Il divieto di riconoscimento degli interessi al tasso maggiorato previsto dalla L. n. 231 del 2002, art. 1, si applica solo dal momento della dichiarazione di fallimento, fermo restando il diritto al riconoscimento di quelli già maturati antecedentemente all’accertata insolvenza del debitore.
La disciplina prevista per i crediti sorti nelle cd. “transazioni commerciali” tra imprese, è imposta dal diritto comunitario e non può avere oggetto interpretazioni abroganti da parte del giudice comune.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, sez. sesta, Pres. Ragonesi – Rel. Genovese, nell’ordinanza n. 8979 del 05.05.2016.
Nel caso di specie, il Tribunale di Genova respingeva parzialmente l’opposizione allo stato passivo proposta da una società creditrice nei confronti di una società debitrice fallita per una somma corrispondente agli interessi moratori da ritardato pagamento nelle transazioni commerciali.
Avverso il decreto emesso dal Giudice di prime cure, la società creditrice proponeva ricorso, denunciando la violazione e falsa applicazione della L. n. 231 del 2002, art. 1 comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c. n.3.
La Suprema Corte osservava, preliminarmente, che il divieto di riconoscimento degli interessi moratori opera solo a partire dalla dichiarazione di fallimento, fermo restando il diritto al riconoscimento degli interessi già maturati antecedentemente, che si producono automaticamente senza necessità formale della messa in mora del debitore.
All’uopo, il Collegio osservava che la disciplina dei crediti sorti nelle “cd. transazioni commerciali” tra imprese, ha un proprio statuto peculiare, imposto dal diritto comunitario, che non può essere oggetto di interpretazioni abroganti da parte del giudice comune.
Inoltre, gli ermellini precisavano che il giudice delegato ai fallimenti, in mancanza di una sentenza passata in giudicato avente ad oggetto l’accertamento del credito maturato a titolo di interessi moratori, deve compiere la suddetta verifica in sede di ammissione al passivo del credito, secondo le regole stabilite dalla legge speciale, attuativa della direttiva comunitaria menzionata.
Alla luce delle deduzioni appena esposte, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e cassava la sentenza impugnata, rinviando la causa anche per le spese al Tribunale di Genova.
OVE CON IL PIGNORAMENTO E LE SPESE CONSEGUENTI, IL CREDITORE SIA RIUSCITO A CONSERVARE ALLA MASSA ATTIVA FALLIMENTARE QUEL BENE
Decreto | Tribunale di Napoli Nord, Pres. Lamonica – Est. Di Giorgio | 16.11.2016 |
I CREDITORI PRIVILEGIATI POSSONO PARTECIPARE AL VOTO PER LA PARTE RESIDUA
Sentenza | Cassazione Civile, sez. prima, Pres. Nappi – Rel. Terrusi | 31.10.2016 | n.22045
FALLIMENTO: IL GIUDICE DELEGATO PUÒ EMETTERE ORDINE DI LIBERAZIONE IMMOBILE
LO STRUMENTO EX ART. 560 C.P.C. UTILIZZABILE ANCHE OVE IL CURATORE ABBIA SCELTO LE PROCEDURE COMPETITIVE AI SENSI DELL’ART. 107, COMMA 1, L.F.
Ordinanza | Tribunale di Mantova, Dott.ssa Laura De Simone | 13.10.2016 |
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