ISSN 2385-1376
Testo massima
Il giudice del merito non deve dar conto del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanza processuali, né deve confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo sufficiente che egli, dopo averli vagliati nel loro complesso, indichi gli elementi e circostanze su cui intende fondare il suo convincimento e l’iter logico seguito, implicitamente disattendendo gli argomenti incompatibili con la decisione adottata.
E’ questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, sezione tributaria, nella sentenza n. 19756 depositata il 19 settembre 2014.
Questa l’origine della vicenda: la Commissione Tributaria Regionale della Toscana (da ora in poi CTR) rigettava l’appello proposto da una s.r.l. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale.
Da una verifica effettuata dalla Guardia di Finanza emergeva che il debito di una s.r.l. nei confronti della società collegata, a titolo di canoni di locazione, era stato estinto per compensazione senza emissione di fatture da parte della locatrice o di autofatture da parte della conduttrice. Da tale condotta sarebbe derivato un indebito risparmio di I.V.A..
L’atto di contestazione emesso dalla Agenzia delle Entrate era stato impugnato dalla s.r.l. davanti alla competente Commissione Tributaria Provinciale.
La s.r.l. deduceva l’inesistenza dell’autorizzazione dell’autorità giudiziaria per l’utilizzo dei dati rilevati nel corso della verifica, la mancata allegazione all’atto di contestazione del processo verbale di constatazione (da ora p.v.c.) e il precedente assoggettamento ad IVA del pagamento in acconto dei canoni, in relazione ad alcune fatture emesse nel 1994.
La CTR rigettava l’appello e, pertanto, la s.r.l. proponeva ricorso per cassazione affidato a complessivi dieci motivi.
In particolare con il secondo motivo la società ricorrente ha denunciato la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., degli artt. 1, comma 2, 7, 23 e 58 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, prospettando i seguenti motivi di diritto: 1) se sia legittimo che si ritengano provati i fatti costitutivi della pretesa accertati in un p.v.c. non prodotto in causa ovvero se sia legittima la produzione del p.v.c. nella sola fase di appello ed altresì se essa possa considerarsi sanante della mancata produzione in primo grado; 2) nulla il giudice ha statuito in ordine alla mancata produzione del p.v.c. notificato alla società collegata; 3) non ha offerto alcun percorso argomentativo al fine di concludere per l’irrilevanza dell’omessa produzione del p.v.c. notificato alla società collegata quando la pretesa erariale si basava esclusivamente sulle risultanze contabili della sola società collegata.
Ebbene, secondo gli Ermellini i fatti indicati nell’atto impositivo possono ben essere richiamati per relationem al p.v.c. a suo tempo regolarmente consegnato alla s.r.l. al termine della verifica. La mera mancata produzione in giudizio di tale p.v.c. non inficia però la ricostruzione in fatto compiuta dalla CTR.
Inoltre, secondo i Supremi Giudici, la successiva produzione in appello del p.v.c. non solo è da ritenersi consentita ai sensi dell’art. 58, comma 2, del D. Lgs. 546 del 1992, ma nella specie la produzione non era neanche necessaria, in virtù del suddetto richiamo per relationem.
La Corte di Cassazione ha anche ritenuto non pertinente il richiamo da parte della ricorrente all’art. 2967 c.c., poiché la CTR non ha fatto applicazione di tale criterio legale dell’onere di ripartizione dell’onere probatorio.
Quanto agli altri motivi di diritto la Suprema Corte ha osservato che la CTR nel rigettare l’appello ha implicitamente ritenuto irrilevante la mancata produzione in giudizio del p.v.c. relativo alla società collegata, ritenendo sufficiente la riproduzione nell’atto impositivo notificato alla s.r.l. di alcuni dati contenuti nell’altro p.v.c.. Pertanto hanno osservato gli Ermellini che “il giudice del merito non deve dar conto del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanza processuali, né deve confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo sufficiente che egli, dopo averli vagliati nel loro complesso, indichi gli elementi e circostanze su cui intende fondare il suo convincimento e l’iter logico seguito, implicitamente disattendendo gli argomenti incompatibili con la decisione adottata“.
Da ciò discende che avendo la CTR preso in considerazione, tra i dati acquisiti in giudizio, quelli contenuti nel p.v.c. relativo alla società collegata e negato rilevanza alla mera circostanza formale della mancata produzione in giudizio di tale p.v.c., ha così reso evidente il suo complessivo percorso motivazionale; inoltre non essendo stato negato che i dati in discorso siano conformi a quelli contenuti nel p.v.c. e poiché è riservata al giudice di merito la selezione e la valutazione degli elementi probatori, ne deriva che tale motivazione del giudice di merito è insindacabile.
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Testo del provvedimento
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