ISSN 2385-1376
Testo massima
Ai fini della specificità dei motivi richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno dell’appello, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice.
La specificità dei motivi di appello deve essere commisurata alla specificità della motivazione e non è ravvisabile laddove l’appellante, nel censurare le statuizioni contenute nella sentenza di primo grado, ometta di indicare, per ciascuna delle ragioni esposte nella sentenza impugnata sul punto oggetto della controversia, le contrarie ragioni di fatto e di diritto che ritenga idonee a giustificare la doglianza.
L’inosservanza dell’onere di specificazione dei motivi, imposto dall’articolo 342 c.p.c., integra una nullità che determina l’inammissibilità dell’impugnazione, con conseguente effetto del passaggio in giudicato della sentenza impugnata, senza possibilità di sanatoria dell’atto a seguito di costituzione dell’appellato – in qualunque momento essa avvenga – e senza che tale effetto possa essere rimosso dalla specificazione dei motivi avvenuta in corso di causa.
L’inammissibilità del gravame per difetto di specificità della motivazione è rilevabile anche d’ufficio.
Questi i principi enunciati dalla Corte d’Appello di Catanzaro, sez. terza, Pres. Claudia De Martin, Rel. Maria Rosaria Di Girolamo, con la sentenza n. 12 del 07.01.2016.
Nella fattispecie in questione, l’appellante proponeva gravame avverso la sentenza con cui il Tribunale di Cosenza aveva rigettato la domanda attorea volta ad ottenere la condanna della Banca alla restituzione delle somme indebitamente percepite per effetto dell’applicazione di interessi passivi calcolati con capitalizzazione trimestrale in violazione dell’art. 1283 c.c., nonché del conseguente superamento dei tassi soglia.
La Banca appellata resisteva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea in quanto infondata sia in fatto che in diritto.
La Corte d’Appello di Catanzaro, esaminando l’unico motivo di gravame proposto dall’appellante, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c. a causa della genericità dello stesso.
Al riguardo, secondo il principio stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, “la specificità dei motivi richiesta dall’art. 342 c.p.c. può sostanziarsi anche nella prospettazione delle stesse ragioni addotte nel giudizio di primo grado, a patto che la censura mossa risulti specifica ed adeguata, idonea, cioè, a consentire al giudice di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice” (Cass. SS.UU. n. 28057 del 25.11.2008).
In ogni caso, sempre rifacendosi a quanto già stabilito dalla Suprema Corte, il Collegio ha chiarito che l’atto di appello deve contenere tutte le argomentazioni volte a confutare le ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione, non essendo al riguardo ammissibile che l’esposizione delle argomentazioni venga rinviata a successivi momenti o atti del giudizio, ovvero addirittura al deposito della comparsa conclusionale.
Inoltre, la specificità dei motivi di appello deve essere commisurata alla specificità della motivazione e non è ravvisabile laddove l’appellante, nel censurare le statuizioni contenute nella sentenza di primo grado, ometta di indicare, per ciascuna delle ragioni esposte nella sentenza impugnata sul punto oggetto della controversia, le contrarie ragioni di fatto e di diritto che ritenga idonee a giustificare la doglianza.
Per ciò che concerne le conseguenze della violazione dell’art. 342 c.p.c., è stato precisato che solo l’atto conforme alle prescrizioni del citato articolo è idoneo a impedire la decadenza dall’impugnazione e quindi il passaggio in giudicato della sentenza; mentre l’inosservanza dell’onere di specificazione dei motivi, imposto dall’articolo 342 cit., integra una nullità che determina l’inammissibilità dell’impugnazione, con conseguente effetto del passaggio in giudicato della sentenza impugnata, senza possibilità di sanatoria dell’atto a seguito di costituzione dell’appellato – in qualunque momento essa avvenga – e senza che tale effetto possa essere rimosso dalla specificazione dei motivi avvenuta in corso di causa.
Alla luce delle considerazioni esposte, il Giudice di seconde cure, rilevato che l’atto di appello proposto dal correntista non integrava il requisito della specificità richiesto dall’art. 342 c.p.c., poiché non conteneva alcuna critica contrapposta alle argomentazioni della sentenza impugnata ma consisteva in una mera reiterazione delle richieste già avanzate in primo grado, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
FILTRO IN APPELLO VAGLIO DI AMMISSIBILITA’ “DI MERITO” REQUISITI GENERICO RICHIAMO ALLE DIFESE DI PRIMO GRADO RIGETTO
NON EQUIVALE AD APPROFITTAMENTO IL FATTO CHE LA BANCA PRETENDA DELLE GARANZIE PER L’EROGAZIONE DEL CREDITO
Ordinanza Corte d’Appello di Napoli, Pres. Rosa Giordano, Rel. Giulio Cataldi 06-02-2014 n.598
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 211/2016