ISSN 2385-1376
Testo massima
Il contributo integrativo di cui all’art. 11 della legge n. 576 del 1980 non costituisce retribuzione, di talché non è allo stesso applicabile il disposto di cui all’art. 2751-bis, n. 2, c.c. Né detto contributo rientra nella previsione di cui all’art. 2754 c.c., norma che, in funzione residuale rispetto all’art. 2753 c.c., si riferisce ai contributi dovuti dal datore di lavoro per le assicurazioni sociali in senso lato agli enti previdenziali e non, quindi, al contributo integrativo in rivalsa dell’avvocato, dovuto alla propria Cassa previdenziale.
Ai fini dell’ammissione al passivo del fallimento i crediti del professionista per il rimborso del contributo integrativo da versarsi alla Cassa di previdenza (al pari di quelli per rivalsa I.V.A.), hanno una collocazione diversa da quella spettante al credito per le corrispettive prestazioni professionali, atteso che essi non costituiscono semplici accessori di quest’ultimo, ma conservano una loro distinta individualità.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Sezione Prima, Pres. Ceccherini Rel. Di Virgilio, con sentenza n. 13771, depositata in data 03.07.2015.
Nel caso in esame, l’avvocato proponeva opposizione allo stato passivo del Fallimento, lamentando, in relazione alle prestazioni eseguite a favore della ditta fallita, l’ammissione in privilegio di una somma minore rispetto a quella documentata.
Il Tribunale di Novara accoglieva parzialmente l’opposizione, mentre la Corte di Appello respingeva l’impugnazione. In particolare, la Corte del merito respingeva la richiesta di collocazione in privilegio per il contributo integrativo di cui all’art. 11 L. n. 576/1980, costituente un semplice accessorio per le prestazioni professionali, rispetto alle quali conserva la propria individualità. Avverso la pronuncia della Corte di merito, il professionista proponeva ricorso per cassazione.
La Suprema Corte, motivando il rigetto dell’impugnazione, ha ribadito richiamando un orientamento già espresso in pregresse pronunce la natura e la qualificazione giuridica del contributo integrativo ex art. 11 Legge 576/12980.
In particolare, richiamando il principio della tassatività dei privilegi, la Cassazione ha precisato che, ai fini dell’ammissione al passivo fallimentare, ai compensi dovuti ad un avvocato per lo svolgimento della sua attività professionale, è applicabile il privilegio generale sui mobili a norma dell’art. 2751-bis, n. 2, c.c., con riferimento alle voci qualificabili quali “diritti” ed “onorari“, ma con esclusione delle spese anticipate dal professionista, dato che il relativo credito non è riconducibile alla nozione di “retribuzione dei professionisti” di cui alla disposizione citata e, quindi, è sfornito di qualsiasi privilegio. In sostanza, i crediti del professionista per il rimborso del contributo integrativo da versarsi alla Cassa di previdenza avvocati e procuratori (al pari di quelli per rivalsa I.V.A.), non costituiscono semplici accessori del credito del professionista per l’espletamento della prestazione professionale, ma conservano una loro distinta individualità. Derivano da ciò l’inapplicabilità degli artt. 2751 bis e 2754 c.c..
Testo del provvedimento
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