ISSN 2385-1376
Testo massima
I TEG medi includono, oltre al tasso nominale, tutti gli oneri connessi all’erogazione del credito. Gli interessi di mora, tuttavia, non sono ricompresi nel calcolo del TEG, poiché non sono dovuti quando il rapporto viene erogato e vive la sua fisiologica fase di attuazione. Essi sono dovuti solo quando il rapporto attraversa la sua fase patologica e, segnatamente, quando si verificano casi di inadempimento.
Questa precisazione non giustifica, tuttavia, la conclusione dell’assoluta irrilevanza degli interessi di mora ai fini della normativa anti-usura.
Da tale premessa è nata l’introduzione di un peculiare criterio di calcolo utile ad apprezzare, in modo specifico, l’usurarietà degli interessi di mora, maggiorando i TEG medi pubblicati di 2,1 punti percentuale. Tale maggiorazione è stata rilevata come quella “mediamente stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento” a seguito di un’indagine statistica eseguita nel 2002, dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio Italiano Cambi, considerato che l’inadempimento del debito è un evento pregiudizievole per il creditore, che giustifica più elevati costi del credito.
Questi i principi espressi dal Collegio di Napoli, Pres. Marinari Rel. Conte, nella decisione del 03 giugno 2015, n. 4452.
Tale decisione è stata emessa nel più classico dei contenziosi bancari, instaurato da un cliente che contestava la regolarità del contratto sottoscritto, deducendo l’applicazione di interessi usurari sulla base di un metodo di calcolo fondato sulla tesi della sommatoria dei tassi.
Il Collegio ha preliminarmente disatteso le doglianze del cliente, precisando che “non appare possibile determinare il tasso di interessi convenzionalmente stabilito operando una semplice sommatoria degli interessi corrispettivi e degli interessi moratori”. Del resto, come chiarito dalla Banca d’Italia, “ove inclusi nel TEG medio, gli interessi moratori, che sono ordinariamente più alti, finirebbero per danneggiare i medesimi clienti, poiché indurrebbero un complessivo innalzamento delle soglie anti-usura”.
Sulla scorta di tali premesse ed avendo appurato che “la misura degli interessi corrispettivi convenzionalmente pattuiti rimane al di sotto della soglia anti-usura, che certo non può essere calcolata, ove volessimo estendere la valutazione anche agli interessi di mora, operando una mera sommatoria tra interessi di mora e interessi corrispettivi”, il Collegio ha rigettato il ricorso.
IL COMMENTO
La decisione de qua, pur avendo integralmente rigettato le doglianze del cliente, ha al contempo precisato precisato che non possa affemarsi l’assoluta irrilevanza degli interessi di mora ai fini della normativa anti-usura, ferma restando l’esigenza di condurre un’indagine fondata esclusivamente su dati omogenei (tanto sul piano economico quanto su quello giuridico).
In tale ottica, il Collegio ha richiamato il peculiare criterio di calcolo utile ad apprezzare, in modo specifico, l’ usurarietà degli interessi di mora: i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti percentuale. Questo criterio si giustifica perché tale specifica maggiorazione è stata rilevata come quella “mediamente stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento” a seguito di un’indagine eseguita nel 2002, congiuntamente dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio Italiano Cambi. Anche il Collegio di Coordinamento (cfr. decisione ABF, Collegio di Coordinamento, n. 2666/2014) ha convenuto che è senz’altro ragionevole prevedere una più elevata soglia anti-usura in corrispondenza del calcolo degli interessi di mora atteso che l’inadempimento del debito è un evento pregiudizievole per il creditore, che giustifica più elevati costi del credito”.
Sul punto, pare opportuno richiamare il punto n.4. dei decreti ministeriali succesivi al 2002, che dispone testualmente che “i tassi effettivi globali medi di cui all’art. 1, comma 1, del presente decreto, non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento. L’indagine statistica condotta nel 2002 a fini conoscitivi dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio Italiano Cambi ha rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”.
In sostanza, il criterio di calcolo richiamato dalla pronuncia in commento, altro non è che il risultato di un’indagine svolta a fini meramente conoscitivi, non essendo i relativi valori mai stati assurti a parametro di riferimento per la verifica del carattere usurario degli interessi di mora. Ad oggi, giova ribadirlo, alcun parametro del genere è stato adottato.
Con la pronuncia in commento, il Collegio ABF ha evidentemente inteso aderire a quel filone giurisprudendiale comunque minoritario che, pur evidenziando la natura risarcitoria degli interessi moratori, di per sé inconciliabile con la struttura della normativa antiusura, ha ritenuto che l’unico metodo per estendere la disciplina di cui alla Legge n. 108/96 anche al tasso di mora, consisterebbe nel maggiorare del 2,1% il tasso soglia, sulla scorta della rilevazione oprata da Bankitalia.
Un’interpretazione, quella fornita con la pronuncia de qua, che presenta latenti criticità nella misura in cui attribuisce valore vincolante alla sopra citata rilevazione, meramente statistica, operata dalla Banca d’Italia.
Testo del provvedimento
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