ISSN 2385-1376
Testo massima
In materia di accertamento fiscale ai fini della determinazione del luogo della residenza, devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell’interessato in un luogo determinato, sia la loro durata e, qualora tali legami non siano concentrati in un solo Stato vi è la preminenza dei legami personali sui legami professionali.
È questo il principio di diritto emerso dalla sentenza n. 20285 pronunciata dalla cassazione civile, sezione quinta, in data 04/09/2013, a seguito del ricorso presentato dall’ Agenzia delle Entrate avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale che aveva ritenuto idonea la documentazione fornita dal contribuente comprovante la sua effettiva residenza nel Principato di Monaco e pertanto non sottoponibile ad accertamenti fiscali in Italia.
Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate la documentazione prodotta dal contribuente era insufficiente a dimostrare la sua residenza all’estero in quanto generica e non decisiva.
La Suprema Corte, ritenendo idonea la documentazione prestata dal contribuente e per l’effetto confermato la decisione delle Commissione Regionale Tributaria, ha rigettato il ricorso uniformandosi ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo cui “ai fini della determinazione del luogo della residenza normale, devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell’interessato in un luogo determinato, sia la loro durata, e, qualora tali legami non siano concentrati in un solo Stato membro, l’art.7, n. 1, comma 2, della direttiva 83/182/CEE riconosce la preminenza dei legami personali sui legami professionali“.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA delle ENTRATE;
– ricorrente–
contro
S.D.=CONTRIBUENTE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n.43/12/08 della Commissione Tributaria Regionale della Liguria, depositata il 19.5.2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23.5.2013;
udito il P.M che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con la sentenza indicata in epigrafe la Commissione Tributaria Regionale della Liguria, rigettando l’appello proposto da Agenzia delle Entrate, confermava integralmente la sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso proposto da S.D. avverso l’avviso con il quale l’Ufficio -presupponendo la residenza fiscale in Italia del ricorrente, tennista professionista residente nel Principato di Monaco – aveva accertato per l’anno 2001 un reddito imponibile per partecipazioni a tornei e per sponsorizzazioni.
I Giudici di appello, in particolare, ritenevano che la documentazione fornita dall’appellato fosse idonea a provare la sua effettiva residenza nel Principato di Monaco con riferimento all’anno 2001.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso, affidato ad unico motivo, l’Agenzia delle Entrate. S.D. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1.Con l’unico motivo di ricorso Agenzia delle Entrate deduce, ai sensi dell’art.360 cpc, n. 5, insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo della controversia. In particolare, la ricorrente deduce l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata per avere ritenuto la documentazione offerta da S.D. idonea a comprovare la sua residenza all’estero laddove la stessa, al contrario, era generica, non decisiva e non parametrata alla peculiare attività svolta dal contribuente (di tennista professionista attivo sui circuiti internazionali). Inoltre, secondo la prospettazione difensiva, la Commissione Regionale ligure aveva del tutto omesso di considerare, ritenendola implicitamente irrilevante, la circostanza dedotta dall’Ufficio che i biglietti aerei esibiti dal contribuente rilevavano come città di arrivo e di partenza, nella maggior parte dei casi, delle città italiane.
1.1. Il motivo, contrariamente a quanto eccepito dal controricorrente, è ammissibile, riportando a conclusione dell’illustrazione il necessario, ai sensi dell’art.366 bis cpc, momento di sintesi.
1.2. Il mezzo è, però, infondato. Nella specie – seppur trovi applicazione il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art.2, comma 2 bis (TUIR) (nel testo vigente ratione temporis) il quale, nel prevedere che si considerano altresì residenti, salvo prova contraria i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, comporta un’inversione probatoria a carico del contribuente- la motivazione adottata della Commissione ligure, la quale ha analiticamente valutato le prove n documentali fornite dal contribuente, appare logica, sufficiente ed idonea a reggere la decisione laddove ha ritenuto, seppur usando in senso lato il concetto di “residenza”, che da tali atti potesse evincersi che il Principato di Monaco fosse il luogo in cui il S. avesse la sede principale non solo degli affari ed interessi economici ma, soprattutto, delle proprie relazioni personali.
L’argomentare logico-giuridico della sentenza impugnata appare, infatti, in linea con l’orientamento tracciato in materia da questa Corte (cfr.Cass n.14434 del 2010) la quale, seppur nella diversa ma analoga ipotesi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art.2, comma 2, ha ritenuto che l’iscrizione del cittadino nell’anagrafe dei residenti all’estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorchè il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonchè delle proprie relazioni personali (Cass. n. 13803/01; 10179/03). In particolare, è stato rilevato che detta interpretazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art.2, è in armonia con l’affermazione della giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo cui “ai fini della determinazione del luogo della residenza normale, devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell’interessato in un luogo determinato, sia la loro durata, e, qualora tali legami non siano concentrati in un solo Stato membro, l’art.7, n. 1, comma 2, della direttiva 83/182/CEE riconosce la preminenza dei legami personali sui legami professionali”. Nell’ambito della valutazione dei legami personali e professionali dell’interessato, tutti gli elementi di fatto rilevanti devono essere presi in considerazione, vale a dire, in particolare, la presenza fisica di quest’ultimo nonchè quella dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo di esercizio delle attività professionali e quello in cui vi siano interessi patrimoniali (v., in tal senso, sentenza 12 luglio 2001 in causa C- 262/99, Louloudakis, punti 52, 53 e 55, i cui principi sono stati ribaditi da Corte giust. 7 giugno 2007, in causa C-156/04, Commissione c. Grecia ed in senso conforme Cass. n. 12259 del 19/05/2010).
La sentenza impugnata appare aderente a tali principi – cui il Collegio ritiene dare continuità – avendo positivamente ed adeguatamente valutato gli elementi di fatto forniti dal controricorrente (quali il contratto di affitto relativo ad un appartamento sottoscritto dai coniugi S., la regolare corresponsione degli affitti e delle spese accessorie, la congruità delle spese relative alle varie utenze in uso in detto appartamento, la stipulazione di utenze telefoniche, televisive, e di contratti bancari).
Ciò posto, il motivo, nei termini in cui è formulato, tende nella sostanza a rioperare una diversa valutazione del fatto, inammissibile in sede di legittimità; mentre le circostanze dedotte delle quali la Commissione Tributaria ligure non avrebbe tenuto conto (ovvero la particolare attività “internazionale” svolta dal tennista professionista nonchè il fatto che le città di partenza e di arrivo rilevabili dai biglietti aerei allegati dallo stesso contribuente fossero per la maggior parte italiane) non appaiono “fatti” decisivi, che ove valutati avrebbero potuto comportare una diversa soluzione della controversia, proprio perchè consequenziali al genere di attività svolta dal S..
Ne consegue il rigetto del ricorso ed, in ossequio al principio di soccombenza, la condanna dell’Agenzia delle Entrate alla refusione in favore di S.D. delle spese del grado liquidate come in dispositivo sulla base dei parametri di cui al D.M. n. 140 del 2012.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate alla refusione in favore del controricorrente delle spese del grado di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 12.000,00 oltre Euro 200 per esborsi ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2013
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