Alla luce della sentenza della S.C. a S.U. n.19246/10, è improcedibile l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso il 7-8/5/04, per aver gli opponenti iscritto a ruolo la causa tardivamente, ovvero l’8/7/04, 8 giorni dopo la notifica dell’opposizione avvenuta il 30.6.04. E’ applicabile il principio di diritto stabilito dalla sentenza della Cassazione a S.U., tenuto conto che la stessa ha funzione nomofilattica, ancor più dopo la riforma dell’art. 374 comma 3 cpc. Il precedente giurisprudenziale costituito da una pronuncia a Sezioni Unite della Cassazione ha forza vincolante e non può essere disatteso, nemmeno dalle sezioni semplici, che se non lo condividono devono rimettere la questione alle Sezioni Unite. Non è possibile sostenere nel nostro attuale ordinamento giuridico che una diversa interpretazione giurisprudenziale di una norma processuale, possa applicarsi soltanto agli atti processuali compiuti successivamente all’affermazione del nuovo orientamento della giurisprudenza, come se esso avesse introdotto una nuova norma, o avesse modificato la norma preesistente. Parte opponente doveva rispettare il termine di cinque giorni per costituirsi in giudizio. Né è praticabile l’istituto della rimessione in termini, non essendo materialmente possibile assegnare alla parte opponente un nuovo termine per rinnovare la sua costituzione in giudizio, perché ciò comporterebbe la regressione del processo alla fase iniziale ed il travolgimento di tutta l’attività processuale espletata, al di fuori di qualsiasi previsione di legge ed in aperto contrasto con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, stabilito dall’art. 111 della Cost.. Peraltro, deduce il Tribunale che il nostro ordinamento processuale civile non prevede che l’istituto della rimessione in termini possa consistere nella concessione da parte del giudice di una “sanatoria”, ora per allora, di un’attività processuale compiuta dopo la scadenza di un termine perentorio. Relativamente all’effetto retroattivo, il solo limite applicativo è costituito dalle situazioni consolidate per essersi il rapporto esaurito. La Corte di Cassazione ha costantemente affermato che nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma processuale, fin quando la validità e l’efficacia degli atti disciplinati da detta norma sono “sub judice”, il rapporto processuale non può considerarsi esaurito, sicché nel momento in cui viene in discussione la ritualità dell’atto, la valutazione, della sua conformità alla disposizione, va fatta avendo riguardo alla modificazione conseguita dalla sentenza di illegittimità costituzionale, indipendentemente dal tempo in cui l’atto è stato compiuto. Né risulta che, in tali casi, le parti siano state rimesse in termini.
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