Come di consueto tempestivamente, il Collega ed amico Avv. Walter Giacomo Caturano ha commentato sulla nostra rivista la ordinanza n. 23192 del 4 ottobre 2017, emessa dalla Suprema Corte di Cassazione ponendosi il più che giustificato dubbio in merito alla riapertura da parte dei Giudici della Legge, delle tesi del cumulo degli interessi corrispettivi con gli interessi moratori, ai fini della verifica di usurarietà.
Dubbio interpretativo che anche a parere di chi scrive sembra essere essenzialmente fondato sul non felice utilizzo delle espressioni utilizzate, tali da comportare fuorvianti e divergenti conclusioni in merito al dictum (il Collega Caturano si esprime giustamente con il “non dictum”) di essa Suprema Corte
Ovvio che la incertezza interpretativa nasca proprio dalla estrema sintetica esposizione dei fatti di causa, alla quale fanno seguito le ragioni della decisione, che sembrano essere del tutto incompatibili con la prima.
Nel caso in commento è vero che un istituto di credito aveva richiesto la ammissione al passivo per un credito vantato in virtù di un contratto di mutuo fondiario, impugnando il decreto del Tribunale di Matera con il quale era stata rigettata la opposizione allo stato passivo del fallimento di parte mutuataria debitrice.
Il Tribunale locale, sempre ripercorrendo alla lettera i fatti di causa, aderendo alle affermazioni già espresse dal Giudice delegato nella fase della verificazione, aveva indi ritenuto che la Banca doveva essere ammessa al passivo con riferimento alla sola sorte capitale, non potendo essere riconosciuti gli interessi moratori, come sarebbe emerso da una disposta CTU, la quale avrebbe accertato che al momento della pattuizione il tasso degli interessi moratori era superiore al tasso soglia; così vertendosi in una ipotesi di usura originaria, da cui discendeva conseguentemente ai sensi dell’art. 1815 c.c., la declaratoria di nullità della pattuizione del tasso di mora, e la inesigibilità del relativo interesse in favore della Banca.
Con il ricorso introduttivo, si legge ancora nei fatti di causa, la Banca avrebbe impugnato sic et sempliciter la violazione e falsa applicazione dell’art. 1815 c.c. e della Legge 108/96, laddove il Tribunale avrebbe erroneamente rilevato che al fine del superamento del tasso soglia, si doveva valutare l’eventuale usurarietà originaria del tasso di mora ….”e posto che, nel caso di affermata nullità di interessi usurari moratori, detta nullità non potrebbe colpire gli interessi corrispettivi i quali non superino il tasso soglia”.
Ora, non v’è chi non veda la totale incomprensibilità dell’ultimo paragrafo della esposizione in fatto, dal punto di vista squisitamente ortografico e linguistico, tant’è che le successive ragioni della decisione, appaiono essere del tutto in conflitto con l’eppure incomprensibile esposizione del primo.
La Suprema Corte infatti, si limita ad affermare, sul richiamo all’art. 1815 comma 2 c.c., che se sono dovuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi e che si intendono usurari ai sensi della Legge di Conversione 28.02.2001 n. 24, gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi e comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal loro pagamento.
Svolta detta precisazione, la Suprema Corte motiva che il ricorso della Banca sia manifestamente infondato, giacché come avrebbe già avuto modo di statuire la giurisprudenza di legittimità…. “è noto che in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della Legge n. 108/1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (Cass. 4.4.20013 n. 5324); e, continua la Corte, “ha errato allora il Tribunale di ritenere in maniera apodittica che il tasso di soglia non fosse stato superato nella fattispecie concreta, solo perché non sarebbe consentito cumulare gli interessi corrispettivi a quelli moratori al fine di accertare il superamento del detto tasso ….”.
Si fa quindi ancora più evidente la incertezza interpretativa della ordinanza in commento, laddove, seppure dalla infelice rappresentazione linguistica dei fatti di causa, si ricava che la Banca era stata ammessa al passivo del fallimento per il solo credito in linea capitale, con esclusione degli interessi di mora in quanto, soltanto questi, oltre la soglia di legge; in buona sostanza intendendosi, con la espressione ammissione al passivo per il solo credito in linea capitale, l’essere ricompresi e/o non essere espressamente esclusi, gli interessi corrispettivi, ma solo esclusivamente gli interessi moratori.
Al di là e quindi dei proclami che possono provenire dalle associazioni consumeristiche, dalla lettura per esteso della ordinanza si ricaverebbe e solo la tesi giusta la quale non si può affermare che gli interessi moratori non rilevano ai fini della usurarietà, solo perché non si debbano sommare agli interessi corrispettivi; cosa questa ben diversa dall’affermare che gli interessi di mora si debbano sempre sommare con gli interessi corrispettivi, per i fini della verifica del superamento del tasso soglia, tempo per tempo vigente.
La giurisprudenza di merito afferente la materia della locazione finanziaria (leasing), proprio sulla scia della effettiva incomprensibile ordinanza del 4.10.2017 in commento a cura dei giudici della legge, continua invece ad affermare, senza alcuna ombra di dubbio, le consolidate tesi di merito ad oggetto le questioni afferenti il NO all’anatocismo ed alla usura in area leasing.
Lo fa il Tribunale Ordinario di Brescia, con la ordinanza pronunciata dal Giudice Dott. Giuseppe Magnoli in data 27.09.2017, nella fattispecie afferente la richiesta di condanna alla richiesta di bene immobile concesso in leasing, formulata come di consueto con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., nella quale parte resistente instava per l’accertamento e la declaratoria, ex art. 1815 comma 2 c.c., di nullità delle clausole del contratto di locazione finanziaria portato all’esame, con la conseguente richiesta di convertire il contratto di leasing da oneroso a gratuito; richiedendo altresì l’ accertamento e declaratoria del mancato rispetto da parte del lessor, della normativa sulla trasparenza bancaria ex art. 116 TUB; la rideterminazione dei rapporti dare/avere tra le parti in costanza del rapporto e la condanna della concedente alla restituzione ex art. 2033 c.c., degli importi indebitamente percepiti unitamente agli interessi legali dal giorno della conclusione del contratto, fino alla corresponsione del saldo effettivo.
Anche nel caso in commento, parte resistente ha richiesto disporsi CTU contabile al fine di accertare e fra l’altro che l’interesse di mora era sin dalla stipula superiore al tasso soglia, oltre che accertare che il lessor sin dalla stipula, ricomprendesse l’interesse di mora come facente parte di tutte le altre voci che rappresentavano un costo per il cliente.
Orbene proprio con riferimento alla predetta richiesta, il Giudice di Brescia ha ritenuto opportuno esaminarla con priorità rispetto alle altre, giacché dall’eventuale suo accoglimento, avrebbe potuto conseguire l’accertamento della insussistenza dell’inadempimento posto a fondamento dell’esercizio dei poteri derivanti dalla clausola risolutiva espressa, come comminata dal lessor nei confronti dell’utilizzatore.
Con riferimento al tema dell’usura e del tasso mora, il Giudice ha precisato che il D.M. attuativo della Legge 108 del 24.09.1998 n. 1090200 (in G.U. 30.09.1998, al numero 6, lettera D del punto C3) (metodologie di calcolo del TEG) espressamente afferma che “sono esclusi gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo”….; ciò posto, il giudicante ha rilevato che la clausola penale, così come l’interesse moratorio, non possono considerarsi corrispettivi del credito, cioè della messa a disposizione del denaro richiesto, avendo la ben diversa finalità di rafforzare l’obbligazione del rimborso, venendo a costituire un deterrente dal relativo inadempimento, in previsione appunto della determinazione della conseguente sanzione, in misura sufficientemente afflittiva.
Dunque, non costituendo corrispettivo per la concessione del credito e non essendo contemplati nel D.M., ai fini della determinazione del tasso soglia, gli stessi non potevano determinare in radice realizzazione di usura, né oggettiva né soggettiva.
Ancora il Giudice di Brescia ha evidenziato che la disposizione di cui all’art. 1815 c.c., si riferisce con ogni evidenza al solo tasso di interesse corrispettivo, elemento costitutivo necessario, sul piano causale, del tipo negoziale “mutuo oneroso” e non anche, invece, al tasso moratorio, il quale assolve alla ben diversa funzione della predeterminazione forfetaria del danno risarcibile, secondo il disposto di cui al comma 2 dell’art. 1224 c.c., con finalità analoghe a quelle proprie della clausola penale.
Il Tribunale ha affermato inoltre che a tutto voler concedere, l’eventuale invalidità della clausola relativa al tasso moratorio, non si estende a quella relativa all’interesse corrispettivo, che resta valida e pienamente efficace, anche nel caso in cui la clausola relativa all’interesse moratorio risulti nulla, perchè usuraria.
Quello che non si può fare, afferma con chiarezza il Giudice di Brescia, è mescolare i piani, quello dell’interesse corrispettivo, che è dovuto sempre, con quello dell’interesse moratorio, che è dovuto solo in caso di ritardo nel pagamento del canone, e quindi in caso di inadempimento.
Ancora, sul punto, il Tribunale di Roma con la sentenza n.18411 pronunciata dal Giudice Dott. Marco Cirillo in data 23.09.2017, nella fattispecie di opposizione a decreto ingiuntivo di consegna, come formulata dal lessee nei confronti di società di leasing.
Nel caso di Roma il Magistrato ha esposto che la pattuizione dei tassi di mora non poteva dirsi usuraria, giacché gli interessi erano stati promessi in nove punti oltre EURIBOR vigente alle singole inadempienze, sicché al momento della stipulazione non era noto il tasso base che sarebbe stato applicato al momento della morosità, non avendo alcuna rilevanza l’eventuale superamento alla data della stipulazione e che in ogni caso, quand’anche i nove punti di maggiorazione fossero stati superiori al tasso soglia vigente alla data della stipulazione, la pattuizione non poteva dirsi usuraria in forza del richiamo al dettato contrattuale di riferimento, che prevedeva la cosiddetta clausola di salvaguardia, tale da escludere qualsiasi pattuizione usuraria.
Da ultimo sarà opportuno ricordare anche il commento alla ordinanza del Tribunale di Roma in data 8.06.2017 – Dott. Luigi D’Alessandro (http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-leasing-art-644-c-p-applicabile-ai-soli-oneri-in-rapporto-di-corrispettivita-con-la-dazione-di-denaro-o-di-altra-utilita ), sempre su questa rivista, ove si è e fra l’altro affermata l’infondatezza della tesi secondo cui gli interessi moratori, siccome applicati su importi (i canoni) che comprendono quote di interessi corrispettivi, darebbero allora luogo ad un anatocismo vietato; sul punto infatti il predetto Tribunale ha osservato che gli interessi corrispettivi costituiscono propriamente prestazioni pecuniarie dovute a chi utilizza un capitale altrui, mentre nell’ambito del leasing, i cosiddetti interessi corrispettivi non sono interessi in senso tecnico-giuridico, ma costituiscono il corrispettivo dovuto al soggetto concedente per il godimento di un bene e non per la messa a disposizione di un capitale.
Alla confusa ordinanza della Suprema Corte in data 4.10.2017, sarà bene immediatamente replicare, in ambito leasing, con i richiami alla consolidata giurisprudenza di merito, al fine di fugare ogni dubbio, laddove vi fosse, quanto ad apodittici tentativi di trascinare la ordinanza dei giudici della legge in commento, all’interno di una area che resiste saldamente sul campo.
Abbiamo già scritto su questa stessa rivista che la Legge sulla Concorrenza n. 124 /17, nella parte riferita alla locazione finanziaria, costringerà la Suprema Corte di Cassazione ad abbandonare ogni percorso nomofilattico fin qui svolto, dovendo necessariamente aprire un fronte nuovo e su questa stessa scia dovrà essere fornita la esatta interpretazione, sempre che sia interpretabile, alla ordinanza n. 23192 del 4.10.2017.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
USURA BANCARIA: INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI SI CUMULANO?
Il (non) dictum della Cassazione e le incertezze dell’interprete
Ordinanza | Cassazione Civile, sez. VI – Presidente Scaldaferri – Relatore Ferro | 04.10.2017 | n.23192
USURA LEASING: ART. 644 C.P. APPLICABILE AI SOLI ONERI IN RAPPORTO DI CORRISPETTIVITÀ CON LA DAZIONE DI DENARO O DI ALTRA UTILITÀ
La previsione di un piano di ammortamento alla francese non comporta alcun fenomeno anatocistico
Ordinanza | Tribunale di Roma, Dott. Luigi D’Alessandro | 08.06.2017 |
USURA: NON CUMULABILI TASSO DI MORA E TASSO CORRISPETTIVO
Il cliente deve dedurre in modo specifico l’avvenuto superamento dello specifico tasso soglia
Sentenza | Tribunale di Roma, dott. Vittorio Carlomagno | 10.11.2016 | n.21199
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