ISSN 2385-1376
Testo massima
Segnalata dall’Avv Emilia Francesca Arturi del Foro di Cosenza
In materia di anatocismo, appare dubbia l’operatività del divieto di cui all’art. 120 T.U.B., come risultante dalla riforma introdotta con la legge di stabilità 2014, in difetto della delibera CICR di attuazione.
Così il Tribunale di Cosenza, in persona della dott.ssa Urania Granata, con l’ordinanza istruttoria del 5 maggio 2016, ha confermato i dubbi interpretativi della giurisprudenza sull’immediata applicabilità del “nuovo” art. 120 TUB in materia di anatocismo bancario.
Il provvedimento respinge, ritenendola esplorativa, la richiesta di consulenza tecnico-contabile (classicamente) volta al ricalcolo del saldo dare-avere di rapporti bancari, sia per la genericità delle allegazioni in merito alla dedotta usurarietà delle pattuizioni invero inequivoche per il giudice cosentino e per la mancata produzione dei decreti ministeriali trimestrali (*), sia per l’inapplicabilità del divieto di anatocismo che l’art. 120 TUB, nella nuova formulazione, avrebbe sancito, stante la mancanza della delibera CICR di attuazione.
La pronuncia del Tribunale calabrese fornisce uno spunto di riflessione sullo “stato dell’arte” della normativa e della giurisprudenza in materia di anatocismo bancario, con particolare riferimento alle modifiche che hanno interessato di recente e continuano ad interessare l’art. 120, comma secondo, TUB, fonte di oscillazioni interpretative di non poco conto negli ultimi due anni.
Riformata, appunto, dalla “Legge di Stabilità per il 2014” (art. 1, comma 629, L. 27 dicembre 2013, n. 147), la disposizione è stata al centro di un vivo dibattito giurisprudenziale, per effetto di una formulazione infelice, che il CICR ha “faticato” a tradurre rapidamente in termini operativi.
Di fronte all’incertezza che ne è seguita, il legislatore è intervenuto nuovamente, novellando ancora la norma con l’art. 17 bis del d.l. 14 febbraio 2016, n. 18 (aggiunto in sede di conversione con legge 8 aprile 2016, n. 49).
Di seguito è possibile apprezzare le modifiche con una tavola sinottica:
Art.
120, secondo comma, TUB
(2000-2013)
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Art. 120, secondo comma, TUB
(2014-2016)
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Art. 120, secondo comma, TUB
(2016)
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2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la
produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in
essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che
nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della
clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori
sia creditori.
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2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la
produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio
dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in
conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa
periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli
interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi
ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono
calcolati esclusivamente sulla sorte capitale2. Il CICR stabilisce modalità e
criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere
nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle
operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela,
la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia
creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre
interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione,
sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.
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2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la
produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio
dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) nei rapporti di conto corrente o di conto di
pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa
periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori,
comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31
dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui
sono dovuti;
b) gli interessi debitori maturati, ivi compresi
quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono
produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati
esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto
corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di
affidamento ovvero oltre il limite del fido: 1) gli interessi debitori sono
conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1º marzo dell’anno
successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del
rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili; 2) il cliente può
autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al
momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata
è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento,
purché prima che l’addebito abbia avuto luogo.
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L’ordinanza in commento è evidentemente relativa a fattispecie non ancora interessata dalla più recente delle modifiche appena mostrate, ma si riferisce all’operatività o meno del presunto “divieto” di anatocismo di cui alla riforma del 2013-2014.
Dietro un dettato normativo apparentemente chiaro («gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori») si celano invero perplessità applicative, sin dal principio rivelatesi insormontabili, sia per quel rinvio all’intermediazione tecnica del CICR invero necessaria come lo era stata analogamente dopo la “storica” riforma del ’99 sia per le enormi difficoltà ad adeguare il sistema (contabile) bancario italiano al contesto europeo, nel quale l’anatocismo è prassi diffusa.
Facendo leva sull’analisi letterale (e dunque non attingendo alla “sostanza” del problema), la giurisprudenza aveva inizialmente accolto le azioni inibitorie promosse da associazioni consumeristiche, volte ad impedire la pratica anatocistica nei rapporti in essere, sin dall’entrata in vigore della legge 147/2013.
Sono note le ordinanze del Tribunale di Milano del 25 marzo e 3 aprile 2015, che avevano sancito con grande clamore mediatico l’immediata applicabilità della novella legislativa e che avevano fatto notare ad un autorevole Autore, sulle pagine di questa rivista, come il legislatore fosse incorso nell’ennesimo «pasticcio, rispetto al quale la magistratura ha preferito [
] una prospettiva distruttiva anziché costruttiva» (Cfr. MAIMERI,
Art. 120, comma 2, TUB e le decisioni del Tribunale di Milano). In particolare, in quel contributo si evidenziava la disparità di trattamento della giurisprudenza “post 2013” rispetto a quella “post 1999”, che di fronte alla definitiva legalizzazione (regolamentata) dell’anatocismo bancario aveva ritenuto necessaria senza voci discordanti l’adozione della delibera CICR richiamata dalla disciplina primaria, perché quest’ultima potesse ritenersi operante.
Si notava, ancora, guardando all’aspetto del favor per il consumatore a cui quelle pronunce erano ispirate, che «un divieto che non si sa come applicare non è una tutela, è un disastro; non è una salvaguardia, è l’anticamera di un contenzioso ripetitivo; non è un sistema per evitare danni maggiori (come sembra dire in un passaggio il Tribunale), è la strada migliore per crearne di nuovi».
I dubbi sollevati sulla nettezza di quelle pronunce sono stati presto accolti dalla giurisprudenza successiva, ormai sempre più orientata a ritenere inoperante la modifica dell’art. 120, secondo comma, TUB, sino all’adozione della delibera CICR di attuazione.
Le ragioni del revirement si ritrovano sintetizzate, in particolare, in due pronunce del Tribunale di Bologna (
9 dicembre 2015 e
25 marzo 2016), che mettono in evidenza, in particolare, un dato normativo spesso trascurato dall’interprete poco attento: l’art. 161, quinto comma, TUB secondo cui «le disposizioni emanate dalle autorità creditizie ai sensi di norme abrogate o sostituite continuano a essere applicate fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti emanati ai sensi del presente decreto legislativo». Detto articolo, in altre parole, subordina l’entrata in vigore della nuova disciplina dell’art. 120 TUB all’emanazione della normativa di tipo secondario regolamentare richiamata dal medesimo decreto.
Non si tratta, dunque, di stabilire se la norma primaria sia o meno sufficientemente chiara, giacché è la stessa norma primaria a “preoccuparsi” di stabilire la propria vigenza “ultrattiva” sino all’adozione delle disposizioni attuative. E non potrebbe essere diversamente, considerato il carattere eminentemente tecnico della legislazione bancaria.
Tale sistema è del tutto coerente con il superiore interesse non solo ad una normativa di carattere generale, ma anche ad una applicazione uniforme della stessa secondo regole precise per tutti (istituti bancari ed utenti), il che appare conforme ad un mercato aperto ad istituti bancari di altri Stati membri dell’UE e con la circostanza che anche la precedente regolamentazione è stata subordinata alla previa emanazione della delibera CICR del 2000.
Proprio il riferimento ad un mercato “aperto” fa venire in rilievo un’altra considerazione dirimente: l’immediata applicabilità del divieto di anatocismo va esclusa perché in contrasto con la disciplina comunitaria.
Ad evidenziare tale aspetto è stato, in particolare, un’importante pronuncia del
Tribunale di Siena 4 agosto 2015, la quale ha evidenziato l’incompatibilità tra il dettato dell’art. 120, secondo comma TUB, che pare imporre a livello strettamente nazionale un nuovo, peculiare e più complesso sistema di contabilizzazione nei rapporti bancari di durata, e il generale divieto ex art. 101, terzo paragrafo e primo paragrafo lettera C e lettera B TFUE, per il quale «Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno ed in particolare quelli consistenti nel -b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti; c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento».
In altri termini, il divieto di cui all’art.101 TFUE è diretto ad evitare l’insorgere di pratiche concordate che creino segmentazioni del mercato unico europeo o che abbiano per oggetto o quale effetto di limitare gli investimenti, per cui il giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione della legislazione interna in contrasto con una norma comunitaria, indipendentemente dal fatto che sia anteriore o posteriore a quest’ultima.
Di fronte ai più recenti arresti giurisprudenziali, non si può che essere perplessi circa la possibilità di accordare immediata vigenza a quella novella normativa che lo stesso legislatore, melius re perpensa, ha dovuto riformulare.
Ne è consapevole evidentemente il Tribunale di Cosenza, che nella pronuncia in commento ha respinto senza indugio la richiesta di ricalcolo formulata dai correntisti.
Il problema interpretativo non può, tuttavia, dirsi risolto con la legge di conversione del d.l. 14 febbraio 2016, n. 18, la quale ancora postula un intervento chiarificatore del CICR, pur avendo mitigato con disposizione certamente più dettagliata la tranciante formulazione novellata. Ad ogni buon conto, se anche tale normativa andrà integrata con la disciplina di attuazione, può ipotizzarsi che la questione dell’immediata operatività del divieto tout court di anatocismo sarà ormai circoscritta, in sede di contenzioso, un periodo di tempo ben circoscritto (2014-2016), limitando gli effetti del “pasticcio” del legislatore del 2013.
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(*) Presupposto indefettibile per dar corso al confronto tra il tasso effettivamente pattuito ed il tasso soglia ricavabile, appunto, dai d.m. “usura” trimestrali. Tali decreti, per giurisprudenza ormai dominante, sono “meri atti amministrativi”, per i quali è escluso il principio jura novit curia, con conseguente onere di produzione in giudizio per la parte che intenda far rilevare il superamento delle soglie antiusura.
Testo del provvedimento
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