In tema di ammissione al passivo, il fatto che il creditore sia inserito in un’associazione professionale, costituita con altri professionisti per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, non comporta, di per sé, quale conseguenza automatica ed indefettibile, la inapplicabilità del privilegio di cui all’art. 2751 bis, comma 1, n. 2) c.c.; tuttavia, è pur sempre necessario che, in siffatta ipotesi, il rapporto di prestazione d’opera si instauri esclusivamente e direttamente tra il singolo professionista e il cliente, soltanto in tal caso potendosi ritenere che il credito abbia per oggetto prevalente la remunerazione di un’attività lavorativa, ancorché comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento.
Se è vero che la proposizione della domanda di insinuazione al passivo fallimentare da parte di uno studio associato può far presumere l’esclusione della personalità del rapporto d’opera professionale da cui quel credito è derivato e, dunque, l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio sopra citato; resta però salva l’ipotesi – nella quale il privilegio può quindi trovare applicazione – in cui si dimostri che il credito si riferisca ad una prestazione svolta personalmente dal professionista, in via esclusiva o prevalente, e sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall’associazione professionale.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, sez. I civile, Pres. Cristiano – Rel. Vella con l’ordinanza n. 10977 del 26 aprile 2021.
Nella vicenda esaminata uno studio associato proponeva opposizione avverso il provvedimento con cui il Giudice delegato aveva ammesso al chirografo il credito per le prestazioni professionali svolte in favore di una società cliente, poi fallita, negando il privilegio invocato ex art. 2751-bis c.c., n. 2).
Il Tribunale, nel rigettare l’opposizione, sottolineava che nella specie la ragione dell’esclusione del privilegio doveva rinvenirsi nella coincidenza tra destinatari del conferimento dell’incarico e l’associazione, proprio perché tutti i soggetti facenti parte dell’associazione erano stati coinvolti nell’incarico.
Avverso il predetto provvedimento di rigetto lo studio associato ricorreva per cassazione, lamentando di aver dato piena prova della distinta riferibilità delle varie prestazioni necessarie per lo svolgimento del mandato ai due associati, i quali le avrebbero svolte materialmente e separatamente, secondo le rispettive qualifiche e competenze, a fronte di un incarico ad essi pacificamente conferito, a nulla rilevando che il contratto fosse stato firmato dal solo legale rappresentante dell’associazione e che le parcelle fossero intestate all’associazione.
La Suprema Corte ha quindi specificato che il fatto che il creditore sia inserito in un’associazione professionale, costituita con altri professionisti per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, non comporta di per sè – quale conseguenza automatica ed indefettibile – la inapplicabilità del privilegio di cui all’art. 2751-bis c.c., n. 2), dovendosi pur sempre verificare che il rapporto di prestazione d’opera si instauri esclusivamente e direttamente tra il singolo professionista e il cliente, in quanto solo in tal caso si potrà ritenere che il credito abbia per oggetto prevalente la remunerazione di un’attività lavorativa, ancorché comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento.
Ciò in quanto, seppur vero che la proposizione della domanda di insinuazione al passivo fallimentare da parte di uno studio associato può far presumere l’esclusione della personalità del rapporto d’opera professionale da cui quel credito è derivato e, dunque, l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio, resta però salva l’ipotesi – nella quale il privilegio può quindi trovare applicazione – in cui si dimostri che il credito si riferisca ad una prestazione svolta personalmente dal professionista, in via esclusiva o prevalente, e sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall’associazione professionale.
In ragione di tali rilievi la Corte ha accolto il ricorso, cassando il decreto impugnato e rinviato al Tribunale di Bergamo in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
NEL GIUDIZIO DI VERIFICAZIONE DEL PASSIVO È PIENAMENTE EFFICACE LA REGOLA DEL GIUDICATO ENDOFALLIMENTARE L. FALL., EX ART. 96
Ordinanza | Corte di Cassazione, I sez. civ., Pres. Di Virgilio – Rel. Federico | 17.04.2020 | n.7898
L’ACCERTAMENTO DELLA DEFINITIVITÀ DEVE ESSERE PRONUNZIATO IN DATA ANTERIORE AL FALLIMENTO
Ordinanza | Corte di Cassazione, VI -I sez. civ., Pres. Didone – Rel Vella | 30.10.2020 | n.24157
AMMISSIONE AL PASSIVO: VA RIGETTATA SE IL CREDITO DERIVA DA PRESTAZIONI CONTRARIE AL BUON COSTUME
PER LE IMPRESE IN CRISI IL FINANZIAMENTO PREDATORIO (ARTIFICIOSI ANTICIPI PER FORNITURE) VA ESCLUSO
Ordinanza | Corte di Cassazione, I sez. civ., Pres. Genovese – Rel. Dolmetta | 05.08.2020 | n.16706
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