L’ammissione allo stato passivo di un fallimento risponde all’esigenza di restituire quanto spettante e di ristorare il creditore. Tuttavia, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2035 cc, non sono ripetibili le prestazioni contrarie alle norme imperative penali oppure al buon costume, ossia quelle effettuate in contrasto con la morale sociale di un dato periodo storico. Nella categoria rientrano anche gli artificiosi anticipi per forniture finalizzati ad evitare all’imprenditore già in dissesto l’apertura di una procedura concorsuale.
Non ha diritto alla restituzione delle somme la società che finanzia un’impresa, di cui conosce lo stato di crisi, allo scopo di acquisirne gli asset, con il risultato di ritardarne il fallimento, a danno dei creditori, e consentire a un’azienda ormai prossima alla “decozione”, di restare sul mercato.
Questi i principi ripresi dalla Corte di Cassazione, VI sez. civ. -1, Pres. Scaldaferri – Rel. Di Marzio, con l’ordinanza n. 12252 del 23 giugno 2020.
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