Provvedimento segnalato da Donato Giovenzana – Legale d’impresa
Nel caso di specie il reato di riciclaggio contestato al fine di disporre il sequestro è frutto di una mera ipotesi astratta, basata esclusivamente sulla quantità del contante e non confortata da alcun elemento concreto. In assenza di qualsiasi elemento idoneo ad ipotizzare l’esistenza di un delitto presupposto dal quale abbia avuto origine la somma contante tratta in sequestro, infatti, non appare allo stato possibile ritenere che la provenienza della somma sia illecita.
Questo è quanto espresso dalla sentenza n. 39006 della Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale, del 13 luglio 2018, pubblicata in data 27 agosto 2018.
Il caso di specie verte Tizio, il quale in procinto di imbarcarsi sul volo per Lagos, viene trovato in possesso di 162.940 euro, contenuti in numerosi pacchetti, sopra i quali erano stati scritti a penna dei nomi e dei numeri telefonici. Il contante viene, dunque, sottoposto a sequestro dalla Polizia giudiziaria ed il provvedimento viene convalidato dal PM-Pubblico ministero. Il Difensore di Tizio presenta un’istanza di restituzione, rilevando l’insussistenza di elementi tali da cui poter dedurre la provenienza illecita della somma sottoposta a sequestro. Il PM rigetta detta l’istanza con decreto. Avverso tale decreto, la difesa presenta opposizione al GIP-Giudice per le indagini preliminari, il quale, con ordinanza, la respinge. Contro l’ordinanza del GIP, Tizio propone ricorso deducendo:
- la violazione di legge in relazione agli articoli 253 del Codice di Procedura Penale e 648-bis del Codice Penale (1);
- il vizio di motivazione per manifesta illogicità: sostanzialmente, la difesa rileva l’insussistenza di elementi dai quali poter inferire, anche in astratto, la provenienza illecita della somma di denaro sottoposta a sequestro.
La requisitoria scritta del Procuratore Generale, dott. Pasquale Fimiani, nel concludere per il rigetto del ricorso, rileva che “per l’imputazione di riciclaggio è sufficiente la prova logica della provenienza delittuosa dell’utilità oggetto delle operazioni compiute”.
Per i Giudici della Corte di Cassazione il ricorso è fondato: sostengono, anzi, che “il decreto di sequestro probatorio di cose costituenti corpo di reato deve essere sorretto da idonea motivazione circa la sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato e, quindi, in relazione al delitto di riciclaggio, quanto alla possibilità di ipotizzare l’esistenza di un reato presupposto”. Come già evidenziato dagli Ermellini in passato (sent. 29074/2018; sent. 26301/2016, sent. 33229/2014), “nello specifico caso di sequestro di somme di denaro genericamente collegato ad un fatto di reato, benché non sia necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, deve essere evidenziata la possibilità effettiva, cioè non fondata su elementi astratti ed avulsi dalle caratteristiche del caso concreto, della configurabilità di un rapporto di queste con il reato stesso”. In sostanza, la motivazione alla base del sequestro, avuto riguardo delle libertà fondamentali e dei diritti dell’individuo costituzionalmente garantiti (quale il diritto di proprietà) – deve essere opportunamente suffragata. Difatti, il mero possesso di un’ingente somma di denaro non può giustificare, in assenza di qualsiasi riscontro investigativo circa l’esistenza o meno di un delitto presupposto (od anche solo l’esistenza di relazioni con ambienti criminali ovvero la precedente commissione di fatti di reato oppure l’avvenuto compimento di operazioni di investimento comunque di natura illecita), l’elevazione di un’imputazione di riciclaggio.
In conclusione, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e la convalida di sequestro, disponendo la trasmissione degli atti all’Ufficio delle Dogane per le determinazioni di competenza, considerato che il possesso ed il trasporto di somme di denaro contante di importo superiore a 10.000 euro deve essere dichiarato da chiunque entri o esca nel territorio nazionale e che tale omissione comporta la violazione della normativa valutaria di cui al D.Lgs.195/2008. Di conseguenza, la restituzione a Tizio – venuto meno il sequestro penale – potrà essere disposta solo qualora il suddetto Ufficio ritenga di non adottare alcun provvedimento sulla somma.
- 648-bis del Codice Penale – Riciclaggio: “Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo; ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648”.
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