Provvedimento segnalato dall’Avv. Pietro Greco – Greco Vitali Associati Studio Legale – con nota di accompagnamento
LE MASSIME
Il primo comma dell’art. 24 del D.Lgs. n. 11/2010, nel precisare che l’esecuzione dell’ordine di pagamento deve considerarsi corretta se effettuata conformemente all’identificativo unico indicato, a contrariis configura la responsabilità della banca solo nel caso di mancato rispetto dell’IBAN indicato, ossia quando per un suo errore, nonostante il codice IBAN riportato nell’ordine, abbia dato esecuzione al bonifico in favore di un soggetto differente.
In sostanza, quindi, di fronte all’errata indicazione da parte dell’ordinante del codice IBAN del destinatario, la banca potrebbe rispondere solo di una condotta successiva all’esecuzione del bonifico, ossia solo in caso di violazione dell’obbligo di attivarsi con sforzi ragionevoli per recuperare le somme accreditate in conformità al codice IBAN errato. Tali principi sono ribaditi e confermati al terzo comma dell’art. 24 del D.Lgs. n. 11/2010, là dove si precisa che l’obbligazione della banca si riduce a eseguire il bonifico in conformità con l’identificativo unico fornito dal pagatore, anche nel caso in cui questi avesse fornito alla propria banca ulteriori informazioni, quali, ad esempio, la denominazione del beneficiario.
La scelta di circoscrivere l’obbligazione esigibile e doverosa dell’intermediario alla esecuzione del bonifico in conformità al codice IBAN errato, senza pretendere ulteriori verifiche, risponde alla ratio di assicurare celerità e uniformità nei tempi di esecuzione dei servizi di pagamento, riducendo allo stesso tempo i costi delle transazioni monetarie immediate. Trattasi di disposizione che recepisce il dettato normativo di matrice comunitaria, sostanzialmente riportando in termini fedeli quanto previsto dall’art. 74 della PSD (Payment Services Directive, dir. n. 64/2007), con l’effetto e l’obiettivo di disciplinare in modo uniforme gli obblighi e le condotte richieste agli intermediari anche su un piano sovranazionale.
IL COMMENTO
La pronuncia in commento suscita interesse poiché, pur ponendosi in linea con indirizzi interpretativi piuttosto consolidati, ha affrontato un tema legato alla configurabilità o meno, in capo agli istituti di credito, di un dovere di controllo in ordine alla congruenza tra il nominativo del titolare del conto corrente individuato attraverso il c.d. “codice IBAN” e quello del beneficiario indicato nella disposizione di bonifico trasmessa dal cliente. Tanto premesso, occorre fin da subito sottolineare che il giudice ha deciso la vertenza de qua, accogliendo, da un lato, la domanda di restituzione nei confronti della società convenuta – unica effettiva beneficiaria della somma di cui parte attrice chiedeva la restituzione e, pertanto, l’unica tenuta ex art. 2033 c.c. al pagamento dell’indebito – e rigettando, dall’altro, le pretese attoree nei confronti degli istituti di credito convenuti, ossia la banca del disponente e la banca del destinatario del bonifico in questione.
Il Tribunale di Milano, anzitutto, ha confermato l’orientamento del Collegio di Milano dell’ABF (cfr. decisioni del 05.07.2018, n. 6149, del 25.3.2016, n. 2862, del 26.04.2016, n. 3808 e del 24.02.2016, n. 1678) riguardo la portata applicativa della regola dettata dall’art. 24 D.Lgs. n. 11/2010. Tale decreto, dettato in attuazione della Direttiva Europea 2007/64/CE – relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno – regola espressamente la responsabilità del prestatore di servizi di pagamento (i.e. la banca) per l’esecuzione di operazioni di pagamento disposta dall’utilizzatore (i.e. il cliente). In particolare, l’art. 24 del suddetto decreto, dettato in ambito di identificativi unici inesatti, dispone testualmente che «se l’identificativo unico fornito dall’utilizzatore è inesatto» (ossia il codice IBAN, proprio come nel giudizio deciso con la sentenza in commento) «il prestatore di servizi di pagamento non è responsabile, ai sensi dell’art. 25, della mancata o inesatta esecuzione dell’operazione di pagamento».
Circa la corretta individuazione degli obblighi in capo agli istituti di credito, si contrappongono due teorie: da un lato, quella del Collegio di Roma dell’ABF, secondo cui l’art. 24 del sopracitato decreto legislativo esprime una regola di responsabilità già ricavabile dai principi generali in tema di mandato e segnatamente dal criterio di diligenza del mandatario (e perciò vale ad esonerare dal controllo di congruità solo l’intermediario del disponente, ma non quello del destinatario del bonifico, che in tesi sarebbe in condizione di verificare la corrispondenza del codice IBAN al nominativo del soggetto che riceve il pagamento); dall’altro lato, la posizione del Collegio di Milano dell’ABF, secondo cui la norma in commento ha invece finalità di semplificare le procedure di esecuzione dei bonifici, riducendo gli adempimenti a carico dei prestatori di servizi di pagamento, con la conseguenza di esonerare tutti gli intermediari coinvolti nell’operazione (quindi non solo la banca del disponente, ma anche quella del beneficiario) dal verificare la corrispondenza tra codice IBAN e nominativo del soggetto che riceve il pagamento.
La sentenza in commento sposa la seconda linea interpretativa sopra esposta. In forza della disposizione di cui all’art. 24 D.Lgs. n. 11/2010, il Tribunale di Milano ha infatti stabilito che, nelle ipotesi di errore commesso dal soggetto ordinante nell’indicare l’identificativo unico del destinatario del bonifico (ossia nelle ipotesi in cui il codice IBAN indicato corrisponde a soggetto diverso dal beneficiario), l’unica obbligazione gravante sugli istituti di credito si riduce all’esecuzione del bonifico in conformità con l’identificativo unico fornito dal pagatore, anche nel caso in cui questi avesse fornito alla propria banca ulteriori informazioni, quali, ad esempio la denominazione del beneficiario stesso.
La sentenza chiarifica altresì che la scelta di circoscrivere l’obbligazione esigibile e doverosa dell’intermediario alla esecuzione del bonifico in conformità al codice IBAN indicato, senza pretendere ulteriori verifiche, risponde alla ratio di assicurare celerità e uniformità nei tempi di esecuzione dei servizi di pagamento, riducendo allo stesso tempo i costi delle transazioni monetarie immediate.
Secondo la tesi di parte attrice, invece, particolari doveri di diligenza e protezione avrebbero vincolato gli istituti di credito coinvolti nell’operazione non solo nei confronti del cliente (il titolare del conto di accredito) ma anche verso il disponente, in forza del c.d. “contatto sociale” instauratosi con l’esecuzione dell’operazione di pagamento. Di qui, quindi, l’invocata responsabilità del prestatore di servizi di pagamento che non si sia attivato per segnalare la discrasia fra codice IBAN e nominativo del beneficiario al fine di evitare danni all’ordinante determinati dalla esecuzione dell’accredito a favore di soggetto diverso da quello indicato nell’ordine.
A riguardo, appare convincente la decisione del giudice ambrosiano che esclude la benché minima responsabilità in capo agli istituti di credito in virtù di un “contatto sociale qualificato”. Più in particolare, appare criticabile l’orientamento secondo cui l’art. 24 D.Lgs. n. 11/2010 sarebbe volto a regolare esclusivamente i rapporti tra l’ordinante e la sua banca, nulla dicendo circa il grado di diligenza a cui la banca del beneficiario è tenuta nell’accreditare i fondi ricevuti, con l’effetto che l’istituto destinatario dell’accredito sarebbe comunque responsabile nei confronti dell’ordinante in virtù del contatto sociale qualificato, che sorge anche con utenti dei servizi di pagamento non clienti, dal quale discenderebbe un obbligo di diligenza qualificata che impone di accertare la discordanza fra il titolare del conto di pagamento individuato dall’IBAN inesatto e il nominativo del beneficiario menzionato nell’ordine di bonifico.
Come è stato correttamente evidenziato dalla sentenza in commento, contrasta infatti con la suddetta pretesa di circoscrivere l’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 24 D.Lgs. n. 11/2010 il dato letterale della norma, che – riferendosi genericamente a tutti gli istituti di pagamento coinvolti nell’operazione di bonifico, senza ulteriori specificazioni – lascia chiaramente intendere che, quando la norma parla di “prestatori di servizi di pagamento” senza ulteriori precisazioni faccia riferimento a tutti gli intermediari che sono chiamati a intervenire per dare esecuzione all’ordine di bonifico. Diversamente, infatti, si finirebbe con l’introdurre un dovere di condotta gravante sugli intermediari rivolto verso una platea indistinta di utenti, evidentemente di segno contrario – se non addirittura opposto – alla regola dettata dall’art. 24 D.Lgs. n. 11/2010.
La sentenza in esame ha inoltre determinato l’effettivo ambito applicativo della normativa secondaria dettata dalla Banca d’Italia con il provvedimento del 5 luglio 2011, sez. VI, punto 2.1, ritenendo che, diversamente da quanto sostenuto da parte attrice, tale disposizione non è applicabile alla fattispecie in esame dal momento che prende in considerazione le diverse ipotesi in cui gli istituti di credito in qualche modo siano già consapevoli dell’errore commesso dall’ordinante e non si adoperino affinché «l’operazione di pagamento venga eseguita correttamente».
Appare quindi convincente la decisione del Tribunale di Milano nella misura in cui ha stabilito che, in caso di errore dell’ordinante nel fornire l’esatto codice identificativo, non possono considerarsi responsabili gli istituti di crediti coinvolti.
Infine, è interessante notare che il Tribunale ambrosiano ha comunque evidenziato che, nei casi in cui le parti prevedano un ambito di adempimento più ampio a carico dell’istituto di credito (come, per esempio, nei casi in cui il form da compilare per l’invio telematico dell’ordine di bonifico richieda obbligatoriamente l’inserimento di dati aggiuntivi rispetto al codice IBAN, quali il nominativo del beneficiario) possa, in caso di errata esecuzione, delinearsi una responsabilità in capo agli istituti di credito coinvolti nell’operazione. Responsabilità quest’ultima – ancora una volta – da escludersi nella fattispecie in esame stante, innanzitutto, la mancata prova della obbligatorietà nell’indicazione dei dati aggiuntivi rispetto all’identificativo unico e, in ogni caso, l’esclusiva responsabilità della banca contrattualmente vincolata con l’ordinante, non potendosi ipotizzare un’estensione di tale responsabilità nei confronti dell’istituto di credito del beneficiario.
Il Tribunale di Milano ha pertanto concluso che, nella specie, «la responsabilità della banca si riduca all’esecuzione del [bonifico] in conformità al codice IBAN riportato nell’ordine e che, pertanto, nel caso di specie, non essendo le convenute tenute a ulteriori verifiche, nessuna responsabilità possa essere loro imputata per la sottrazione del denaro patita dall’attrice».
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno