogni singola rata e il mutuatario non è più esposto ad alcuna variazione del tasso d’interesse.
Difatti, una volta che le parti hanno raggiunto l’accordo sulla somma mutuata, sui tassi degli interessi corrispettivi e moratori, sulla durata del prestito e sui rimborso mediante un numero predefinito di rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali.
Alla luce di quanto esposto, il Tribunale rigettava la domanda, condannando la società attrice al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
MUTUO: nessuna capitalizzazione in caso del piano di ammortamento alla francese
Per legge il pagamento fatto in conto di capitale e d’interessi deve essere imputato prima agli interessi
Sentenza | Tribunale di Lucca, dott. Michele Fornaciari | 26.02.2016 |
AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE: non è un metodo di calcolo di interessi anatocistico o usurario
Ecco le differenze tra il piano alla francese con quello italiano
Sentenza | Tribunale di Larino, Dott.ssa Tiziana Di Nino | 18.01.2016 |
MUTUI: piano ammortamento “alla francese” non comporta di per sé anatocismo
Gli interessi si calcolano sulla quota di capitale residuo.
Sentenza | Tribunale di Padova, Dott. G. Bertola | 12.01.2016 |
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