Non può ritenersi attendibile una ricostruzione parziale relativa ad un rapporto di conto corrente, non potendosi un simile complesso rapporto ricostruire sulla base di mere presunzioni o solo parzialmente. Se, infatti, è assente la documentazione idonea alla ricostruzione del rapporto di conto corrente relativa ad un determinato periodo non può procedersi alla ricostruzione del rapporto nella sua interezza, non potendosi documentare e provare (neppure per presunzioni) quanto accaduto nel periodo in cui e assente la documentazione di riferimento.
Se, infatti, è assente la documentazione idonea alla ricostruzione del rapporto di conto corrente relativa ad un determinato periodo – anche nell’ipotesi in cui manchi un solo estratto conto – non può procedersi alla ricostruzione del rapporto nella sua interezza, non potendosi documentare e provare (neppure per presunzioni) quanto accaduto nel periodo in cui e assente la documentazione di riferimento.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Foggia, Giudice Vincenzo Paolo Depalma, con l’ordinanza del 27.02.2019.
Il provvedimento si innesta in una causa vertente fra un correntista ed una banca. L’attore ha chiesto domanda di accertamento negativo del credito, senza aver fornito l’adeguato supporto probatorio ma deducendo che tale onere spettasse alla banca. Il Giudice ha chiarito che i comuni oneri probatori, scanditi ex art. 2697 c.c., non si invertono in questo caso. In tutti i giudizi in cui si faccia domanda di ricostruzione dei rapporti di conto corrente, infatti, l’attore – che sia la banca o che sia il cliente – ha sempre l’onere di provare per intero il rapporto dedotto.
Non può ritenersi ammissibile una ricostruzione solo parziale del rapporto, sia perché una simile ricostruzione non è in grado di determinare un giudicato stabile relativo al rapporto dedotto, sia perché altrimenti si rimetterebbe alla libera iniziativa delle parti l’individuazione degli estratti conto da esibire, giungendo a risultati parziali contrastanti e comunque inidonei a definire in modo chiaro e certo il saldo finale che è oggetto della domanda di accertamento.
Tale orientamento è stato confermato da altri tribunali di merito e dalla Corte di Cassazione. In una recente ed isolata pronuncia (l’ordinanza n.14074/2018), assunta dall’attore a sostegno della propria tesi, la Suprema Corte non ha modificato il proprio orientamento, ma ha preso atto della circostanza che la valutazione delle risultanze di una CTU e della sua opportuna o meno disposizione attiene al “fatto” e, come tale, non è sindacabile dal giudice della nomofilachia, spettando unicamente al giudice del merito.
Per questi motivi, l’Organo giudicante, sussistendone i presupposti, ha formulato alle parti proposta di conciliazione, ex art. 185bis c.p.c.
TRIBUNALE ORDINARIO di FOGGIA
SECONDA SEZIONE CIVILE
Nella causa civile iscritta al n. r.g. omissis/2016 promossa da:
CORRENTISTA
ATTORE/I
contro
BANCA
CONVENUTO/I
Il Giudice dott. Vincenzo Paolo Depalma, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 27/02/2019, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Rilevato che questo Tribunale ha già avuto modo di evidenziare, con sentenza n. 184/2018, che:
- La circostanza per cui sia stata chiesta domanda di accertamento negativo del credito non è tale da invertire i comuni oneri probatori scanditi ex art. 2697 c.c.
- Nei giudizi in cui si faccia domanda di ricostruzione dei rapporti di conto corrente, l’attore (sia che sia la banca, sia che sia il cliente) ha sempre l’onere di provare per intero il rapporto dedotto.
- Non può ritenersi attendibile una ricostruzione parziale relativa ad un rapporto di conto corrente, non potendosi un simile complesso rapporto ricostruire sulla base di mere presunzioni o solo “parzialmente”. Se, infatti, è assente la documentazione idonea alla ricostruzione del rapporto di conto corrente relativa ad un determinato periodo – anche nell’ipotesi in cui manchi un solo estratto conto – non può procedersi alla ricostruzione del rapporto nella sua interezza, non potendosi documentare e provare (neppure per presunzioni) quanto accaduto nel periodo in cui e assente la documentazione di riferimento. Non può, inoltre, ritenersi ammissibile una ricostruzione solo “parziale” del rapporto, sia perché una simile ricostruzione non è in grado di determinare un “giudicato” stabile relativo al rapporto dedotto (non potendosi precludere alla controparte l’avvio di un nuovo e diverso giudizio sulla base dei documenti mancanti), sia perché altrimenti si rimetterebbe alla libera iniziativa delle parti l’individuazione degli estratti conto da esibire, giungendo a risultati parziali contrastanti e comunque inidonei a definire in modo chiaro e certo il SALDO FINALE oggetto della domanda di accertamento.
- Non può legittimamente supplirsi all’inerzia probatoria della parte mediante l’uso dei poteri autoritativi del giudice. Tale orientamento è conforme a quello adottato da altri tribunali di merito (cfr. Trib. Bari, sez. IV, 11.09.2015 n. 582, Tribunale di Tempio Pausania, 9.3.2016 n. 152; Tribunale di Benevento, 17.2.2016, n. 535, Tribunale di Agrigento, 14.3.2016, n. 446), nonché da costante e prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 20693-16, Cass. n.21597-13 e Cass. n. 21466-13). Non appare, al riguardo, sufficiente a far ritenere superato tale orientamento l’isolata pronuncia resa dalla VI sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 14074/2018 (non ufficialmente massimata). Con siffatta pronuncia, infatti, la Corte di Cassazione non ha inteso operare un overruling del proprio precedente orientamento, quanto prendere atto della circostanza che la valutazione delle risultanze di una CTU e della sua opportuna o meno disposizione attiene al “fatto” e, come tale, non è sindacabile dal giudice della nomofilachia, spettando unicamente al giudice del merito.
Letti gli atti, considerato che alla luce della natura del giudizio, al suo valore ed alle questioni trattate, ancora controverse, appare possibile formulare alle parti la proposta di cui all’art. 185 bis c.p.c., introdotto dall’art. 77, comma 1, lettera a) d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito in 1. 98/2013, avvertendole che, ove la proposta venga rifiutata, se la decisione della controversia porterà ad un risultato prossimo a quello di cui alla proposta il rifiuto sarà valutato ai fini della regolazione delle spese di lite, eventualmente anche ai fini dell’applicazione dell’art. 96, comma III, c.p.c. riservato, all’esito, ogni provvedimento sulle ulteriori richieste delle parti.
P.Q.M.
Formula alle parti la seguente proposta:
– l’attore rinuncerà alla domanda;
– spese di lite interamente compensate tra le parti (in ragione dell’intervenuta sopravvenienza dell’orientamento accolto);
– fissa l’udienza del 9.4.2019 per comunicare l’accettazione o meno della proposta;
– ordina alla cancelleria di provvedere all’annotazione della proposta.
Si comunichi.
FOGGIA, 27/02/2019
Il Giudice
dott. Vincenzo Paolo Depalma
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