ISSN 2385-1376
Testo massima
LA MASSIMA
In tema di sanzioni per l’omessa segnalazione di attività di riciclaggio, il decreto di contestazione ad opera del Ministero dell’Economia e delle Finanze va notificato entro 90 giorni dalla data in cui ragionevolmente la contestazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento.
Nell’individuazione del dies a quo della conclusione dell’accertamento non contano gli accertamenti successivi al momento in cui possono ritenersi definitivamente acquisiti tutti gli elementi inerenti all’illecito amministrativo in contestazione.
LA NORMATIVA
L’art.3 della legge n.197 del 5 luglio 1991 (normativa “antiriciclaggio”) pone in capo al responsabile della dipendenza, dell’ufficio o di altro punto operativo di uno dei soggetti di cui all’articolo 4 (“gli uffici della pubblica amministrazione, ivi compresi gli uffici postali, gli enti creditizi, gli istituti di moneta elettronica, le società di intermediazione mobiliare, le società commissionarie ammesse agli antirecinti alle grida delle borse valori, gli agenti di cambio, le società autorizzate al collocamento a domicilio di valori mobiliari, le società di gestione di fondi comuni di investimento mobiliare, le società fiduciarie, le imprese e gli enti assicurativi e la società Monte Titoli S.p.a. di cui alla legge 19 giugno 1986, n. 289, nonché gli altri intermediari abilitati [
]”) l’obbligo di segnalare senza ritardo al titolare dell’attività o al legale rappresentante o a un suo delegato ogni operazione che per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell’attività svolta dal soggetto cui è riferita, induca a ritenere, in base agli elementi a sua disposizione, che il danaro, i beni o le utilità oggetto delle operazioni medesime possano provenire dai delitti previsti dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale.
L’inosservanza del predetto obbligo di segnalazione è punita, ai sensi dell’art.5, comma 5, con una sanzione pecuniaria fino alla metà del valore dell’operazione, salvo che il fatto costituisca reato.
Il comma 7 dell’art.5 prevede che all’irrogazione delle sanzioni provvede, con proprio decreto, il Ministro del tesoro, udito il parere della commissione prevista dall’articolo 32 del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, approvato con D.P.R. 31 marzo 1988, n. 148.
A tale uopo è prescritto che si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, ad esclusione di quelle contenute nell’articolo 16.
Per quanto concerne il termine entro il quale la violazione dev’essere contestata, l’articolo 14 della richiamata legge n.689/1981, al comma 2 così dispone: “se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento”.
LA PRONUNCIA DELLA CORTE D’APPELLO DI ROMA
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 5170 del 2.10.2013, ha risolto, con l’affermazione dei principi di diritto di cui sopra, la controversia pendente tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed un Istituto di credito, convenuto unitamente al proprio responsabile di sede, prendendo una posizione netta in favore della certezza e ragionevolezza dei tempi in cui una violazione dell’obbligo di segnalazione di attività sospetta, ai sensi della normativa antiriciclaggio, debba essere contestata dal dicastero al presunto responsabile ed all’Ente di appartenenza.
È d’obbligo, preliminarmente, ricostruire le fasi salienti della vicenda nei termini che seguono.
In primo grado la Banca ed il suo dipendente responsabile avevano impugnato il decreto con cui il MEF contestava la violazione dell’art.3 della legge 197/91, irrogando le conseguenti sanzioni amministrative per l’omessa segnalazione di attività potenzialmente illecita ex artt.648-bis (Riciclaggio) e 648-ter (Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) del codice penale;
Il giudice di prime cure, aderendo alle eccezioni di parte opponente, aveva sancito la tardività della contestazione ex art.14 legge 689/91, per essere stata quest’ultima notificata, tramite verbale della Guardia di Finanza, oltre il termine di 90 giorni dalla conclusione dell’accertamento, come datata dallo stesso Giudice;
Di contro, il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva proposto appello, censurando la decisione sotto il profilo della decadenza dai termini per la notifica del decreto di contestazione, così come sanciti dall’art.14 della legge n.689/81.
Ad avviso dell’appellante, infatti, nei giorni successivi all’acquisizione della documentazione bancaria su cui si fondava la contestazione, la GdF aveva effettuato ulteriori approfondimenti sulle operazioni sospette, tali da spostare in avanti la decorrenza del dies a quo.
Il Giudice d’Appello ha rigettato l’impugnazione presentata dal MEF, sulla base dell’applicazione analogica di un principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con riferimento alle violazioni in materia di intermediazione finanziaria, vale a dire quello secondo cui: “la pura “contestazione” dei fatti nella loro materialità non coincide necessariamente con l'”accertamento”(dies a quo del termine entro cui deve far seguito la contestazione) poiché vi sono ambiti, come appunto quello della intermediazione finanziaria che richiedono valutazioni complesse non effettuabili nella immediatezza della percezione. Ciò tuttavia non esclude che a tali valutazioni si deve procedere in tempo “ragionevole” e che in sede di opposizione il giudice, ove l’interessato abbia fatto valere il ritardo come ragione di illegittimità del provvedimento sanzionatorio, sia abilitato a individuare il momento iniziale del termine per la contestazione non nel giorno in cui la valutazione è stata compiuta , ma in quello in cui avrebbe potuto- e quindi dovuto- esserlo”(Cass., SS.UU., 9.3.2007 n.5395) .
Occorre, cioè, in relazione alla particolarità dei casi, onde stabilire il dies a quo per la tempestiva contestazione, individuare quest’ultimo nel momento in cui la contestazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento.
Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che il verbale della GdF notificato all’autrice della violazione fosse stato redatto sulla base della documentazione bancaria e delle informazioni assunte dal soggetto che aveva effettuato le operazioni sospette, ragion per cui, una volta ottenuti tali dati, l’accertamento poteva ritenersi compiuto, essendo stati acquisiti tutti gli elementi inerenti all’illecito.
Ne è disceso, logicamente, l’integrale rigetto delle doglianze del Ministero appellante, stante la conferma della tardività della notifica della contestazione, già statuita dal Giudice di prime cure.
La pronuncia della Corte d’Appello di Roma, estende al tema delle violazioni di cui all’art. 3 della normativa antiriciclaggio un principio che può dirsi di portata generale in materia di sanzioni amministrative (se non altro perché sancito in applicazione delle disposizioni di cui alla legge 689 del 1981): non può il Ministero, una volta acquisiti tutti gli elementi idonei all’accertamento della violazione, rimandare sine die la contestazione di quest’ultima, arrecando ai diretti interessati l’ulteriore pregiudizio di veder sospeso il giudizio dell’organo amministrativo sulla propria condotta.
Correttamente, peraltro, il Collegio romano ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite n.5395/2007, resa in un caso in cui il Giudice di legittimità era stato chiamato a pronunciarsi nella sua massima composizione, al fine di dirimere un dubbio giurisprudenziale su questione affine al giudizio in esame.
In quella pronuncia si chiariva che non possono essere consentite elusioni del fondamentale principio sancito dalla norma che impone di contestare l’infrazione, quando non è possibile farlo immediatamente, entro un preciso termine di decadenza, decorrente dall’accertamento. Tale norma ha, infatti, la funzione di consentire la piena esplicazione delle possibilità di difesa, anche in sede giudiziale, da parte dell’interessato: possibilità che potrebbero risultare menomate dopo un lasso di tempo eccessivo.
Il fatto stesso che venga in rilievo la tutela di un diritto costituzionalmente inviolabile determina il necessario contemperamento tra l’esercizio legittimo della potestà sanzionatoria quale interesse pubblico e la garanzia del privato al rispetto dei tempi in cui tale contestazione può essere elevata.
Pertanto, “i ritardi che eventualmente derivino dalla distinzione tra gli organi di indagine e di valutazione, per disfunzioni burocratiche o per artificiosa protrazione nello svolgimento dei compiti rispettivamente loro affidati, non possono andare a scapito del diritto a ricevere una tempestiva contestazione della violazione”.
Tornando alla vicenda qui in esame, ben aveva fatto il giudice di prime cure, alla luce di tutto quanto detto e argomentato, a statuire d’imperio una diversa decorrenza del dies a quo per la contestazione della violazione, considerando, in aderenza al dictum delle SS.UU., che l’accertamento doveva ritenersi ragionevolmente perfezionato già alla data in cui tutti gli elementi inerenti all’illecito erano stati acquisiti, non potendo avere rilievo, in pregiudizio al diritto di difesa dell’interessato, le attività ispettive ulteriormente compiute, solo perché ritenute necessarie secondo una valutazione soggettiva dell’organo esecutivo.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
PRIMA SEZIONE CIVILE
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di secondo grado iscritta al n.1326 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2013, trattenuta in decisione all’udienza collegiale del 2.10.2013 ai sensi dell’art.281 sexies cpc e vertente
TRA
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
APPELLANTE
E
S.E. e BANCA SPA;
APPELLATE
OGGETTO: appello contro la sentenza n. 19294/12 depositata in data 16/10/2012 del Tribunale di Roma sezione II civile in tema di sanzioni amministrative.
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come in atti
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La sentenza impugnata ha accolto l’opposizione proposta da S.E. e BANCA s.p.a. avverso il decreto del MEF, dipartimento I direzione V n. 71983 del 20.7.09 con cui si irrogava sanzione amministrativa per violazione dell’art. 3 della legge 197/91 , compensando le spese.
Il Tribunale ha ritenuto fondato il motivo di opposizione concernente la tardività della contestazione dell’illecito per violazione dell’art. 14 L. 689/91, alla stregua del quale, nel caso di contestazione non immediata, la contestazione della violazione riscontrata deve essere notificata nel termine di giorni 90 dall’accertamento.
Detto accertamento è stato temporalmente collocato dal primo giudice quanto meno alla data del 27.4.2004 risultando, quindi, tardiva la notifica del processo verbale di contestazione da parte della G di F in data 2.9.04.
2. Il Ministero appellante censura con unico motivo di gravarne la sentenza appellata in ragione della errata individuazione del dies a quo del termine di gg. 90 in esame, che andava individuato, sulla base degli atti di causa (richiama in particolare la nota 43249 del 183.2010 della GdiF) nell’agosto 2004, posto che nel periodo aprile -agosto 2004 la G.di F dava atto (nella suddetta nota appunto) che erano stati svolti accertamenti per approfondire l’analisi della documentazione bancaria prodotta dai diversi istituti di credito e su cui si fondava la contestazione; non poteva, pertanto, reputarsi che alla data della comunicazione da parte dell’istituto di credito dei nominativi dei direttori di filiale succedutisi nel periodo di riferimento delle operazioni sospette (aprile 2004) si fosse esaurito l’accertamento della violazione.
L’appello è infondato.
Come hanno avuto modo di precisare le Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. Sez. Un. 9.3.2007 n. 5395 ) la pura “constatazione” dell’atti nella loro materialità non coincide necessariamente con l'”accertamento” (dies a quo del termine entro cui deve far seguito la contestazione) poiché vi sono ambiti, come appunto quello della intermediazione finanziaria che richiedono valutazioni complesse non effettuabili nella immediatezza della percezione. Ciò tuttavia non esclude che a tali valutazioni si deve procedere in tempo “ragionevole” e che in sede di opposizione il giudice, ove l’interessato abbia fatto valere il ritardo come ragione di illegittimità del provvedimento sanzionatorio, sia abilitato a individuare il momento iniziale del termine per la contestazione non nel giorno in cui la valutazione è stata compiuta, ma in quello in cui avrebbe potuto- e quindi dovuto – esserlo.
3. La massima testé richiamata, sebbene espressa in tema intermediazione finanziaria, consente di individuare i principi che debbono orientare il giudicante nella individuazione del dies a quo ai fini della verifica della tempestività della contestazione.
Come evidenziato la Corte di Cassazione ha escluso, nelle fattispecie al suo esame , che si debba ai presenti fini prendere in considerazione la data di conclusione delle indagini o di deposito della relazione d’indagine o ancora la data in cui la Commissione si sia riunita per prenderla in esame: anche per le violazioni di norme in materia di intermediazione finanziaria occorre invece individuare secondo la particolarità dei casi e indipendentemente dalle date di deposito della relazione ispettiva e di riunione della Commissione, il momento in cui ragionevolmente la constatazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento.
Orbene tenuti presenti tali principi, ritiene questa Corte che nella fattispecie in esame , alla stregua della puntuale analisi sulle risultanze documentali condotta dal giudice della opposizione (pag 7 e 8 sentenza), come visto chiamato ad una valutazione aderente alla particolarità del singolo caso, si debba ritenere sussistente l’ipotizzata tardiva contestazione.
Ed infatti, come correttamente rilevato dal Tribunale , dalla analisi delle premesse contenute nel processo verbale di constatazione redatto dalla GdiF e notificato alla S. il 2.9.04, risulta che le acquisizioni fattuali sulla base delle quali è stata ritenuta sussistente la violazione, sono state compiute in forza della documentazione bancaria nonché della assunzione di informazioni da parte del cittadino bengalese che aveva eseguito le operazioni ritenute sospette, eseguita il 27.4.04.
4. Ora è da ritenere, in quanto se ne da atto nelle conclusioni del medesimo verbale di constatazione , che l’accertamento dei presupposti della violazione dell’art. 3 L. 197/91 è avvenuto sin dal momento della compiuta analisi dei conti bancari, tant’è che sulla base di questa sono stati richiesti i nominativi dei direttori di filiale interessati dalla movimentazione verificata. Ed allora, una volta che la banca ha comunicato i nominativi, potevano dirsi definitivamente acquisiti tutti gli elementi inerenti l’illecito amministrativo in contestazione e tale data è addirittura precedente al 27.4.2004. Si tratta invero, nell’ipotesi in esame, di una attività di accertamento che, riscontrati i dati contabili immediatamente emergenti dagli estratti conto, non richiede complessa attività di valutazione al fine dell’accertamento della omessa segnalazione. Di qui la sostanziale irrilevanza della nota 18.3.2010 della G.di.F., il cui contenuto è stato puntualmente valutato dal primo giudice, il quale ne ha ricavato , con argomentazioni condivisibili, dati a favore della avvenuta conclusione dell’accertamento alla data del 27.4.2004, non specificandosi in essa quali ulteriori attività di indagine fossero state compiute ed essendo orientata la riferita ulteriore attività ispettiva nella prospettiva di individuare eventuali, ulteriori operazioni bancarie.
Ciò posto l’appello deve essere rigettato.
La peculiarità delle questioni trattate impone anche per questo grado la compensazione delle spese di lite.
PQM
La Corte d’Appello di Roma, definitivamente pronunziando sull’appello proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso la sentenza n.19294/12 depositata in data 16.10.2012 dal Tribunale di Roma:
– rigetta l’appello;
– compensa le spese.
Roma, 2,10.2013
IL PRESIDENTE
Dr.Maffei Corrado
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Numero Protocolo Interno : 672/2013