ISSN 2385-1376
Testo massima
L’azione da illecito aquiliano per il risarcimento dei danni causati ai creditori dall’abusiva concessione di credito non può essere considerata azione di massa e, di conseguenza, non può essere esperita dal curatore.
Quando l’abuso del diritto si perfeziona mediante la conclusione dei contratti cui la società finanziata aveva partecipato, con i suoi organi, a tanto legittimati dagli statuti, al più, potrebbe ipotizzarsi una responsabilità di costoro per mala gestio, ma questa esclude l’azione risarcitoria di abusiva concessione di credito per la ragione che alcun diritto di credito in capo alla società finanziata verso il proprio contraente abusivamente sia potuto nascere da un fatto illecito prodotto anche da attività infedele dei suoi rappresentanti.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Monza, dott. Fulvia De Luca con la sentenza n. 317, depositata in data 08.02.2011, in materia di concessione abusiva di credito.
Nel caso di specie, una curatela fallimentare conveniva davanti al Tribunale di Monza una banca per sentirla condannare al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2043 c.c. in ragione dell’abusiva concessione di credito alla srl predetta, in quanto effettuata in presenza di elementi tali da doverne far riconoscere la situazione di impresa insolvente.
Secondo la prospettazione attorea, il credito così concesso aveva tenuto artificiosamente in vita la società di capitali, suscitando nel mercato la falsa opinione che si trattasse di impresa economicamente valida. La condotta della banca, illecita perché connotata non già dal rispetto dei principi di sana e corretta gestione del credito, ma invece diretta a mantenere artificiosamente in vita un imprenditore decotto, avrebbe cagionato al patrimonio della società con i non dovuti finanziamenti un danno diretto, il cui ristoro può essere chiesto dal curatore allo stesso titolo per il quale avrebbe potuto chiederlo l’imprenditore danneggiato.
Il Tribunale ha dichiarato il difetto di legittimazione del curatore uniformandosi al consolidato orientamento di legittimità secondo cui “il curatore fallimentare non è legittimato a proporre, nei confronti del finanziatore responsabile, l’azione da illecito aquiliano per il risarcimento dei danni causati ai creditori dall’abusiva concessione di credito diretta a mantenere artificiosamente in vita una impresa decotta, suscitando così nel mercato la falsa impressione che si tratti di impresa economicamente valida. Nel sistema della legge fallimentare, difatti, la legittimazione del curatore ad agire in rappresentanza dei creditori è limitata alle azioni c.d. di massa – finalizzate, cioè, alla ricostituzione del patrimonio del debitore nella sua funzione di garanzia generica ed aventi carattere indistinto quanto ai possibili beneficiari del loro esito positivo – al cui novero non appartiene l’azione risarcitoria in questione, la quale, analogamente a quella prevista dall’art. 2395 cod. civ., costituisce strumento di reintegrazione del patrimonio del singolo creditore, giacché, per un verso, il danno derivante dall’attività di sovvenzione abusiva deve essere valutato caso per caso nella sua esistenza ed entità (essendo ipotizzabile che creditori aventi il diritto di partecipare al riparto non abbiano ricevuto pregiudizio dalla continuazione dell’impresa), e, per altro verso, la posizione dei singoli creditori, quanto ai presupposti per la configurabilità del pregiudizio, è diversa a seconda che siano antecedenti o successivi all’attività medesima” (Cass. civ. Sez. Unite, 28-03-2006, n. 7029).
Tanto premesso, il Giudice ha altresì rilevato che la società finanziata ha partecipato ai contratti che hanno dato luogo all’abusiva concessione del credito, per cui non ha tratto alcun credito nei confronti delle banche, in tale sede rivendicabile dal curatore.
In particolare, l’abuso del credito si era perfezionato proprio mediante la conclusione dei contratti cui la società finanziata ha partecipato con i suoi organi, a tanto legittimati.
Precisa il Giudice come l’abuso del diritto si sia perfezionato mediante la conclusione dei contratti cui la società finanziata aveva partecipato, con i suoi organi, a tanto legittimati dagli statuti, con la conseguenza che, al più, potrebbe ipotizzarsi una responsabilità di costoro per mala gestio, ma questa esclude comunque l’azione risarcitoria in esame per la ragione che alcun diritto di credito verso il proprio contraente in capo alla società finanziata abusivamente sia potuto nascere da un fatto illecito prodotto anche da attività infedele dei suoi rappresentanti.
Nel caso di specie, invece, la società attrice non deduceva alcun illecito in capo agli amministratori.
Il Tribunale rileva, poi, come nella prospettazione di parte attrice gli istituti di credito convenuti non rispondano quali concorrenti nell’illecito commesso dagli amministratori dell’attrice medesima ma quali soggetti dei contratti di concessione del credito stipulati dalla stessa.
In conclusione, la domanda del curatore è stata respinta per carenza di legittimazione attiva in capo allo stesso.
Per altra decisione analoga si può consultare
CONCESSIONE ABUSIVA DI CREDITO: l’azione di danno non può essere esperita dal curatore
Nel sistema fallimentare il curatore non è titolare di un potere di rappresentanza di tutti i creditori, indistinto e generalizzato
Sentenza Corte di Appello di Milano, Pres. Fabrizi Rel. Nardo 20-03-2015 n.1229
Testo del provvedimento
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