ISSN 2385-1376
Testo massima
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Ascanio Amenduni del foro di Bari
Ai fini della prova del credito della Banca per uno scoperto di conto corrente, la allegazione che erano stati intrattenuti contratti di c/c e che gli stessi presentavano un precisato scoperto a carico del fallito risulta integrata con la documentazione degli estratti conto, i quali danno conto dello svolgimenti dei rapporti.
Anche a voler spogliare del tutto l’estratto conto del suo effetto negoziale di presunzione di veridicità di cui agli artt. 1832, 1857 c.c. e 119 TULB, la curatela in quanto parte del processo, non può essere ritenuta esonerata dai doveri di contestazione specifica ex artt. 115 e 167 c.p.c..
Questi i principi affermati dal Tribunale di Bari, Pres. Rel. dott. Giuseppe Rana, con decreto reso in data 30.03.2015, nell’ambito di un giudizio di opposizione allo stato passivo.
In particolare, la Banca depositava istanza di ammissione al passivo, nel fallimento della società correntista, per uno scoperto di conto ordinario e per un saldo debitore di un conto anticipo, producendo il contratto di c/c ordinario e n. 2 estratti conto.
Il Giudice Delegato dichiarava esecutivo lo stato passivo del fallimento, escludendo il credito della Banca per carenza di documentazioni giustificative dello stesso.
Avverso tale provvedimento, la Banca proponeva opposizione e la curatela si costituiva in giudizio, eccependo la tardività, e dunque l’inammissibilità, della documentazione prodotta dall’Istituto di Credito in pendenza del giudizio di opposizione e deducendo, inoltre, che gli estratti conto, sebbene non contestati tempestivamente dal correntista, non costituiscono prova contro il fallimento, se non assistiti dalla documentazione delle singole operazioni ovvero dalle scritture contabili analitiche.
Il Tribunale, nel rigettare l’eccezione della curatela, illustra, preliminarmente, gli effetti – di approvazione tacita e decadenza dall’impugnazione riconosciuti dagli artt. 1832 cc e 119 TULB ed evidenzia, poi, correttamente come tali effetti non siano opponibili al curatore fallimentare, e ciò in conseguenza della estraneità della curatela al rapporto tra la banca e il correntista medesimo.
Tuttavia, secondo il Tribunale, tale posizione merita di essere riconsiderata alla luce del principio di non contestazione, oggetto di un articolato percorso ed, in particolare, alla luce delle seguenti novità intervenute: a) l’art. 167 c.p.c., secondo cui il convenuto deve prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda; b) la Sentenza delle Sezioni Unite n. 761/2002, circa la generale esistenza nel nostro ordinamento del “principio di non contestazione”, per effetto del quale sussiste l’onere per il convenuto (e per l’attore), di prendere posizione sui fatti dedotti a fondamento della domanda distinguendoli dai cd. fatti secondari e riconoscendo, in caso di mancata contestazione, un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente;c) l’art. 115 c.p.c., così come novellato dalla L. 69/2009, in forza del quale il Giudice può porre a fondamento della sentenza “i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”, senza distinzione tra fatti principali e secondari.
Riconducendo tale principio al caso di specie, il Tribunale di Bari ha rilevato come non vi sia dubbio che “la allegazione che erano stati intrattenuti contratti di c/c e che gli stessi presentavano un precisato scoperto a carico del fallito risulta integrata con la documentazione degli estratti conto, i quali appunto danno conto dello svolgimenti dei rapporti”.
Viene precisato, poi, come, anche a voler spogliare del tutto l’estratto conto del suo effetto negoziale di cui agli artt. 1832, 1857 c.c. e 119 TULB, allo stesso non si possa ragionevolmente negare la natura di specifica allegazione di fatti attinenti alla esecuzione del rapporto e tali da integrare l’effetto finale del saldo a debito.
Aggiunge come, la curatela potrebbe sottrarsi all’onere della contestazione di cui agli artt. 115 e 167 c.p.c. solo adducendo l’estraneità delle documentate operazioni alla propria sfera di conoscenza ma tale asserzione sarebbe in contrasto con la fisiologia della curatela stessa, di regola in possesso dell’intera documentazione contabile relativa ai rapporti intrattenuti dal fallito.
In conclusione, “se dunque può essere ragionevole, come afferma la S.C., non coinvolgere la curatela negli effetti di presunzione di veridicità che deriva dal meccanismo negoziale sostanziale di cui all’art. 1832 c.c., essa, in quanto parte del processo, non può essere ritenuta esonerata dai doveri di cui sopra (artt. 115 e 167 c.p.c.). Diversamente argomentando, si avrebbe l’attribuzione di una situazione di vantaggio per il fallimento e di pregiudizio per il creditore, che non trova alcuna giustificazione razionale”.
A questo punto, il Tribunale afferma potersi applicare il tasso ex art. 117 TULB in mancanza della prova della pattuizione degli interessi per il conto anticipi.
Sulla base delle illustrate argomentazioni, il Tribunale ha accolto l’opposizione allo stato passivo proposta dalla Banca, ammettendo il relativo credito in via chirografaria, come rideterminato dal CTU.
In altri termini, il Tribunale di Bari, con il provvedimento in esame, ha sostanzialmente affermato il principio secondo cui il credito della Banca per uno scoperto di conto corrente può essere ammesso al passivo anche in mancanza del contratto e della relativa pattuizione degli interessi, atteso che, in mancanza di specifica contestazione del curatore circa il rapporto di c/c, gli estratti conto, pur non producendo nei confronti del curatore l’effetto negoziale di cui agli artt. 1832, 1857 c.c. e 119 TULB, hanno la natura di specifica allegazione di fatti attinenti l’esistenza o e lo svolgimenti dei rapporti tali da integrare l’effetto finale del saldo a debito.
Testo del provvedimento
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