Provvedimento segnalato e commentato dall’Avv. Matteo Pancaldi del Foro di Ferrara
Con sentenza depositata in data 15 aprile 2020, la Corte d’Appello di Firenze, Pres. Riviello – Rel. Severi, ha accolto l’impugnazione promossa da un istituto di credito avverso la sentenza che la vedeva soccombente, in primo grado, contro una società di leasing in forza di una garanzia riqualificata, dal giudice di seconde cure, come fideiussione bancaria piuttosto che contratto autonomo di garanzia, con conseguente applicazione delle tipiche eccezioni fideiussorie del codice civile.
Nel primo grado di giudizio il Tribunale, infatti, qualificava la garanzia prestata dalla Banca come contratto autonomo di garanzia, in forza della clausola di espressa rinuncia del fideiussore a far valere il beneficio della preventiva escussione del debitore principale di cui all’art. 1942 c.c.
Di diverso avviso era, invece, la Corte d’Appello la quale, chiarita la distinzione tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia, riteneva che la natura autonoma della garanzia del caso di specie non potesse essere ricavata esclusivamente dalla rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale.
Come ribadito più volte dalla Suprema Corte di Cassazione, il cui orientamento in materia è forgiato nelle note Sezioni Unite n. 3947/2010, il dato dirimente a orientare l’interprete verso il contratto autonomo di garanzia è l’inserimento di una clausola “a prima richiesta e senza eccezioni”, salvo evidente e irrimediabile discrasia con l’intera convenzione negoziale.
Diverso dal contratto autonomo di garanzia è, invece, la fideiussione con clausola ex art. 1462 c.c. c.d. “solve et repete”, che si attesta quale fideiussione atipica, finendo con il creare un’astrazione processuale che si risolve nella mera subordinazione della proponibilità delle eccezioni, da parte del garante, al previo adempimento della sua prestazione di garanzia (Cass. Civ. 3.11.2016 n. 22269), ma che non priva, la garanzia, del suo carattere accessorio con il rapporto principale. Per configurare un contratto autonomo, in sostanza, la clausola solve et repete deve essere affiancata dall’espressa clausola “senza eccezioni“, per ottenere l’effetto di assorbire la prima da un punto di vista sostanziale.
Ricostruita la fattispecie sotto il profilo della fideiussione, la Corte ritiene correttamente applicabile l’art. 1956 c.c., altrimenti non invocabile nel caso di specie, considerata l’impossibilità, per il garante autonomo, di sollevare le tipiche eccezioni fideiussorie, essendo consentito a quest’ultimo la sola proponibilità delle eccezioni relative al rapporto garante/beneficiario (Cass. Civ. 22.11.2019, n. 30509, Cass. Civ. 31/10/2019, n. 28204; Cass. Civ. 14/2/2007 n. 3257; Cass. Civ. 1/6/2004 n. 10486; Cass. Civ. 10.5.2002, n. 6728, Cass. Civ. 1.6.2004, n. 10486, Cass. Civ. 14.2.2007, n. 3257, Cass. Civ., S.U., n. 3947/2010).
Individuata così la ratio della disposizione dell’art. 1956 c.c., sotto il profilo dei canoni di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto, sanciti dall’art. 1375 c.c., la Corte d’Appello ne rilevava a quel punto l’applicabilità al caso di specie, nel quale la creditrice società concedente trascurava, per oltre quattro anni, di attivare l’eccezione di inadempimento e il rimedio contrattuale della risoluzione del contratto nei confronti dell’impresa utilizzatrice, resasi morosa nel pagamento dei canoni di una ingente somma, evidentemente sapendo di poter contare sulla presenza della garanzia e sulla solvibilità del fideiussore per il recupero del proprio credito.
La decisione della Corte d’Appello si pone in linea con l’orientamento della Suprema Corte, ribadito anche di recente, in relazione alla ratio dell’art. 1956 c.c., che impone l’obbligo del creditore di proteggere l’interesse del fideiussore per un’obbligazione futura. La mancata osservanza di tale obbligo dev’essere sanzionata con la liberazione del fideiubente dalla garanzia prestata, trovando applicazione, la norma in esame, in tutti quei casi in cui il creditore abbia consapevolmente concesso credito in una situazione di obiettivo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore (Cass. Civ. 12.12.2019 n. 32478 e Cass. Civ. 13.12.2019 n. 32774).
È opportuno precisare che, in ordine all’applicazione dell’art. 1956 c.c. al contratto autonomo di garanzia, è ravvisabile anche un orientamento permissivo, secondo il quale tale disposizione potrebbe trovare comunque ingresso, nelle garanzie autonome, nelle forme dell’exceptio doli, in quanto espressione di una generale esigenza di protezione del garante ricavabile dai canoni di buona fede e correttezza, che prescinde dalla esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale (si veda Cass. Civ. 3.7.2015 n. 13759 – Tribunale di Milano 28.7.2015 n. 9100).
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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NON PUÒ RITENERSI CHE LA CAPITALIZZAZIONE DEGLI INTERESSI PASSIVI SIA ILLEGITTIMA TOUT COURT
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