La lotta al terrorismo rappresenta uno dei più importanti obiettivi delle organizzazioni sovranazionali, costituite per garantire la pace e la giustizia tra le nazioni. Tra queste occorre dar rilievo al forte impegno che sta mettendo in campo l’Unione europea ed, ancor prima, le Comunità europee.
Il 15 marzo 2017, il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato la Direttiva UE 2017/541 sulla lotta contro il terrorismo: “gli atti terroristici costituiscono una delle più gravi violazioni dei valori universali di dignità umana, libertà, uguaglianza e solidarietà, e godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali su cui si fonda l’Unione. Essi rappresentano inoltre uno dei più seri attentati alla democrazia e allo Stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri e sui quali si fonda l’Unione”, così si legge nel considerando n. 2.
Essa sostituisce la Decisione quadro 2002/475/GAI e modifica la Decisione 2005/671/GAI: lo scopo perseguito è quello di armonizzare ulteriormente le discipline nazionali, partendo da una qualificazione puntuale e rigorosa dei singoli reati, e di chiedere ai legislatori nazionali di rendere punibili con sanzioni penali reali i medesimi e di dotare le autorità competenti di strumenti efficaci ed idonei alla prevenzione ed alla repressione degli stessi, consentendo la confisca od il congelamento dei proventi e/o dei beni ad essi riconducibili. In questo contesto, occorre ricordare che il legislatore europeo dà rilievo alla preminente necessità di bloccare o rimuovere i contenuti on line che costituiscano pubblica provocazione alla commissione dei reati di stampo terroristico. Ciò significa che occorre attenzionare tutti quei mezzi che possano perseguire il così detto proselitismo terroristico. Come recita il considerando n. 32, “gli Stati membri dovrebbero proseguire i loro sforzi per prevenire e contrastare la radicalizzazione che porta al terrorismo attraverso il coordinamento, lo scambio di informazioni e di esperienze sulle politiche nazionali di prevenzione e l’attuazione o, se del caso, l’aggiornamento delle politiche nazionali di prevenzione, tenendo conto delle esigenze, degli obiettivi e delle capacità rispettivi, e basandosi sulle proprie esperienze. La Commissione dovrebbe, se del caso, fornire sostegno alle autorità nazionali, regionali e locali nello sviluppo delle politiche di prevenzione”.
La Direttiva 541 dovrà essere recepita entro l’8 settembre 2018 dagli stati membri, come prescrive l’art. 28.
Essa prevede: i) i reati di terrorismo; ii) i reati riconducibili ad un gruppo terroristico; iii) i reati connessi ad attività terroristiche (declinati in: 1. pubblica provocazione per commettere reati di terrorismo, 2. reclutamento a fini terroristici, 3. fornitura di addestramento a fini terroristici, 4. viaggi a fini terroristici, 5. organizzazione od agevolazione di viaggi a fini terroristici, 6. finanziamento del terrorismo, 7. altri reati connessi ad attività terroristiche); iv) il concorso, l’istigazione ed il tentativo di uno dei reati suesposti. Volendo fare una veloce comparazione con il nostro ordinamento, il codice penale italiano – come da ultime modifiche introdotte dalla Legge 153/2016, in vigore dal 24 agosto 2016 – attualmente disciplina: a) art. 270-bis: Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico; b) art. 270-ter: Assistenza agli associati; c) art. 270-quater: Arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale; d) art. 270-quater.1: Organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo; e) art. 270-quinquies: Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale; f) art. 270-quinquies.1: Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo; g) art. 270-quinquies.2: Sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro; h) art. 270-sexies: Condotte con finalità di terrorismo; i) art. 270-septies: Confisca.
Le pene, oggi previste, vanno sino ad un massimo di 15 anni di reclusione (mentre, si noti, il reato di omicidio, disciplinato all’art. 575 del codice penale italiano, prevede una reclusione non inferiore ad anni 21). In merito, la Direttiva 541 impone che i reati siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive[1]. L’impegno richiesto ai singoli stati è sicuramente alto e non si limita ad un mero recepimento, nelle rispettive leggi penalistiche, delle nuove fattispecie incriminate: l’approccio atteso va ben oltre. Esso deve essere a lungo termine, proattivo e globale e deve poter “combinare le misure proprie della giustizia penale con le politiche attivate nei settori dell’istruzione, dell’inclusione sociale e dell’integrazione, nonché con l’offerta di programmi efficaci di deradicalizzazione o disimpegno e di uscita o riabilitazione, anche nel contesto della detenzione e della libertà vigilata”.
La finalità perseguita dalla Direttiva 541 va a braccetto con quella propria della lotta al riciclaggio: lo schema di modifiche al Decreto Legislativo 231/2007, che recepisce la Direttiva UE 2015/849 e che non è ancora in vigore, definisce all’art. 2, co. 6, il finanziamento del terrorismo quale “qualsiasi attività diretta, con ogni mezzo, alla fornitura, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione, in qualunque modo realizzate, di fondi e risorse economiche, direttamente ed indirettamente, in tutto od in parte, utilizzati per il compimento di una o più condotte, con finalità di terrorismo secondo quanto previsto dalle leggi penali ciò indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione delle condotte anzidette”[2].
L’azione di repressione di questi due crimini, terrorismo e riciclaggio, è svolta in pieno coordinamento: invero, le autorità (MEF, AdV, UIF, DIA e GdF), le amministrazioni, gli organismi interessati e l’autorità giudiziaria collaborano tra loro per agevolare l’individuazione di ogni circostanza, in cui emergono fatti e situazioni la cui conoscenza possa essere utilizzata per prevenire tali fenomeni, a beneficio dell’intero sistema finanziario ed economico. La presenza di un elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo, desunto da determinati fattori di rischio soggettivi, oggettivi e geografici, comporta l’applicazione – in capo ai soggetti obbligati – di misure rafforzate di adeguata verifica della clientela: ciò implica l’acquisizione di informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo, approfondendo, sia ab origine, sia nel durante, le valutazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale. Sul punto, utile è ricordare quanto il fenomeno del terrorismo sia connesso ai territori a rischio. Il predetto schema definisce i paesi terzi ad alto rischio quali “i paesi non appartenenti all’Unione europea, i cui ordinamenti presentano carenze strategiche nei rispettivi regimi nazionali di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, per come individuati dalla Commissione nell’esercizio dei poteri di cui agli articoli 9 e 64 della Direttiva”: sono, dunque, paesi extracomunitari con carenze strategiche in ambito di lotta al riciclaggio e di lotta al terrorismo (AML/CTF). In base all’art. 24, co. 5, del citato schema, occorre porre in essere misure rafforzate di adeguata verifica, qualora, il cliente sia residente in un paese terzo ad alto rischio tra quelli individuati dalla Commissione europea con il Regolamento UE 2016/1675[3].
In questo panorama così complesso ed articolato, l’obiettivo che accomuna le normative nazionali e non, che si sono susseguite nel tempo, è quello di tutelare il bene della vita e quello della libertà.
La nostra Carta costituzionale, partorita dopo l’abominio nazi-fascista, con i suoi quasi 70 anni, riflette nel suo art. 11 questo: “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
[1] Nel dettaglio: Articolo 15 della Direttiva 541 – Sanzioni applicabili alle persone fisiche: “1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di cui agli articoli da 3 a 12 e all’articolo 14 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che possono comportare la consegna o l’estradizione. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di terrorismo di cui all’articolo 3, e quelli elencati all’articolo 14, in quanto riconducibili a reati di terrorismo, siano punibili con pene detentive più severe di quelle previste per tali reati dal diritto nazionale in assenza della finalità specifica richiesta a norma dell’articolo 3, salvo qualora le pene previste siano già le pene massime contemplate dal diritto nazionale. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati elencati all’articolo 4 siano punibili con la reclusione di durata massima non inferiore a 15 anni per i reati di cui all’articolo 4, lettera a), e non inferiore a otto anni per i reati di cui all’articolo 4, lettera b). Qualora il reato di terrorismo di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera j), sia commesso da una persona alla direzione di un gruppo terroristico, come indicato all’articolo 4, lettera a), la pena massima non è inferiore a otto anni. 4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché, ove un reato di cui all’articolo 6 o 7 sia diretto verso un minore, si possa tenere conto di tale circostanza, conformemente al diritto nazionale, all’atto della pronuncia della pena”. Articolo 18 della Direttiva 541 – Sanzioni applicabili alle persone giuridiche: “Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 17 sia punibile con sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie penali o non penali e che possono comprendere anche altre sanzioni quali: a) l’esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici; b) l’interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale; c) l’assoggettamento a vigilanza giudiziaria; d) un provvedimento giudiziario di liquidazione; e) la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato”.
[2] Tale definizione è pressoché speculare a quella prevista dal Provvedimento recante gli indicatori di anomalia per gli intermediari di Banca d’Italia – in conformità con l’art. 1, co. 1, lett. a), del Decreto Legislativo 109/2007, emanato in attuazione della Direttiva 2005/60/CE – : “qualsiasi attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia od all’erogazione di fondi o di risorse economiche, in qualunque modo realizzati, destinati a essere, in tutto o in parte, utilizzati al fine di compiere uno o più delitti con finalità di terrorismo od in ogni caso diretti a favorire il compimento di uno o più delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice penale, e ciò indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione dei delitti anzidetti”. Gli indicatori di anomalia, di cui tener conto, sono quelli al n. 20 “operazioni che, per il profilo soggettivo di chi le richiede ovvero per le modalità inusuali della movimentazione, appaiono riconducibili a fenomeni di finanziamento del terrorismo” ed al n. 21 “operazioni che, per le modalità inusuali della movimentazione o l’incoerenza con il profilo economico di chi le richiede, appaiono riconducibili all’abuso di organizzazioni non profit a scopo di finanziamento del terrorismo”.
[3] Il Regolamento 1675 individua tre classi di Paesi a più alto rischio: 1. Afghanistan, Bosnia-Erzegovina, Guyana, Iraq, Repubblica democratica popolare del Laos, Syria, Uganda, Vanuatu e Yemen: giurisdizioni di paesi terzi con carenze strategiche nei loro regimi di AML/CTF che pongono minacce significative al sistema finanziario dell’Unione. Tali paesi hanno preso per iscritto un impegno politico ad alto livello a rimediare alle carenze individuate e hanno elaborato un piano d’azione con il GAFI, il che dovrebbe garantire il rispetto degli obblighi previsti dalla Direttiva 849; 2. Iran: giurisdizione di un paese terzo con carenze strategiche nel suo regime di AML/CTF che pongono minacce significative al sistema finanziario dell’Unione. Questo paese, individuato nella dichiarazione pubblica del GAFI, ha preso un impegno politico ad alto livello a rimediare alle carenze individuate e ha deciso di chiedere assistenza tecnica per l’attuazione del piano d’azione del GAFI, il che dovrebbe garantire il rispetto degli obblighi previsti dalla Direttiva 849; 3. Repubblica popolare democratica di Corea: giurisdizione di un paese terzo con carenze strategiche nel suo regime di AML/CTF che pongono minacce significative al sistema finanziario dell’Unione. Questo paese, individuato nella dichiarazione pubblica del GAFI, presenta rischi continui e sostanziali di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo, avendo ripetutamente omesso di rimediare alle carenze individuate. Tale elenco differisce, però, da quanto riportato nelle liste FAFT, per cui si rimanda al link http://www.fatf-gafi.org/publications/high-riskandnon-cooperativejurisdictions/documents/public-statement-february-2017.html
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