ISSN 2385-1376
Testo massima
Si parla di “rapporti di corrispondenza” quando le banche effettuano e ricevono, per conto dei loro clienti, pagamenti da tutto il mondo. Una banca, definita “banca corrispondente”, detiene i depositi di proprietà di altre banche, definite “banche intervistate”, a cui fornisce servizi di pagamento, con scambio di messaggi di avventa transazione mediante accredito ed addebito sui rispettivi conti. Ad oggi, il loro numero continua ad essere elevato, ma vi sono segnali di diminuzione.
Per rendere efficiente questo sistema, il CPMI (COMMITTEE ON PAYMENTS AND MARKET INFRASTRUCTURES), ha proposto in data 06.10.2015 quattro raccomandazioni, che dovranno servire a dar vita alle misure tecniche più opportune. L’obiettivo è quello di evitare la frammentazione dei pagamenti transfrontalieri, la riduzione dei soggetti coinvolti che operano sul mercato (infatti, se diminuisce il numero delle banche coinvolte, si riduce automaticamente il numero dei potenziali clienti che intendono svolgere questo tipo di operazioni ed il numero delle valute estere usate, con riflessioni anche sulle rispettive economie nazionali e conseguenti squilibri geografici-produttivi-economici), e l’aumento dei costi di conformità alle procedure da adottare e della rischiosità connessa.
L’adeguamento alle normative antiriciclaggio dei singoli stati comporta, poi, un innalzamento rilevante dei costi per gli Istituti di credito: taluni, per l’appunto, debbono uscire dal mercato perché non risulta più così redditizio svolgere questo tipo di transazioni (ciò vale soprattutto per le banche piccole e per quelle situate in giurisdizioni ritenute rischiose). In più, aumenta l’incertezza: le banche reputano necessario conoscere i clienti delle altre banche per cui operano (KYCC). Dare dettaglio e specificità a tale conoscenza è sia laborioso in termini di risorse e tempo, sia concretamente difficile da realizzare. In questo quadro, le principali Istituzioni coinvolte sono: la Banca Mondiale che supervisiona e conduce indagini in merito; il FSB (FINANCIAL STABILITY BOARD) che collabora con la prima e studia soluzioni alle problematiche del sistema; il GAFI (GRUPPO DI AZIONE FINANZIARIA INTERNAZIONALE), il quale ribadisce che l’approccio basato sul rischio richiede di attuare le misure AML/CFT (ANTIRICICLAGGIO DI DENARO E LOTTA AL FINANZIAMENTO DI TERRORISMO) in maniera proporzionata al rispettivo contesto e di procedere all’adeguata verifica, così detta due diligence, sia su clienti che sulle banche corrispondenti, in modo esaustivo e completo, tenendo conto anche degli aspetti reputazionali e della qualità degli affari che si pongono in essere); il CBVB (COMITATO DI BASILEA PER LA VIGILANZA BANCARIA).
Queste quattro raccomandazioni non devono, però, essere considerate come l’unica soluzione ai problemi di un quadro operativo così complesso, ma debbono affiancarsi alle altre misure tecniche già utilizzate. Esse riguardano: 1. l’uso di programmi con utilità KYC (KNOW YOUR COSTUMER): è necessario acquisire un set minimo di up-to-informazioni aggiornate e precise; 2. l’uso del LEI (LEGAL ENTITY IDENTIFIER) per coordinare e mappare le informazioni; 3. le iniziative di condivisione delle informazioni, tenendo conto della privacy dei dati; 4. i messaggi di pagamento tra banche.
La prima raccomandazione riguarda l’adeguata verifica svolta dalle banche nel processo dei rapporti di corrispondenza. Ci deve essere uno scambio di informazioni e documenti fra banca corrispondente e banca intervistata sull’identificazione della clientela e sull’operatività che si vuole porre in essere. I problemi in tale contesto sono: 1. gli stessi dati devono essere inviati a tutti le banche corrispondenti; 2. le banche corrispondenti devono soddisfare diversi requisiti di informazione, i quali potrebbero essere diversi da quelli forniti; 3. le informazioni devono essere continuamente aggiornate; 4. il rispetto della normativa privacy che varia da stato a stato. Visto che il processo di due diligence è complesso e costoso, sono stati sviluppati programmi di utilità KYC, con lo scopo di memorizzare su un unico ambiente standardizzato ed univoco tutte le informazioni stabilite come necessarie: ciò consente alle banche intervistate di mantenere il pieno controllo dei dati forniti, garantendone l’aggiornamento e la correttezza e stabilendo chi può accedervi, ed alle banche corrispondenti di mitigare i rischi circa la richiesta e trasmissione di tali dati, con un notevole risparmio in termini di tempi, costi e numero di controlli.
La seconda raccomandazione fa riferimento alla necessità di identificare le parti della transazione transfrontaliera. Il LEI è un codice di venti cifre alfanumeriche che identifica la persona giuridica coinvolta nell’operazione: ogni persona giuridica ha un solo LEI. Tale codice non si applica, però, alle persone fisiche. Il suo uso dà notevoli vantaggi: migliora l’efficacia delle misure di utilità KYC ed i meccanismi di condivisione; aiuta l’identificazione di specifiche entità giuridiche senza ambiguità; facilita il consolidamento delle informazioni ottenute; può essere una valida opzione alle misure previste dal GAFI (si pensi alla raccomandazione n. 16). Tuttavia, l’uso del LEI non sostituisce l’adeguata verifica che le banche debbono svolgere; non può essere esteso alle persone fisiche (ordinante e beneficiario); non è, ad oggi, come campo incluso nei messaggi di pagamento.
La terza raccomandazione tratta della condivisione delle informazioni tra banche: il problema è che non c’è omogeneità normativa in materia di riservatezza tra gli stati. Il fatto che i dati vengano contenuti in un unico contesto, a cui le istituzioni bancarie poi attingono, comporta una maggiore rischiosità nella gestione del medesimo data base (si pensi ai casi di omonimia, ai casi di perdita o lavorazione errata del dato, alla possibilità di minacce di hacking,
). È necessario, inoltre, che le banche inseriscano termini e condizioni all’interno del contratto stipulato con i propri clienti od in accordo a latere, al fine di poter essere autorizzate all’invio di determinate informazioni ad altre banche per svolgere operazioni di corrispondenza.
La quarta raccomandazione concerne i messaggi di pagamento, i quali nella maggior parte dei casi sono in formato swift. Ci sono due modalità fondamentali di incanalare le transazioni di corrispondenza: il metodo in serie ed il metodo di copertura. Il primo comporta l’invio di un messaggio MT 103 od equivalente da parte della banca di origine alla banca ricevente e porta con sé i dati del cliente ordinante e del cliente beneficiario (con la possibilità, però, che essi possano essere incompleti); il secondo, invece, comporta l’invio di un messaggio MT 202 da parte della banca di origine alla banca ricevente attraverso banche terze intermediarie, omettendo i dati del cliente ordinante e del cliente beneficiario. Per questo, è nato il messaggio MT 202 COV che mantiene il principio del metodo di copertura con specifica delle informazioni sull’ordinante e sul beneficiario. Il metodo in serie comporta costi di commissione e tempistiche più lunghe; il metodo di copertura comporta l’assenza di costi di commissione e tempistiche più brevi. Nonostante ciò, in certe giurisdizioni è possibile operare solo con il primo metodo.
Nel 2002, il Gruppo Wolfsberg ha pubblicato i “Principi antiriciclaggio” in tema di rapporti di corrispondenza, al fine sia di dar vita ad una guida globale sulla creazione e gestione di relazioni fra banche che operano transazioni transfrontaliere, sia di tutelare tale tipologia di operatività perché, pur essendo portatrice di rischiosità, agevola il trasferimento di denaro da una persona ad un’altra, da un paese ad un altro, nonché la conversione da una valuta ad un’altra.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 8/2016