ISSN 2385-1376
Testo massima
Per il Tribunale di Torino il divieto di anatocismo di cui al nuovo art. 120 TUB non è immediatamente operativo.
Lo ha stabilito con provvedimento del 16 giugno 2015, in persona del Giudice dott. Luca Martinat, respingendo il ricorso cautelare promosso da un’associazione dei consumatori contro un istituto di credito.
Smentita, pertanto, la linea dettata dal Tribunale di Milano con le note ordinanze del 3 e 4 aprile 2015, che avevano messo in “allarme” il sistema bancario.
IL CASO
La decisione trae origine dall’istanza cautelare ex art. 140, comma 8 del Cod. Consumo, presentata da un’associazione dei consumatori, al fine di inibire alla Banca convenuta ogni forma di capitalizzazione degli interessi passivi maturati sui contratti di conto corrente in essere con i consumatori e comunque di inibire l’applicazione degli interessi anatocistici.
Presupposto dell’istanza, l’immediata operatività del nuovo art.120 TUB, che sancirebbe – come interpretato dalla ricorrente un divieto tout court di applicazione di interessi anatocistici nei rapporti bancari.
Nel caso di specie, il giudice torinese ha rilevato la mancanza del periculum in mora a sostegno della formulata domanda di inibitoria cautelare, che richiede l’esistenza di “giusti motivi d’urgenza“, atteso che il decorso di un notevole lasso di tempo dall’inizio della condotta contestata nella piena notorietà della condotta stessa, prima dell’introduzione del giudizio cautelare, fa venire meno quelle esigenze di tempestività dell’intervento giudiziale sottese alla necessità di tutela del consumatore.
Nell’analisi del fatto storico, il Tribunale ha poi ritenuto meritorio il comportamento dell’istituto di credito che, all’indomani dell’emanazione della novella normativa, aveva manifestato ai clienti con opportune comunicazioni l’impegno a rispettare con effetto retroattivo ogni decisione in merito assunta dal CICR, circostanza idonea a ridimensionare l’effetto pregiudizievole di natura patrimoniale conclusivamente a carico dei consumatori (la Banca, infatti, ha documentato di aver comunicato a tutti i propri correntisti le modifiche apportate all’art. 120 del Tub, riferendo loro altresì di essere in attesa delle delibere del CICR sulle modalità applicative della novella, così adottando un comportamento nel segno della trasparenza e correttezza nei rapporti con i clienti).
LA QUESTIONE CONTROVERSA
Il nodo della vicenda in ogni caso è tutto “di merito” e va analizzato a partire dalla lettura del nuovo art. 120, secondo comma, del Testo Unico delle disposizioni in materia Bancaria e Creditizia (TUB), come modificato dalla legge n. 147/2013:
“Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale“;
Il richiamo all’attività regolamentare del CICR si rende necessario per due ordini di ragioni: in primo luogo, per l’intrinseca natura tecnica della normativa, che impone al Comitato Interministeriale valutazioni discrezionali (restando ovviamente nel solco tracciato dal legislatore) sulle modalità applicative della novella; in secondo luogo, per l’oscurità in sé del dettato normativo, che si presta ad opposte e controverse opzioni ermeneutiche.
Si discute dunque se la nuova disciplina sia immediatamente operativa (e quindi in vigore dal 1 gennaio 2014) ovvero se la stessa potrà ritenersi vigente solo dopo una nuova delibera del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio.
Le associazioni dei consumatori sostengono di sì, le banche, invece, ritengono il contrario.
Secondo le prime, infatti, per quanto non formalmente abrogata dalla novella del 2013, la precedente (e nota) delibera CICR in materia di capitalizzazione (del 9.2.2000) in quanto norma secondaria incompatibile con l’attuale formulazione della norma primaria (ovvero l’art. 120 del TUB) dovrebbe intendersi per abrogata, con conseguente illegittimità delle pratiche anatocistiche sugli interessi passivi posti in essere dalla resistente in forza della normativa preesistente, non sussistendo inoltre, la necessità di un’ulteriore delibera CICR (queste le argomentazioni portate a sostegno anche dalla ricorrente nella decisione in commento).
Di contro, come sottolineato nel caso di specie dalla Banca convenuta, l’art.120 TUB, da un lato non vieterebbe l’anatocismo (in caso contrario la previsione sarebbe anzi contraria all’ordinamento comunitario) in quanto il dato letterale (ovvero l’impiego della locuzione “gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori“) PARREBBE CONSENTIRE una prima capitalizzazione degli interessi (essendo dunque vietata solamente la capitalizzazione di ulteriori interessi) in aderenza alla disciplina previgente, mentre, dall’altro lato, la novella non potrebbe già essere considerata in vigore (essendo necessario al contrario l’intervento regolatore del Cicr ed essendo in caso di opposta soluzione interpretativa la novella incostituzionale in quanto il tempo concesso dal legislatore alle banche per l’adeguamento alla nuova normativa sarebbe stato irragionevolmente breve);
Pur decidendo la controversia de qua sulla base di un’argomentazione squisitamente processuale (che attiene alla mancanza dell’esigenza cautelare) il Tribunale piemontese sembrerebbe aderire alla seconda delle due prospettazioni.
In questo senso vanno infatti interpretati due passi della decisione:
– In primis, nel pronunciarsi sulla circostanza che la Banca resistente, da gennaio 2014 aveva pubblicamente continuato ad applicare la vecchia delibera Cicr del 2000, il Giudice ritiene quest’ultima “per la verità anche attuale, in assenza di abrogazioni esplicite”;
– In secundis, laddove testualmente si legge che “il Cicr in ogni caso ovvero anche in caso di ritenuta abrogazione dal primo gennaio 2014 della precedente disciplina disciplinante l’anatocismo è obbligato ad intervenire nella materia giusta la delega contemplata dall’attuale formulazione dell’art. 120 del Tub e giusta la presenza di questioni tecniche/operative per le quali è comunque necessaria una sua regolamentazione“.
IL COMMENTO
Il contrasto giurisprudenziale al quale si assiste in questi mesi nasce tutto dall’oscura formulazione di una norma già destinata ad “ingolfare” le aule di Tribunale.
Invero il Tribunale di Milano, con due ordinanze del 3 e 4 aprile 2015, (http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/art-120-comma-2-tub-e-le-decisioni-del-tribunale-di-milano.html), aveva optato per l’immediata applicabilità dell’art.120 TUB, anche in assenza di una delibera CICR attuativa, mentre il Tribunale di Cosenza, con provvedimento del 27 maggio 2015 (http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/anatocismo-dubbia-l-immediata-operativita-del-nuovo-art-120-tub.html), si era espresso in senso contrario.
A fronte della confusione interpretativa, è opportuno porre in evidenza alcuni aspetti “chiave“, che sembrerebbero negare in maniera schiacciante la vigenza della nuova formulazione dell’art.120 TUB, in mancanza di un intervento regolamentare volto a chiarirne “modalità e criteri” della relativa applicazione.
La prima “censura” di ordine formale alla novella del 2013 attiene alla chiarezza, logicità e ragionevolezza in sé del dettato normativo, tale da poter mettere in discussione la stessa costituzionalità dell’intervento del legislatore, per i motivi che gradatamente si esporranno.
La nuova formulazione dell’art.120 TUB, secondo comma, è semplicemente “incomprensibile“, come ha già notato buona parte della dottrina e come risulta chiaro dalle odierne oscillazioni giurisprudenziali. Da ciò è nata l’impossibilità applicativa della medesima da parte del sistema bancario.
Che cosa significa, infatti, che “gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale“?
Come riportato nell’ordinanza del Tribunale di Torino, “il dato letterale
PARREBBE CONSENTIRE una prima capitalizzazione degli interessi”.
Ed ancora, l’espressione “nelle successive operazioni di capitalizzazione [gli interessi] sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale” sembra anch’essa contraddittoria. Delle due, l’una: o gli interessi sono “divenuti capitale” e dunque non è più dato distinguersi tra obbligazione accessoria e obbligazione principale, ovvero gli interessi conservano la propria natura (dunque non sono capitalizzati!) ed allora potrebbe sì ritenersi che la successiva produzione di interessi integri una fattispecie anatocistica.
Ma i profili di irragionevolezza (e/o incostituzionalità) non finiscono qui.
La normativa potrebbe ritenersi in aperto contrasto con il diritto comunitario.
È facile notare, infatti, come la capitalizzazione degli interessi sia una pratica comune in tutti gli Stati Membri dell’Unione, nessuno dei quali prevede un divieto tout court come quello (che sembrerebbe) sancito dal legislatore italiano.
Un simile divieto sembrerebbe pertanto in contrasto con il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nella parte relativa alla libera prestazione dei servizi, libertà di stabilimento ed alla libera circolazione dei capitali.
Per questa via, potrebbe addirittura decretarsi l’incostituzionalità della novella legislativa, considerando le disposizioni del TFUE quali “norme interposte” rispetto all’art.117, comma 1 Cost., a mente del quale “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali“.
Non è un caso, pertanto, che il nuovo art.120 TUB non “piaccia” alla Commissione Europea, tanto che il direttore generale della per la Stabilità finanziaria, servizi finanziari e Unione dei mercati dei capitali della Commissione, Jonathan Faull, ha inviato al rappresentante permanente per l’Italia presso la UE, Stefano Sannino, una lettera di “chiarimenti urgenti” all’indomani della pubblicazione di quelle decisioni giurisprudenziali che accordavano immediata vigenza alla disposizione in questione.
Ed ancora, posto che la controversa normativa sancisca effettivamente il divieto tout court di anatocismo nei rapporti bancari, può dirsi ragionevole decretarne l’immediata operatività, rispetto alla necessità di far fronte a tutti i problemi tecnici (e contabili) di adeguamento del sistema bancario ad un divieto senza precedenti? Ciò, inoltre, garantirebbe quel bilanciamento di interessi protetti, tra i quali la tutela del risparmio di cui all’art.47 Cost. (“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito“)?.
Non bisogna dimenticare, infatti, che la norma non distingue tra interessi attivi e passivi (mentre la precedente formulazione, come interpretata dal CICR era tutta imperniata sulla necessità di pari periodicità nella capitalizzazione degli interessi) e che, ove fosse ritenuta operante già dal 1 gennaio 2014 i risparmiatori con conti correnti attivi potrebbero essere penalizzati, in quanto la banca potrebbe chiedere la restituzione degli interessi capitalizzati in loro favore.
In altri termini, in pur isolati casi, la “partita” economica tra banca e cliente potrebbe chiudersi anche con un saldo positivo per la prima a danno del secondo.
Ed allora viene da chiedersi: le associazioni dei consumatori stanno concretamente tutelando i risparmiatori oppure stanno semplicemente dando luogo ad un nuovo e strumentale contezioso “seriale”?
La risposta a tutti gli interrogativi fin qui posti può essere solo una: è più che necessario l’intervento regolamentare del CICR che dia “forma” e “sostanza” ad una disciplina di per sé oscura ed “allarmante” (per entrambi gli interessi in gioco).
Così fu, peraltro, anche in occasione della precedente riforma dell’art.120, secondo comma, TUB, quando (ma la novella era in quel caso favorevole al sistema bancario) la giurisprudenza attese pazientemente la delibera CICR del 9.2.2000 per accordare vigenza alla riforma e validità alle operazioni di capitalizzazione periodica.
Il sistema giuridico ed economico italiano non può “reggere” le ricadute applicative di una norma che si presta alle più disparate interpretazioni.
Può concludersi, allora, riportando il pensiero autorevolmente espresso su questa Rivista dal Prof. Fabrizio Maimeri, a commento delle controverse ordinanze “milanesi”:
“Se il legislatore avesse avuto miglior memoria, invece di inserire (secondo la consueta tecnica del colpo di mano) in una legge di stabilità una disposizione di divieto dell’anatocismo della quale non si sentiva particolare necessità (una volta acquisita la parità di periodizzazione ogni questione di squilibrio doveva ritenersi eliminata) né vi era stato un preventivo dibattito né alcun tipo di approfondimento per la quale non c’era stata alcuna preparazione sostanziale, avrebbe dovuto rammentarsi che proprio la necessità di evitare il gap competitivo a livello comunitario (e oltre) spinse il legislatore a intervenire con l’art. 120, comma 2, TUB, sostituendo “in corsa” il fondamento dell’anatocismo (dagli usi alla delibera del CICR). Ora come allora, si tratta di risolvere una situazione tanto più delicata in quanto crea un gap competitivo privo di giustificazioni soddisfacenti a fronte di una uniformità di comportamento che va avanti da oltre un secolo e che garantisce uniformità di prassi a livello europeo e, in qualche misura mondiale (anche negli USA e in Giappone le banche seguono il criterio della capitalizzazione)“.
Testo del provvedimento
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 339/2015
Tags : Anatocismo, art. 120 TUB, Art.1283 cc, associazioni dei consumatori, capitalizzazione, CICR, commissione europea, Delibera CICR 9.2.2000, Dott. Luca Martinat, inoperante il divieto del nuovo art. 120 TUB, Jonathan Faull, ordinanza del 16-06-2015, ordinanze di Milano, Stefano Sannino, Tribunale di Torino